Aurora Leone a Parole Ostili: «Il linguaggio comico può farci riflettere su temi difficili»
Leone sarà sabato a Trieste al festival della Comunicazione non ostile: «La risata è condivisione. E qualsiasi trauma può diventare divertente»
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«Ho occupato tutto lo spazio nell’armadio del mio fidanzato, proprio come...». Aurora Leone si ferma un attimo, sorride, poi riprende: «È così che ho scelto di parlare del conflitto israelo-palestinese nel mio ultimo spettacolo: sono convinta che, con i toni giusti e lasciando allo spettatore la possibilità di interpretare, anche in uno show comico si possa parlare di temi difficili».
È questo il marchio di fabbrica della giovane attrice e comica casertana: la capacità, sempre con il sorriso sulle labbra, di stimolare la riflessione anche su temi complessi e divisivi. Classe 1999, Leone si è affermata come una delle voci più originali della nuova generazione di comici italiani. Dal suo debutto a Italia’s Got Talent nel 2019 alla collaborazione con i The Jackal, ha costruito un percorso artistico basato su un’ironia intelligente e mai gratuita. Sabato mattina sarà a Trieste, ospite del festival di Parole O_Stili, dove dialogherà con l’avvocata e attivista Cathy La Torre.
La comicità può essere un mezzo potente per affrontare temi politici e sociali. C’è un argomento su cui preferisce non scherzare?
«È giusto pensare di poter scherzare su tutto, ma deve guidarci la soglia del buon gusto: per accennare per esempio al tema della guerra tra Israele e Palestina ho scelto di partire da una metafora che riguarda la mia vita».
Il linguaggio comico può aiutare a trasmettere messaggi importanti senza perdere efficacia?
«È uno dei mezzi migliori per comunicare, perché con la comicità puoi trasformare qualsiasi trauma in qualcosa di cui si può ridere insieme. Con i The Jackal partiamo spesso da eventi drammatici che convertiamo in qualcosa di divertente. Quando mi sono lasciata con il fidanzato, per esempio, ho detto “scriviamo un bel testo su questo” . È una sublimazione del pensiero, una risata che diventa condivisione.
Come cambia l’ironia da una generazione all’altra?
«La velocità di cui siamo vittime sta portando a un tipo di comicità sempre più immediata. Il classico esempio è il meme, che è un nuovo tipo di ironia, con un suo linguaggio. Piuttosto che ricevere barzellette su WhatsApp stiamo cercando di istruire al meme anche i nostri genitori».
Come gestisce l’odio online e quali strategie consiglierebbe ai giovani?
«Pago uno specialista... Ho iniziato presto a dovermi rapportare con queste cose, la mia prima apparizione televisiva è stata a 19 anni e ho ricevuto critiche anche aspre. A mio parere il modo migliore per non dare peso ai commenti negativi è credere in ciò che si fa. Ed esternare il dispiacere, senza nasconderlo».
Piattaforme come TikTok hanno cambiato il modo di fare comicità. Come s’immagina sarà in futuro?
«Al momento su TikTok hai successo se rifai qualcosa che è andato bene, se segui un trend: così ci sono maggiori possibilità che il video venga visto, ma non che sia ricordato. In futuro credo sarà importante partire da contenuti originali, anche se sarà sempre più raro vedere qualcosa che faccia davvero la differenza».
Mostrare una versione autentica di sé sui social è difficile. Come riesce a mantenere un equilibrio tra il personaggio pubblico e la sua vera personalità?
«Non sento l’esigenza di mostrare una vita che non ho, mi piace presentarmi per come sono. E mi pare che pure nei social si stia finalmente iniziando a parlare in modo diretto anche di problemi personali concreti».
Il confine tra ironia e offesa può essere sottile. Come bilancia l’umorismo per non rischiare di urtare l’altrui sensibilità?
«È un problema quotidiano per noi che lavoriamo con la comicità. Parto prendendo in giro me stessa, coinvolgendo la mia persona nel racconto che intendo fare. E mi piace lasciare allo spettatore la possibilità di interpretare, senza mai offendere direttamente».—
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