Bobby Solo non si ferma: ottant’anni e non sentirli

Il cantante vive ad Aviano: «Sono stato fortunato, un successo costante». Gli esordi, i dischi, i concerti. Appuntamento giovedì 20 marzo al Capitol di Pordenone

Gabriele Giuga
Bobby Solo compie 80 anni
Bobby Solo compie 80 anni

Non sono molti gli artisti che alla soglia degli 80 anni possono vantare un successo costante da oltre sessant’anni. Roberto Satti, o meglio Bobby Solo per il mondo che non guarda all’anagrafe, il giro di boa lo compie martedì 18 marzo. Era il 1964 quando, pur non vincendo, portò a Sanremo la sua “Una lacrima sul viso”.

Da allora il nome di Bobby Sono non è mai scomparso dal mondo dello spettacolo e, va detto, nemmeno dal cuore di un pubblico che nel suo caso è incredibilmente vario e va oltre i confini di generazioni e di appartenenze culturali.

Non le chiedo un bilancio, ma qualche ricordo magari significativo ce o racconta?

«Di cose ne ricordo tantissime, ormai ho superato i sessant’anni di carriera, e quello che posso dirle è che a differenza di alcuni miei colleghi, la cui fama ha visto alti e bassi, nel mio caso davvero il successo è stato costante, fortunatamente non ho mai vissuto alti e bassi e la mia musica non è mai stata vincolata a mode del momento. Ma quello che mi fa più piacere è vedere che il mio pubblico è di tutte le età, dai 25enni a persone della mia età e oltre. Anzi, guardi le faccio un esempio, quest’estate ero in concerto a Frosinone, c’erano 38 gradi, durante il sound check si era radunato un gruppo di ragazzini, neanche adolescenti, che dopo un po’ si sono messi a ballare. Abbiamo anche cantato in due case di riposo, e anche lì nonostante fossero ultraottantenni hanno iniziato a ballare, è stato bellissimo!».

Lei come se lo spiega questo successo?

«Guardi, non saprei. Certo è che il rock‘nroll, il blues sono generi che ormai sono diventati dei classici, e poi mi piace anche pensare che io abbia dato un mio contributo, nella scia di Elvis Presley e Ike Turner».

C’è molta America nella sua musica e nella sua biografia.

«Assolutamente! E pensi che tutto è nato da un innamoramento».

Ci racconti...

«Avevo 14 anni, abitavo a Roma perché mio padre era un pezzo grosso dell’Alitalia. Insomma, mi innamorai di una ragazzina americana, Betsy McGurn, suo padre era un corrispondente del New York Herald Tribune».

Caspita, se ne ricorda proprio bene...

«Ero perso e lei mi parlava sempre di Elvis Presley.

Facendo un po’ di conti sarà stato il ’59, Elvis era in Germania per il servizio militare, già famosissimo.

«Esattamente, ma all’epoca non c’era internet, io conoscevo i nostri cantanti, ma di Elvis non sapevo nulla. Allora per fare colpo su di lei telefonai a mia sorellastra che viveva negli Stati Uniti, con una borsa di gettoni telefonici s’immagini, che mi spedì un pacco di dischi di Elvis. Quella fu davvero una folgorazione, la sua music, quel ciuffo, feci di tutto per assomigliargli. Mia madre mi comprò una chitarra, imparai qualche accordo e mi feci crescere i capelli per farmi il ciuffo alla Elvis».

Betsy sarà stata felice, ma poi diede la scalata al successo.

«Gli inizi non furono semplicissimi, e poi pensi che io sono nato con una malformazione al nervo uditivo destro, da un lato non sento nulla. Ma chissà forse è stata proprio questo limite a darmi la determinazione per recuperare. La musica, i suoni, il ritmo mi hanno sempre affascinato e spinto a impegnarmi molto».

Una lacrima sul viso” è davvero di un equilibrio assoluto, se n’è scritto molto, ci dice qualcosa di un altro suo successo, Non c’è più niente da fare?

«L’ispirazione mi è venuta nel ’67 mentre ero in un albergo a Nizza. Sono andato a proporla alla Ricordi e proprio in quel momento loro volevano riconciliare Mogol e sua moglie Serenella. Così decisero di metterlo come lato B del 45 giri in cui al lato A c’era “Serenella”. Il brano A fu un flop, ma poco dopo la Rai chiese alla Ricordi una sigla per “TuttoTotò” e scelsero “Non c’è più niente da fare”, che ebbe un successo enorme».

Torniamo all’America, lei adesso vive ad Aviano.

«Ho casa a Roma e a Badia Polesine, ma alla mia età mi piace la calma e preferisco stare ad Aviano con mia moglie che lavora in Base».

E com’è l’atmosfera, adesso?

«Non saprei, non parliamo di cosa succede in base, certo immagino che una base militare abbia costi enormi, se si vuole risparmiare non è una brutta cosa».

Lei il 20 marzo sarà in concerto al Capitol di Pordenone, ha altri legami con il Nordest.

«Mia madre è di Pola e mia nonna del Montenegro, ho proprio un sangue misto, come Johnny Cash e Willie Nelson che erano mezzi indiani, pellerossa intendo. Ecco, la musica nasce da qui, dalla mescolanza di sangue e di generi musicali».

Riproduzione riservata © il Nord Est