Cazzullo porta a teatro il romanzo eterno della Bibbia
Il giornalista con Moni Ovadia: «In chiesa si va poco, ci si interroga poco sull’aldilà, però poi arriva il covid e ci scopriamo mortali, fragili, abbiamo paura»
Aldo Cazzullo torna in teatro per presentare un excursus in altro caposaldo della cultura occidentale. Dopo il successo editoriale di “Il dio dei nostri padri”, libro più venduto nel 2024, il giornalista porta sul palcoscenico Il Romanzo della Bibbia.
Lo spettacolo è stato ospitato al teatro Goldoni di Venezia e a Treviso nella chiesa di San Teonisto per la rassegna Landscapes Cazzullo ha raccontato al pubblico alcuni degli episodi del “libro dei libri” mentre Moni Ovadia lo ha accompagnato con letture, interventi e canti. Insieme alla musicista Giovanna Famulari, Cazzullo e Ovadia evocano gli episodi fondamentali dell’Antico Testamento.
Toccano nel corso dello spettacolo gli episodi e le figure fondamentali dell’Antico Testamento: dalla Creazione a Sodoma e Gomorra, da Adamo ed Eva all’Arca di Noè, da Abramo fino alla profezia di Isaia che preannuncia l’arrivo del Messia. Le musiche, che spaziano dal sacro al contemporaneo, sono eseguite dal vivo da Giovanna Famulari, triestina, musicista eclettica, diplomata al conservatorio Tartini di Trieste.
Come mai ha scelto di misurarsi con la Bibbia?
«Perché ce la portiamo dentro, è qualcosa che ci riguarda anche se non ce ne rendiamo conto. Magari l’abbiamo dimenticata, qualcuno non l’ha mai letta, ma sono storie che risuonano dentro. Adamo ed Eva, Caino e Abele, non sono così lontani da noi. Tutti siamo stati Caino quando abbiamo detestato qualcuno, tutti siamo stati Eva quando abbiamo avuto una curiosità che abbiamo pagato caramente, tutti siamo stati Davide quando abbiamo affrontato una sfida impossibile».
La Bibbia ci parla ancora?
«Certamente, si pensi a Susanna che viene molestata da due vecchiacci, lei li respinge e loro la ricattano: “Se non ci stai diremo che ti abbiamo sorpresa con un uomo che non era tuo marito”. È una storia modernissima che dimostra che le donne devono sempre resistere ai loro molestatori e denunciarli. Poi è impressionante come nella Bibbia si trova la radice delle guerre che ancora adesso insanguinano il mondo. Non esistono due popoli che si chiamano allo stesso modo, Egitto e Israele, e si fanno la guerra a distanza di tremila anni. Pensiamo a Sansone, che viene fatto prigioniero a Gaza: è il tempio di Gaza che lui distrugge gridando “muoia Sansone con tutti i filistei”».
Con Moni Ovadia come vi siete divisi i ruoli?
«Per esempio: quando portiamo in scena la storia di Giobbe, io faccio il diavolo e Moni fa dio. Siamo dio e Satana che scommettono sulla vita di Giobbe come i vecchietti del film “Una poltrona per due”».
Il suo libro ha avuto un enorme successo editoriale, eppure in giro non si respira una grande religiosità.
«In chiesa si va poco, ci si interroga poco sull’aldilà, però poi arriva il covid e ci scopriamo mortali, fragili, abbiamo paura. A me torna in mente il Vangelo quando i seguaci di Gesù lo abbandonano e Gesù provocatoriamente dice agli apostoli: “Anche voi volete andarvene” e Pietro dice “Signore dove andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”. Alla fine è lì che dobbiamo cercare una speranza, la ragione da sola non basta, la scienza non ci ha spiegato come è nato il mondo cosa c’è nell’aldilà. Qualsiasi speranza in una vita dopo la morte, qualsiasi speranza di rivedere persone care che abbiamo perduto, forse anche gli animali che abbiamo amato, non può prescindere dalla fede in dio. E non in un dio generico, nel dio di Voltaire, un dio misericordioso che ci ama e si cala sul solco delle nostre povere vite e che si prende cura di noi».
Donald Trump che giura sulla Bibbia?
«Intanto la Bibbia si legge di più nel mondo protestante che nel mondo cattolico, poi c’è tutta una cultura americana in cui la religione è mischiata con la politica. Ma anche noi abbiamo avuto un partito che si chiamava Democrazia cristiana che ha governato l’Italia per più di quarant’anni. È anche vero che De Gasperi non aveva bisogno di ostentare crocefissi o rosari come ha fatto Salvini. Non nominare il nome di dio invano non vuol dire solo non bestemmiare, vuol dire non usare dio, non strumentalizzarlo per i propri scopi ideologici, non uccidere in nome di dio, cosa che si è sempre fatto. Deus vult, Dio lo vuole, gridavano i crociati e se l’è tatuato il nuovo segretario alla difesa di Trump. Gott mit uns, dio è con noi, era scritto sulle divise delle SS, Allah akbar dio è grande gridano i terroristi islamici. Nel discorso politico quando sento nominare dio ho il timore che chi lo fa stia violando un comandamento».
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