Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 21 novembre
Luigi XVI e Maria Antonietta: “la caduta degli dei” nel film di Gianluca Jodice “Le Déluge”. Ambiguo e conturbante: Bertrand Bonello firma “The Beast”, con Léa Seydoux. Riccardo Scamarcio è Amedeo Modigliani nel secondo film da regista di Johnny Depp, “Modì – Tre giorni sulle ali della follia”
“Le Deluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta” diretto da Gianluca Jodice (Il cattivo poeta) è un film quasi apocalittico sulla caduta degli dei di Francia: cupo e straziante. Con grande ritardo rispetto al suo passaggio in Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia di due anni fa, arriva in sala il conturbante e ambiguo “The Beast” firmato da Bertrand Bonello, storia d’amore tra salti temporali e intelligenza artificiale. Johnny Depp dirige il “biopic” su Amedeo Modigliani, raccontando le tre giornate più turbolente spese a Parigi dal pittore e scultore italiano interpretato da Riccardo Scamarcio. Nel cast anche Al Pacino e Luisa Ranieri.
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Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta
Regia: Gianluca Jodice
Cast: Guillame Canet, Mélanie Laurent, Fabrizio Rongione
Durata: 100’
Gli dei e gli uomini. Uno spazio incolmabile che, nell’autunno del 1792, si annulla.
Luigi XVI (Guillame Canet) e Maria Antonietta (Mélanie Laurent), re e regina di Francia, vengono deposti e incarcerati, insieme ai figli e alla sorella di lui, nella Torre del Tempio, alla periferia di Parigi. Dopo di loro … il diluvio.
“La deluge - Gli ultimi giorni di Maria Antonietta”, diretto da Gianluca Jodice, inquadra un tempo che pochi hanno raccontato: quella sorta di limbo in cui visse la famiglia reale prima di essere ghigliottinata. Da lontano arriva l’eco dei cannoni e il furore del popolo della Rivoluzione che taglia le teste e smembra i cadaveri.
Il regista lo ha definito un film apocalittico.
Si respira una atmosfera di violenza nelle stanze spoglie della Torre, uno sfregio all’innocenza dei bambini ma anche alla stessa dignità dei reali, abbruttiti dall’ozio, rassegnati alle vessazioni, schiacciati da un terrore incombente.
La caduta di questi dei è fragorosa e, in questa trasmigrazione alla condizione umana peggiore (non quella di semplici “citoyens”, ma di prigionieri, simbolo dell’Ancient Regime da abbattere anche a colpi di processi sommari), Luigi e Maria Antonietta sembrano, quasi, ritrovare loro stessi.
Il re, affrontando la degradazione e la morte con una dignità insospettabile; la regina, spogliandosi dell’arroganza tramandata dalla Storia per abbracciare il ruolo di madre protettiva e disperata (e quelle urla strazianti filtrate da una porta a vetri sono, forse, il momento più alto del film e suonano come la riabilitazione di una figura da sempre descritta, anche al cinema, come viziosa e sprezzante).
Jodice, che divide il film in tre atti (Gli dei; Gli uomini, I morti), costruisce - grazie anche alle luci plumbee rischiarate appena dai lumi di candela di Daniele Ciprì, ai costumi quasi grotteschi, nel contesto della prigionia, di Massimo Cantini Parrini e alla scenografie da “fine del mondo” (saloni spogli, celle dimenticate, bastioni “suicidari”) di Tonino Zera – un film che, pur nelle sue discontinuità, nei simbolismi e nelle allegorie non sempre riuscite, non si limita alla semplice ricostruzione di un momento storico, ma lo rielabora con uno sguardo contemporaneo, grave, non privo di un certo magnetismo.
Fissando nella memoria l’assoluta assenza di “pietas” per divinità che la Storia non poteva solo far precipitare, ma doveva far marcire nell’inazione (non quella privilegiata dei reali ma quella imposta ai carcerati), annullare nella paura di un futuro già scritto e, infine, seppellire nel modo più cruento e crudele possibile. (Marco Contino)
Voto: 7
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La Bête
Regia: Bertrand Bonello
Cast: Léa Seydoux, George MacKay
Durata: 146’
Presentato in concorso alla Mostra del Cinema dello scorso anno, “La Bête” di Bertrand Bonello narra di un futuro distopico, ma molto prossimo, in cui regna suprema l’intelligenza artificiale e le emozioni umane sono ormai considerate una minaccia.
Per liberarsene, una giovane donna, Gabrielle, deve purificare il suo DNA: si immerge quindi in vite precedenti, dove rincontra Louis, suo grande amore.
Ma la donna è vinta dalla paura, un presagio che la catastrofe è vicina. Mescolando diversi generi, Bonello tratteggia un melodramma che unisce “l’intimo e lo spettacolare, classicismo e modernità, il noto e l’ignoto, il visibile e l’invisibile”, come ricordava egli stesso, ma che di fatto evidenza la paura di amare.
Ne risulta un film troppo ambizioso rispetto alla sua soluzione estetica, estremamente rivolto a evidenziare lo sguardo e il corpo della Seydoux, integrato da un occhio non comune sulle periferie urbane, ma comunque un film denso di riferimenti culturali e cinefili. (Michele Gottardi)
Voto: 6
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Modì – Tre giorni sulle ali della follia
Regia :Johnny Depp
Cast Riccardo Scamarcio, Luisa Ranieri, Al Pacino, Antonia Desplat
Durata: 110’
Secondo film di Johnny Depp, “Modì – Tre giorni sulle ali della follia”, a ben venticinque anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa con “Il coraggioso” (1997), con Marlon Brando in una delle sue ultime uscite.
Senza rasentare gli eccessi autodistruttivi dell’esordio, anche qui Depp si concentra sulla vita dissoluta e autolesionista di un grande artista come Amedeo Modigliani non ancora riconosciuto come tale.
Il film si concentra sulle 48 ore, forse, più turbolente della vita di Modì, mentre fugge dalla polizia a Parigi dopo aver sfondato la vetrata liberty di un celebre café di Parigi. Modì vorrebbe abbandonare la capitale francese, dove ha trascorso buona parte della sua vita, ma i suoi amici e compagni bohémien, come gli artisti Maurice Utrillo e Chaïm Soutine (Bruno Gouery e Ryan McParland) e la sua musa, nonché amante, Beatrice Hastings (Antonia Desplat), lo convincono a restare e a non abbandonare la sua carriera.
Nonostante la crisi artistica che Modì sta attraversando, durante la quale si percepisce come un fallimento, decide di chiedere consiglio al mercante d'arte Léopold Zborowski (Stephen Graham) e non immagina che quelle 48 ore culmineranno in un momento che cambierà per sempre la sua vita e la sua reputazione: l'incontro con il collezionista d'arte Maurice Gangnat (Al Pacino).
Il film non si richiama ai classici canoni del “biopic”, i film biografici hollywoodiani, ma, anche grazie all’origine teatrale deò Modigliani (1980) di Dennis McIntyre, mostra una identificazione individuale e artistica tra il regista e il personaggio di Scamarcio che si muove tra ironia e marginalità artistica, citando, come già nel primo film, lo stile di Emir Kusturica, tra anarchia e accelerazioni di regia, che Depp sa gestire con bravura e anche assumendosi qualche rischio di troppo. (Michele Gottardi)
Voto: 6.5
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