Il climatologo Filippo Giorgi diventa romanziere: «Una favola ambientalista per i tempi moderni»

Il triestino Nobel per la Pace 2007 con l’Ipcc: «Voglio arrivare ai giovani e riuscire a trasmettere loro entusiasmo per la tutela del Pianeta»

Valeria Pace
Uno scatto di Vancouver avvolta da nebbia e smog. foto agf
Uno scatto di Vancouver avvolta da nebbia e smog. foto agf

Il fisico che quando andava a scuola voleva diventare filosofo ne è convinto: per comunicare la crisi climatica e mobilitare le persone occorrono le storie.

I freddi numeri e i pronostici degli scienziati non incidono e soprattutto non coinvolgono i giovani: «Alle mie conferenze l’età media è alta, scrivendo fiction spero di raggiungere chi non verrebbe ad ascoltare un mio seminario, e di diffondere un po’ di entusiasmo ambientalista», afferma Filippo Giorgi, climatologo docente affiliato all’Ictp di Miramare dal 1998 e noto in città come il premio Nobel triestino perché era parte dell’organo esecutivo dell’Intergovernmental Panel on Climate Change nel 2007, l’anno in cui la commissione di scienziati costituita dall’Onu per studiare il riscaldamento globale ha ricevuto il premio Nobel per la Pace assieme ad Al Gore.

Il climatologo Filippo Giorgi
Il climatologo Filippo Giorgi

Non solo per divertimento, dunque, si è messo a scrivere un romanzo – anche “grazie” alla pandemia e alla pensione. O meglio, una serie di romanzi fantascientifici. Il titolo della prima puntata? “I cavalieri erranti del pianeta. La sindrome dei colori perduti” (Jacopo Lupi editore). «Un cenno alla saga di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda», spiega Giorgi, ma i suoi cavalieri «devono salvare il genere umano dall’autodistruzione». L’editore che ha curato il manoscritto è una piccola realtà di Sulmona, la città d’origine del professore che si appoggia ad Amazon per la distribuzione del libro.

Quanta scienza e quanta fantasia ci sono nel romanzo?

«Romanzo è una parola grossa. Io lo chiamo una favola ambientalista, perché è scritto in maniera molto leggera, non è una distopia. L’idea centrale del libro è scientifica. E certamente quando si parla di clima è tutto vero. A fianco di questo vengono esposte teorie scientifiche inventate da me, e ci sono alcuni classici della fantascienza: uno dei protagonisti principali è un robot, si toccano aspetti della genetica, viaggi nel tempo, ci sono macchine intelligenti, molto più intelligenti di quelle di Elon Musk... Ma ho voluto giustapporre elementi completamente fantastici ad alcuni reali».

Cosa c’è di reale?

«Per esempio si parla di Franco Battiato, di un gruppo rock che ho visto dal vivo diverse volte, i Greta van Fleet che per me sono meglio dei Led Zeppelin, viene menzionato Lewis Hamilton in un passo in cui viene fatto un elenco di piloti di F1: ci sono quelli che mi piacciono e poi ne aggiungo di inventati. Si può giocare cercando di capire quali riferimenti sono inventati e quali veri. Il protagonista – un bambino autistico, dotato di una mente molto matematica – cita Bobby Fisher, il primo scacchista americano a interrompere l’egemonia sovietica negli scacchi, ma anche un’icona culturale, un mito, un rocker con i capelli lunghi... Certo non è necessario sapere chi era per leggere il romanzo, ma è stato divertente disseminare il libro di riferimenti. Non è ambientato nel futuro, ma in un mondo in cui una persona ha fatto una scoperta – inventata da me – che ha cambiato radicalmente le cose, e in alcuni ambiti il mondo è andato molto più avanti, ma è sostanzialmente il nostro mondo. Certo, c’è una guerra in corso. In generale, i miei modelli sono José Saramago oppure Haruki Murakami, che introducono il fantastico per riflettere sulla natura dell’uomo. Mi invento il mio mondo per parlare anche più liberamente della realtà, che in generale non mi piace tantissimo, e i libri che parlano di cose troppo reali mi intristiscono».

Il messaggio di fondo qual è, una chiamata all’azione?

«C’è certamente un messaggio sociale: non di fare la rivoluzione, ma di fare quella che io chiamo una resistenza di pace. E in più dico chi io penso sia dietro a tutti i guai ambientali: i potenti del mondo – una categoria intesa in generale – e sono i cattivi contro cui combattono i cavalieri erranti».

Parlava di leggerezza, ci spieghi meglio...

«Non ci sono descrizioni alla Dostoevskij e ho scelto di scrivere in maniera ironica, anche se parlo di guerra. Ho scelto questo stile anche per comunicare una diversa immagine di me, sono conosciuto come il professor Giorgi, lo scienziato, e anche i miei figli mi vedono così. Ho voluto mostrare un’altra sfaccettatura di me nel libro, lo dedico soprattutto alla mia famiglia, ai miei figli, e a mia moglie – uno dei personaggi è ispirato a lei. È leggero pure nel senso che in questo libro non muore nessuno. So che per costruire un buon romanzo dovrei far morire qualche personaggio. Purtroppo però mi affeziono troppo, non ce la faccio...».

Si era mai cimentato prima con la letteratura?

«La scrittura creativa era sempre stata un mio sogno nel cassetto. Poi con il lavoro ho accantonato il mio sogno. Quando andavo a scuola ero un grande appassionato di filosofia e di letteratura. Ho scelto di diventare uno scienziato in un giorno preciso, il primo novembre del 1974. Mentre aspettavo mia zia per andare al cimitero ho iniziato a sfogliare una rivista femminile, ho letto un articolo bellissimo che parlava di Ufo e così dall’oggi al domani ho scelto che volevo studiare le forme di vita extraterrestri, forse psicologicamente volevo fuggire dalla Terra. Mi iscrissi alla prima rivista ufologica italiana, e facevo spedizioni a Roma o a Pescara per trovare libri che ne parlassero. Poi mi sono iscritto a Fisica, ci sono stati gli anni di piombo... All’Università decisi di occuparmi della Terra e di questioni più reali». —

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