Festival di Sanremo 2025: vince Olly
Al secondo posto, Lucio Corsi. Terzo, Brunori Sas. Ennesimo successo per la manager veneziana Marta Donà, che, con i suoi artisti, ha vinto gli ultimi quattro Festival
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Due anni fa, era poco più che un ragazzino di belle speranze, dalla faccia pulita, che si affacciava al mondo della canzone italiana con un pop fresco e ritmato. E adesso…
Con Balorda nostalgia, è Olly il vincitore del Festival di Sanremo 2025. A votarlo, il 23,8% della platea tra televoto, sala stampa e giuria delle radio.
Classe 2001, genovese. E magari pure erede di quella grandissima scuola di cantautori, che ha regalato capolavori, guardando lo stesso mare su cui si affaccia Sanremo.
Giovane, sì, ma con alle spalle già una partecipazione al Festival. Era il 2023 e “Federico Olivieri” si presentava sul palco della “musica che conta” con Polvere. Un 24esimo posto, adesso più che riscattato.
«È una di quelle cose che sembra non siano vere quando capitano – le sole cose che Olly, emozionatissimo, è riuscito a dire dal palco – sono molto contento, grandi. Grazie al maestro Pallotti alla direzione, all'orchestra, a voi. Ciao ma', ciao pa', è assurdo ma è successo».
E si tratta pure dell’ennesimo trionfo di Marta Donà, la manager veneziana, che, con i suoi artisti, ha vinto gli ultimi quattro Festival di Sanremo: nel 2022 con i Maneskin, nel 2023 con Marco Mengoni, l’anno scorso con Angelina Mango e oggi con Olly.
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Tornando alla classifica, il secondo posto è andato a Lucio Corsi con Volevo essere un duro. Lui, l’outsider della competizione, a cui il “colpaccio” è sfuggito giusto per un soffio: a votarlo, il 23,4% degli aventi diritto.
Trucco un po’ alla Ziggy Stardust, un po’ alla Renato Zero. Per poi, alla serata dei duetti, presentarsi sul palco accanto a Topo Gigio: ed eccolo cambiare ancora, Lucio Corsi.
Che, nella vita, “voleva essere un duro”, e invece si è classificato secondo al Festival di Sanremo 2025.
Da perfetto outsider, sì. Da “oggetto strano” di questo Festival, pure. Ma da artista che, con la sua genuinità e con una canzone oggettivamente bella, ha subito conquistato.
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Terzo, Brunori Sas con L’albero delle noci e il 20,3% delle preferenze. La poesia, l’emozione. Quando basta una canzone, costruita bene, con le giuste parole. L’arte dell’invecchiare. Lo stupore di un uomo, nella sua crescita da padre.
La classifica finale
Di seguito, la classifica finale. Accompagnata dai fischi del pubblico – ma a questo ormai siamo abituati – per le posizioni, evidentemente giudicate troppo basse, di Giorgia (una veterana del Festival, che già aveva vinto trent’anni fa) e Achille Lauro, rispettivamente sesta e settimo nella classifica finale.
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- Olly - Balorda nostalgia
- Lucio Corsi - Volevo essere un duro
- Brunori Sas - L'albero delle noci
- Fedez - Battito
- Simone Cristicchi - Quando sarai piccola
- Giorgia - La cura per me
- Achille Lauro - Incoscienti giovani
- Francesco Gabbani – Viva la vita
- Irama - Lentamente
- Coma_Cose – Cuoricini
- Bresh - La tana del granchio
- Elodie - Dimenticarsi alle 7
- Noemi - Se t'innamori muori
- The Kolors - Tu con chi fai l'amore
- Rocco Hunt - Mille vote ancora
- Willie Peyote - Grazie ma no grazie
- Sarah Toscano - Amarcord
- Shablo feat Guè, Joshua e Tormento - La mia parola
- Rose Villain - Fuorilegge
- Joan Thiele - Eco
- Francesca Michielin - Fango in paradiso
- Modà - Non ti dimentico
- Massimo Ranieri - Tra le mani un cuore
- Serena Brancale - Anema e core
- Tony Effe - Damme 'na mano
- Gaia – Chiamo io chiami tu
- Clara - Febbre
- Rkomi - Il ritmo delle cose
- Marcella Bella - Pelle diamante
Gli altri premi
Quanto agli altri riconoscimenti, il premio Sargio Bardotti per il miglior testo è stato assegnato a Brunori Sas per L’albero delle noci.
Il premio Giancarlo Bigazzi, assegnato dall’orchestra, per la migliore composizione musicale, è andato nelle mani di Simone Cristicchi per Quando sarai piccola.
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Il premio della critica Mia Martini a Lucio Corsi per Volevo essere un duro.
Il premio della Sala stampa Lucio Dalla a Simone Cristicchi per Quando sarai piccola.
La serata
Tutta l’Italia di Gabry Ponte — «un inno generazionale», spiega il dj — senza cattiveria, è l’unico pezzo sanremese (fuori gara, ovvio) che ci martella in testa da giorni e non ne vuol sapere di uscire. Nemmeno col sole. E per la prima volta nella sua interezza s’è levato nel cielo dell’Ariston sull’incipit del mega epilogo di ieri sera. Alleluja.
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Carlo Conti ausculta con cura la sua creatura: «È in buona salute», dice. Ottima direi.
C’è sicuramente della musica di facile ascolto e d’impatto emotivo nella compilation del festival numero settantacinque, ma nessuna che parta da sola mentre giri la manopola della doccia. Macché.
Si notano, però, anche indici puntati su qualche plagio, più o meno evidente. Non è che L’albero delle noci di Brunori Sas pare Rimmel di De Gregori? Fateci caso. Una, eh, giusto per chiacchierare senza polemizzare. D’altronde sette sono le note mica 1.230. E talvolta si assomigliano, regolare.
Possiamo dirvi, così senza impegno, che abbiamo sussultato per Giorgia, Corsi, Gabbani, Olly, Fedez — ebbene sì Battito non è proprio male — Cristicchi, Sarah Toscano, Lauro. L’ordine è sparso, ovviamente. Musica, cinema, pittura sono arti, come altre, che vivono di differenze: a me piace, a te no. Guai se non fosse così.
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Se ne sono andate cinque puntate meno interminabili del solito, ma anche il Sanremo 75 ce lo siamo levati dalle spalle. Con affetto.
La quinta, per la verità, è stata la meno appariscente della serie. Certo, l’inchino e le ovazioni a Venditti (tra qualche stecca ma anche tante emozioni) e, certo, l’applauso al divulgatore Alberto Angela, ma si sa quanto Sanremo sia costretto a nutrirsi di cose strane per dare il meglio. La seppur lussuosa normalità non dà scosse.
Ci siamo sciroppati per l’ultima volta i ventinove singers con l’aiuto di Alessandro Cattelan, il futuro Conti? e con Alessia Marcuzzi (in marzo su Raidue con Obbligo e verità), presentatori, forse, non tanto a caso.
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Per stare in tema “non proprio a caso” la Clerici sarà al comando di The Voice Senior, Miriam Leone è Oriana Fallaci nella fiction Raiuno, Geppi Cucciari tornerà con Splendida Cornice e Benigni soddisferà il suo Sogno su Raiuno. E mettiamoci dentro pure Bennato.
Ecco, se proprio proprio un pensiero va liberato, è che ci urta quando l’evidenza è mascherata da una scelta indipendente. Fine del pensiero. E poi Sanremo, non è una novità, serve anche a lanciare razzi utili alla causa di Stato oltre che canzoni. E a far musina: un minuto di spot costava un milioncino.
Tradizionale, istituzionale, pacato, per nulla gridato com’è nella costituzione di Conti, la rappresentazione vivente del bravo presentatore di arboriana memoria. Così è stato il 75.
Un festival casalingo, da tinello, che ha soddisfatto un quinto del Paese con la forza delle sensazioni basiche: un po’ d’amore, molti lutti, qualche lacrima, tanti remember, i bimbi prodigio, gli anziani prodigio, meravigliose fanciulle, eleganza, parecchia quest’anno, volgarità zero.
Se l’Auditel non inganna allora il trionfo è stato davvero totale. Numeri che nemmeno Nostradamus aveva previsto tanto fuori range sono stati.
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Milionate di italiani hanno improvvisamente acceso un nuovo patto con il santo canterino della riviera ligure forse perché dopo cinque Amadeus molti volevano vedere che fine avrebbe fatto Conti.
Diremmo una fine speciale, no? Non è mancato neppure il contraltare sensibile: il coraggio di Bianca Balti, la tenerezza di Cristicchi per la madre malata, il faccia a faccia fra l’israeliana Noa e la palestinese Mira Awad, il racconto di Edoardo Bove, il giovanissimo giocatore della Fiorentina costretto a un maledetto stop. Persino Papa Francesco si è affacciato sul palco.
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In uno spazio così ventilato ci sta il ragionamento colto che senz’altro uscirebbe dal teatro di via Matteotti con una potenza massima. Il pericolo monologhi è stato invece stoppato alla base. Peccato, a volte si può evitare ideologie nocive con un gran pezzo di teatro, per esempio.
Ora si tratta di essere il più lungimiranti possibile. Festival 2026? Quasi senza esitazione vien da dire: un Conti bis. E sarebbe il suo quinto per fare il pari con Amadeus e con Nunzio Filogamo.
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