Cinema al cento per 100, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 16 gennaio

Che meraviglia “L’uomo nel bosco” di Alain Guiraudie! Deludono Roberto Andò (“L’abbaglio”) e Paul Schrader (“Oh Canada. I tradimenti”). “No Other Land”: documentario prezioso

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "L'uomo nel bosco"
Il film "L'uomo nel bosco"

Alain Guiraudie firma il suo “Teorema” tra bicchieri di pastis e passeggiate in cerca di funghi: “L’uomo nel bosco” è una meraviglia. E poi l’impresa dei Mille raccontata da Andò che, dopo “La stranezza”, si affida di nuovo allo strano terzetto Servillo-Ficarra-Picone nel film “L’abbaglio”.

Richard Gere è il protagonista di “Oh Canada. I tradimenti”: ci sono ancora i sensi di colpa al centro del cinema di Paul Schrader. Girato da un collettivo di quattro registi, “No Other Land” è un prezioso documentario di denuncia delle demolizioni volute da Israele in alcuni villaggi della Cisgiordania.

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L’uomo nel bosco

Regia: Alain Guiraudie

Cast: Catherine Frot, Jean-Baptiste Durand, Félix Kysyl, Jacques Develay

Durata: 102’

Il film "L'uomo nel bosco"
Il film "L'uomo nel bosco"

Jérémie fa ritorno nel piccolo villaggio dell’Ardèche (regione meridionale della Francia incastonata tra il Mediterraneo e i Pirenei) per il funerale del maestro panettiere che gli insegnò il mestiere. Il suo arrivo risveglia pulsioni, rancori e desideri che agitano la vedova Martine e suo figlio Vincent, il corpulento amico d’infanzia Walter e il parroco del paese.

Tra bicchieri di pastis e passeggiate nei boschi in cerca di spugnole e porcini, si consuma, in quei giorni, il mistero della scomparsa di Vincent: anche la polizia locale (che apre tutte le porte...) concentra le proprie attenzioni sul nuovo arrivato Jérémie.

Il “Teorema” di Alain Guiraudie, in questo suo nuovo lavoro (“Misericordie” che, nella distribuzione italiana diventa “L’uomo nel bosco”, quasi a richiamare - in altro contesto ambientale - il suo film più noto, “Lo sconosciuto del lago”), è semplice e complesso, lieve e profondo, allo stesso tempo. Perché, partendo dall’archetipo drammaturgico del ritorno nei luoghi d’infanzia del protagonista (come il personaggio di “Tom à la ferme” di Xavier Dolan), Guiraudie costruisce un’opera che non ha nulla di canonico (sacerdote a parte...) e dove tutto è imprevedibile.

A cominciare dalla sarabanda di personaggi che dovrebbero essere pragmatici e intimamente legati alla dimensione terrena e terrosa dei boschi occitani ma, al contrario, si comportano in modo surreale e istintivo. Mossi da sentimenti come la passione, il desiderio, l’amore, la gelosia e, in ultimo, la misericordia del titolo intesa come valore ecumenico che lega i destini dei protagonisti, in quel brodo primordiale di pietà e compassione, di delitto (senza castigo) e di purezza che la meravigliosa figura del curato incarna alla perfezione, in quel suo aspirare all’amore eterno anche se non corrisposto, nell’umiltà di una confessione al contrario e in una erezione così umana da commuovere e divertire insieme.

Guiraudie si destreggia con l’invidiabile (e rara) libertà di chi, suggestionato da mostri sacri come Pasolini e Chabrol, trova il proprio sentiero nel bosco e ne esce con sequenze “tutte sue” (una cena quasi cannibale, le incursioni notturne di Vincent e del poliziotto, il confessionale e l’estasi un po’ alcolica a casa di Walter). Flirtando con la spigolosità di “As bestas” di Sorogoyen e trasformandola in racconto tragico ma gentile. Il suo “Teorema” è, alla fine, una equazione impossibile che, facendosi beffe di ogni evidenza, produce un risultato che è pura meraviglia. Più che invocare misericordia ci sarebbe da intonare l’Alleluia! (Marco Contino)

Voto: 8

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L’abbaglio

Regia: Roberto Andò

Cast: Toni Servillo, Valentino Picone, Salvo Ficarra, Tommaso Ragno, Giulia Andò

Durata: 131’

Il film "L'abbaglio"
Il film "L'abbaglio"

Dopo “La stranezza”, Roberto Andò riunisce di nuovo l’inedito terzetto composto da Toni Servillo, Ficarra e Picone nel film “L’abbaglio”, ispirato a una vicenda storica reale, debitamente rielaborata dalla fantasia.

Nel 1860 Giuseppe Garibaldi (Tommaso Ragno) parte con i suoi “Mille” alla volta della Sicilia per “fare l’Italia”. Uno dei suoi uomini di fiducia è il colonnello Orsini (Toni Servillo), a cui viene affidata una missione suicida: far credere al nemico borbonico che Garibaldi stia ripiegando all’interno della regione, così da farsi seguire dalle truppe nemiche, spianando la strada al Generale per la liberazione di Palermo. Fin qui la realtà.

Nel film si racconta anche la vicenda di due siciliani, Domenico (Ficarra) e Rosario (Picone), emigrati al nord, che si arruolano per tornare “a sbafo” nella loro terra ma ai quali l’unità d’Italia non interessa affatto, tanto da diventare disertori appena sbarcati a Marsala.

Il loro destino, però, si incrocia nuovamente con quello di Orsini e il gesto vigliacco, forse, potrà essere riscattato.

Il nuovo film di Andò, nonostante una messa in scena suggestiva (tra sequenze di battaglia, panoramiche e dolly verticali), si abbandona a un pamphlet politico (molto teatrale) per raccontare come la cialtroneria, la viltà, l’egoismo e la furbizia siano, in fondo, le radici più tenaci sulle quali l’Italia è cresciuta, vizi che si perpetuano dalla sua nascita, più forti di qualsiasi ideale e di effimeri gesti di coraggio e sacrificio.Peccato che digressione storica e narrazione comica (con due anti-eroi di reminiscenze monicelliane) non trovino mai un punto di incontro.

Brutto il finale didascalico (che spiega anche il titolo: come se non fosse già molto chiaro), così come è incomprensibile perché, in un film in cui Andò è molto attento alla filologia (attori, anche preziosi, di estrazione palermitana), il tenente vicentino Ragusin debba essere interpretato da Leonardo Maltese, simulando il solito posticcio accento veneto da cameriera goldoniana (“Comandi, coloneo!”). Basta! (Marco Contino)

Voto: 5

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Oh, Canada - I Tradimenti

Regia: Paul Schrader

Cast: Richard Gere, Uma Thurman, Jacob Elordi

Durata: 91’

Il film "Oh, Canada - I Tradimenti"
Il film "Oh, Canada - I Tradimenti"

Paul Schrader è uno dei più celebri sceneggiatori di Hollywood, basterebbe ricordare le sue collaborazioni con Martin Scorsese negli imprescindibili “Taxi Driver” (1976) e “Toro scatenato” (1980). Anche quando si è cimentato nella regia ha ottenuto risultati importanti, da “Il collezionista di carte” a “Il maestro giardiniere”, usciti tra il 2021 e il 2022.

In “Oh, Canada” Schrader sceglie di adattare il romanzo "Foregone" di Russell Banks, un autore che aveva già scelto per “Affliction” (“Tormenta” nella traduzione della distribuzione italiana del 1997), ma torna anche ad affidare la parte principale a Richard Gere, dopo “American Gigolo” (1980), in un ruolo ben diverso.

Qui Gere è, infatti, Leonard Fife, uno dei sessantamila disertori statunitensi che si rifugiarono in Canada per evitare di partire per la guerra in Vietnam. L'uomo, divenuto nel tempo scrittore e documentarista, è ormai anziano e malato terminale, ma tormentato dal suo passato. E quando una troupe si presenta per realizzare un ritratto che vuole essere anche un omaggio finale alla sua opera, Leonard decide di condividere ogni suo segreto per smitizzare la sua vita così a lungo idealizzata, raccontando la verità.

L’incidere della narrazione, la ricostruzione della versione di Leonard – vera, falsa, veritiera? – attraverso i flashback, il fumo dispersivo di una memoria minata dal male, non aiuta lo spettatore a ricostruire una vita che di suo è già abbastanza complicata. 

Probabilmente è anche l’obiettivo di Schrader quello di mostrare quanto il suo personaggio abbia fatto scelte consapevoli e insieme casuali, sia stato affettuoso e amorevole quanto terribilmente infame nell’abbandonare la sua vita e la famiglia precedente per salvarsi dal Vietnam.

Certo il film ha soluzioni estetiche interessanti, alternando il bianco e nero al colore, quattro formati differenti sullo schermo, la scelta di far interpretare Leonard a due attori diversi o di dare due ruoli alla stessa Uma Thurman.

O la frase del titolo, pronunciata alla fine di tutto, come il Rosebud di “Quarto potere”. Schrader è spietato come sempre, ma qui, al di là dell’insistenza su temi già noti, come il rapporto tra verità e finzione, immagine e realtà filmata, il regista sembra perdersi in riflessioni crepuscolari che risentono anche della sua difficile vita personale più recente (la sua salute uscita malferma dal Covid, la malattia della moglie), restando un po’ distante dallo spettatore.

Nel ruolo del giovane Leonard c’è Jacob Elordi, noto per serie tv “Euphoria” e “Priscilla”. Il film, girato nella contea di Westchester di New York, è stato presentato al festival di Cannes 2024. (Michele Gottardi)

Voto: 5,5

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No other land

Regia: Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham, Rachel Szor

Durata: 92’

Il documentario "No other land"
Il documentario "No other land"

Torna la questione palestinese sullo schermo e ci torna con la dolce veemenza del documentario “No other land”, diretto da un collettivo israelo-palestinese, composto da Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor, che ha filmato per dieci anni le operazioni di espulsione forzata degli abitanti di Masafer Yatta in Cisgiordania da parte dell’esercito israeliano.

Perché qui siamo nella Palestina meno conflittuale, nel West Bank, distretto di Hebron, al confine meridionale con lo stato di Israele. Nessuna attività terroristica accertata o pericoli imminenti da parte delle tranquille popolazioni dei 19 villaggi che da sempre vivono di agricoltura e pastorizia, finché circa 22 anni fa sono iniziate le distruzioni delle case e gli abusi ai danni della comunità locale.

Grazie alle immagini filmate di nascosto sin da ragazzo da Basel Adra, un giovane palestinese tra gli autori del documentario, fatte con cellulari e minicamere, e soprattutto da quelle raccolte, tra il 2019 e il 2023, dal progetto portato avanti da un gruppo di attivisti palestinesi, sostenuto da membri israeliani, il documentario mostra la lotta contro la missione di Tel Aviv. Perché con la scusa di dover liberare gli spazi per le esercitazioni dell’esercito, di fatto le demolizioni aprono la strada ai nuovi insediamenti di coloni ultra-ortodossi.

La bellezza struggente del film non è solo nella documentazione del dramma che vivono questi villaggi, oscurato dalla carneficina del 7 ottobre e del conseguente massacro di Gaza, ma nel tentativo di vivere una vita normale nonostante tutto, riparandosi nelle grotte antiche, dove i bambini cercano comunque di giocare e di avere una quotidianità.

La resistenza dei villaggi di Masafer Yatta mostra la loro tenacia, ma anche l’impossibilità di andare altrove, perché “questa è la nostra terra e non abbiamo un altro posto dove andare”.

Purtroppo la cooperazione tra le due parti si ferma poco oltre questo bel documentario, opera di due israeliani e due palestinesi, ma almeno “No other land” ha permesso di conoscere un modo e un mondo non certo affine ai metodi di Hamas: il film infatti, dopo aver vinto il premio per il miglior documentario e quello del pubblico nella sezione Panorama a Berlino 2024, ha ottenuto riconoscimenti a decine di festival in tutto il mondo e ora è inserito nella short list dei migliori documentari in corsa per gli Oscar 2025. (Michele Gottardi)

Voto: 7

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