Cinema al 100 per cento, ecco le nostre recensioni dei film in sala dal 30 gennaio

In “Io sono ancora qui” il brasiliano Walter Salles affronta il dramma dei “desaparecidos”. Nicole Kidman si mette a nudo in “Babygirl” di Halina Reijn. Uberto Pasolini (Itaca – Il ritorno) rilegge l’Odissea

Marco Contino e Michele Gottardi
Il film "Babygirl"
Il film "Babygirl"

“Io sono ancora qui”: è il film militante ed emozionante firmato da Walter Salles che racconta la storia vera di Eunice Paiva (splendida Fernanda Torres, candidata all’Oscar) e della sua tenace ricerca della verità per il marito scomparso durante la dittatura militare brasiliana. Miglior sceneggiatura a Venezia.

Dalla Mostra di Venezia arriva anche “Babygirl”: storia di sesso e potere con una coraggiosa Nicole Kidman (premiata con la Coppa Volpi)

Con “Itaca – Il ritorno”, Uberto Pasolini porta in scena l’Odissea ma, soprattutto, la condizione esistenziale della guerra. Con Ralph Fiennes nei panni dell’eroe greco e Juliette Binoche in quelli di Penelope.

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Babygirl

Regia: Halina Reijn

Cast: Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde

Durata: 114’

 

Il tema, declinato al maschile è noto, meno se visto dalla sponda femminile: Romy (Nicole Kidman), una potente amministratrice delegata (è la CEO di un'azienda di robotica a New York) mette a repentaglio la carriera e la famiglia quando inizia una torrida relazione con Samuel (Harris Dickinson), uno stagista molto più giovane.

La riappropriazione del corpo femminile al cinema data da un paio di decenni. Per questo l’operazione dell’olandese Halina Reijn, che torna sul tema dell’esordio di “Instinct” (una liaison dangereuse tra una psicologa e un detenuto per violenza sessuale), ha il sapore del déjà vu. Certo Nicole Kidman è straordinaria nel mettersi in gioco a 57 anni, quanto lo è Antonio Banderas nel rinunciare all’abituale ruolo da macho per un marito “poco attento” alla sessualità femminile e Harris Dickinson si ricava un ruolo intrigante e non troppo convenzionale, in bilico tra seduzione attiva e subita.

Ma le dinamiche tra sesso e potere, che sono alla base di “Babygirl” sono evocate solo in superficie e non basta una certa ironia di fondo che sfocia a tratti nell’imbarazzo e nell’umorismo involontario.

Pur in una sceneggiatura dinamica, la storia della top manager che accetta la seduzione sadomaso col giovane stagista, risulta troppo sterile, con sequenze in stile “Cinquanta sfumature…”, anche se la battuta finale della protagonista vale mezzo film: «se devo scegliere di farmi umiliare da qualcuno, lo pago». (Michele Gottardi)

Voto: 5.5

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Io sono ancora qui

Regia: Walter Salles

Cast: Fernanda Torres, Selton Mello, Fernanda Montenegro, Valentina Herszage, Maria Manoella

Durata: 135’

Il film "Io sono ancora qui"
Il film "Io sono ancora qui"

Walter Salles, indimenticato autore di “Central do Brasil” (1998), in “Io sono ancora qui”, presentato in concorso a Venezia 2024 e ora in corsa per gli Oscar tra i cinque film stranieri, narra la vicenda di uno dei 434 desaparecidos ufficiali durante la dittatura militare in Brasile, Rubens Paiva, prelevato dalla sua casa nel 1971 e mai più restituito alla famiglia.

Ma il film è soprattutto la storia di una Madre Coraggio, la moglie Eunice che dedica tutta la sua vita alla ricerca della verità, una donna eccezionale, che si riqualifica a 46 anni, laureandosi in legge e diventando paladina dei diritti civili, lottando contro la dittatura, ma cercando anche di evitare il dramma familiare, come ricordava Fernanda Torres, la sua straordinaria interprete, vincitrice del Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico e candidata al Premio Oscar come miglior attrice protagonista.

Ma il film, fortemente voluto dal regista per sette anni, supera la realtà brasiliana degli anni ’70 per parlare al mondo di oggi, con il ritorno delle destre in tante parti del mondo. Per questo non è (solo) un film sulla dittatura e sul Brasile, ma sulla resilienza di una donna e di una famiglia.

“Io sono ancora qui” (Ainda estou qui) muove dai ricordi dello stesso Salles, amico di infanzia dei cinque figli dei Paiva, in particolare di Marcelo Rubens, che ha scritto un libro sulla vicenda, ricostruendo la vicenda con l’aiuto della madre anziana, poco prima che venisse colpita dall’oblio dell’Alzheimer.

«È la straordinaria storia di una famiglia violentata dalla dittatura e di cui la madre è il cuore pulsante. Quando ho letto il libro di Marcelo mi sono molto commosso perché il suo racconto si univa ai miei ricordi personali, la casa di Rio, gli amici», ha ricordato Selles.

Il paese sudamericano, nonostante la dittatura, nel 1970 era stato protagonista del cosiddetto “miracolo brasiliano” e molti dissidenti, come Paiva che era stato deputato in democrazia, erano rientrati dall’esilio.

Tra la bossanova, la nuova architettura, i successi ai mondiali con Pelè, vi era un clima positivo che la dittatura affossò completamente per 21 anni.

Marcelo Rubens è l’unico della famiglia rimasto in Brasile, colpito anche da un incidente che lo ha costretto su una sedia a rotelle, che non gli ha tolto forza e memoria: «io sono partito dal ricordo della casa vuota, prima di partire da Rio de Janeiro per Sao Paulo, un lavoro che ho condiviso con i miei fratelli, perché, come in Israele o a Gaza, sono sempre le famiglie che soffrono e la nostra è stata sostenuta da una grande donna».

Il film è narrato con uno stile efficace, militante, ma attento a definire le diverse psicologie della madre e dei ragazzi, nel corso del tempo, anche quando Eunice diventa paladina degli indios, nella lotta per la difesa della foresta amazzonica.

Quello che non viene mai meno sono la speranza e il sorriso della donna, fino a ottenere quel certificato di morte sempre negato. (Michele Gottardi)

Voto: 7.5

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“Itaca – Il ritorno”

Regia: Uberto Pasolini

Cast: Ralph Fiennes, Juliette Binoche, Claudio Santamaria, Charlie Plummer.

Durata: 116’

Il film "Itaca. Il ritorno"
Il film "Itaca. Il ritorno"

 

 

Per il suo quarto film da regista (Itaca – Il ritorno), Uberto Pasolini sceglie di rileggere in chiave moderna l’Odissea di Omero.

Dopo aver prodotto un successo internazionale come “Full Monty”, aver empatizzato con l’ingegno di un manipolo di immigrati singalesi in “Machan” e aver firmato due piccole grandi storie di vita (attraverso la morte) con “Still Life” e “Nowhere Special”, Pasolini rievoca la storia antichissima di Odisseo (Ralph Fiennes) che, dopo dieci anni di peripezie, riesce a raggiungere Itaca dove i Proci si contendono la mano e il regno della sua sposa Penelope (Juliette Binoche) che fa e disfa la tela, pur di ritardare le nozze, mentre il figlio Telemaco (Charlie Plummer) crede, ormai, che il padre non farà più ritorno.

Pasolini mette in scena la guerra come stato esistenziale, mettendo - letteralmente - a nudo Odisseo che non è più l’astuto eroe greco ma è un reduce come tanti, divorato dalla vergogna di essere sopravvissuto e dalla consapevolezza di non essere più in grado di trovare un posto nel mondo.

Un corpo (su cui, volutamente, Pasolini si sofferma con insistenza) ormai senza anima che, non a caso, quasi nessuno riconosce e che non trova né pace né, in fondo, casa (perché la sua casa è diventata la guerra).

Se questa interpretazione aggiornata dell’eroe (a cui si aggiunge anche una versione molto più umana di Penelope, non così immune al fascino di Antinoo, più rabbiosa che pazienze, più madre che moglie) è un indubbio elemento di interesse del film, non sempre Pasolini riesce a mantenere sui binari questo racconto dell’anima, perdendosi spesso nelle pieghe della rievocazione storico-letteraria (con alcuni personaggi francamente poco incisivi: da Telemaco ad alcuni dei Proci fino al porcaro Eumeo, interpretato da Claudio Santamaria) e smarrendo anche il pathos nei momenti cruciali, come nel confronto tra Odisseo e Penelope. Per un autore cui non difetta lo sguardo poetico, un’opera che non riscalda mai, più cerebrale che passionale, più astuta che sincera. (Marco Contino)

Voto: 5,5

Argomenti:spettacolo

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