All’alba della fotografia: l’Atelier Wulz in mostra a Trieste
Dall’archivio Alinari di Firenze arriva venerdì 13 dicembre al Magazzino delle Idee di Trieste una selezione di 300 foto della famiglia che ha fatto la storia dell’immagine
Piroscafi del Lloyd austriaco immobili nelle acque del golfo; la linea di costa ripresa da Barcola al vallone di Muggia; centinaia di ritratti realizzati nello spazio “garantito” dell’atelier fotografico. E poi operai al lavoro tra palazzi in costruzione, capi d’azienda a cavallo immortalati come fossero monumenti equestri, gruppi di ciclisti proletari, fieri delle loro biciclette, atleti irredentisti della “Ginnastica triestina”, artisti di teatro, cantanti lirici, pittori che frequentavano il Circolo artistico.
C’è tutto questo nelle 300 fotografie che Antonio Giusa ha scelto negli archivi fiorentini dell’Alinari per costruire il “versante maschile” della mostra “Fotografia Wulz. Trieste, la famiglia, l’atelier”, dedicata alla dinastia di fotografi che per più di un secolo ha raccontato la vita di Trieste. L’attività di Giuseppe e di suo figlio Carlo sono state esaminate in dettaglio, immagine per immagine, e poi descritte minuziosamente nelle pagine di un catalogo stampato da Silvana editoriale.
L’attività deI “versante femminile” della stessa famiglia - Marion e Wanda Wulz – è invece stata studiata da Federica Muzzarelli per ricostruire il ruolo delle due sorelle nell’ambito della fotografia futurista e nei rapporti intensi e creativi delle due fotografe con Anita Pittoni e altre donne che negli anni Trenta iniziarono a infrangere l’egemonia culturale maschile.
La mostra che sarà inaugurata venerdì 13 dicembre nelle sale del Magazzino delle idee di Trieste, offre quindi agli occhi del pubblico una duplice lettura dell’attività di questo atelier: una lettura che ha necessariamente dovuto fare i conti con altre numerose ricerche che negli ultimi 50 anni hanno affrontato la multiforme presenza dell’atelier Wulz nella realtà triestina e di chi ne gestiva l’attività.
I due curatori –nei diversi punti di vista - hanno colto l’opportunità di esaminare migliaia di stampe “vintage” conservate negli archivi dell’Alinari e hanno scelto quelle che saranno esposte fino a Pasqua nella mostra promossa dall’Erpac, l’ente regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia.
Le foto “vintage” – molte più che ultracentenarie - sono passate direttamente dall’archivio di Firenze alle cornici della mostra. Erano state stampate nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento nel laboratorio - studio di palazzo Hierschel, posto al numero 19 di Corso Italia. Erano migrate in Toscana – assieme a migliaia di lastre, numerosissime altre stampe e attrezzature, registri e articoli ritagliati da quotidiani dell’epoca, dopo l’acquisto effettuato dall’Alinari una quarantina di anni fa.
Ora rientrano temporaneamente a Trieste per raccontare la storia della città ma anche il lavoro svolto dall’atelier Wulz, il “primo motore immobile” della fotografia triestina. Nessuno dei 50 atelier che prima della Grande Guerra operavano in città, ha avuto il privilegio di poter salvare quasi automaticamente l’integrità del proprio lavoro e di metterlo così a disposizione – positivi e negativi- di chi studia l’evoluzione della fotografia.
Non si sono salvate le raccolte dello studio Sebastianutti e Benque. Non si sa quale destino abbiano avuto le lastre di Giuseppe Franceschinis, di Ezio de Rota, Emilia e Marco Manenizza e di decine di altri fotografi dell’epoca dei grandi atelier.
Quelle immagini che sono giunte fino a noi, sono il frutto della ricerca minuziosa e prolungata nel tempo di tanti collezionisti o della pervicacia di alcune famiglie che hanno salvato gli album con le foto dei nonni e degli zii. Il Comune e altre istituzioni hanno archiviato ciò che gli stessi fotografi avevano regalato ai loro musei, ma si stratta di segmenti di un lavoro, non delle intere produzioni degli studi. Al contrario i Wulz sono stati studiati e lo saranno ancora in futuro perché il loro lavoro è tutto concentrato in un solo archivio, quello degli Alinari ora gestito dalla Regione Toscana.
Come scrive Antonio Giusa, in questo archivio si trovano gli uni accanto agli altri gruppi di macellai, panettieri, ciclisti, operai della Modiano e della Dreher, popolani di Servola in costume tradizionale, carri funebri della Zimolo, vedute del Castello e del parco di Miramare con la presenza di alcuni arciduchi d’Austria. E ancora un paio di vetture della Fabbrica automobili Alba, i velieri affondati durante la mareggiata del giugno 1911 che provocò una ventina di morti e la devastazione delle banchine delle rive, fotografie del pubblico e dei cavalli dell’ippodromo. “Un atelier, una famiglia, una città”, come suggerisce il titolo scelto per la mostra. —
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