Franceschini: «La politica violenta è dovuta all’ignoranza: è importante preservare la memoria»
L’ex ministro della Cultura presenta a Trieste il suo nuovo romanzo pubblicato da La Nave di Teseo e ambientato durante i primi anni Venti: «Il fascismo è nato sanguinario»
Dario Franceschini «non parla di politica». Viene messo un paletto chiaro. L’ex ministro della Cultura, il dicastero a più alto turnover della legislatura corrente, rimasto su quello scranno per quasi un decennio nonché uno dei pochi big del Pd ad aver dato il suo endorsement a Elly Schlein – il cavallo vincente per la corsa alla segreteria e ora leader dell’opposizione – sarà oggi, 18 novembre, a Trieste per presentare il suo nuovo romanzo Aqua e tera, edito da La Nave di Teseo (ne parlerà alle 17.30 al Circolo della Stampa in dialogo con lo scrittore Diego Marani, il giornalista e scrittore Paolo Rumiz e la storica Marta Verginella) e di quello vuol parlare.
Un romanzo storico che narra l’impossibile storia d’amore di Lucia e Tina, figlie l’una di una famiglia proletaria e socialista di lavandaie e l’altra di ricchi possidenti agrari, fascista. Una trama in cui la Storia e la Politica (con la marcia su Roma, un cameo di Matteotti, la violenza squadrista) si intersecano con le vite di Lucia e Tina nel Ferrarese, la terra natìa di Franceschini. Un romanzo fortemente politico, dunque. «Ma non motivato dall’attualità».
Solo in questo senso di politica non vuole parlare e non si nega nel tracciare parallelismi tra il clima politico di allora e quello di oggi, entrambi violenti e dovuti a «ignoranza», e lancia un monito sull’importanza di «preservare la memoria».
E se i personaggi ritenuti più colti del suo romanzo hanno solo la terza elementare mentre in Italia al giorno d’oggi la scuola dell’obbligo arriva ai 16 anni, la nostra nuova ignoranza è dovuta per lui all’inceppamento della «trasmissione dei valori nelle famiglie», un meccanismo dovuto «a troppe solitudini, soprattutto dei bambini e degli anziani, che potrebbero trovarsi ma le nostre vite nelle città non lo permettono, sarebbero da ripensare...».
Partiamo dal titolo: una contrapposizione che allude ai lavori delle famiglie di Lucia e Tina, ma pure a molto altro...
«Soprattutto alle paludi del Ferrarese del delta del Po bonificate nell’Ottocento. Decine di migliaia di ettari prosciugati dall’acqua per renderli coltivabili con la fatica di migliaia di braccianti. È anche una bellissima canzone polesana “Tera e aqua”, poi diventata una canzone di De Gregori. Gran parte del romanzo accade durante la bonifica di queste acque che portavano malaria, pellagra, miseria».
Si apre con la storia di una famiglia, quella di Lucia, straordinariamente resistente a queste malattie... La pestilenza iniziale è in letteratura classica legata alla guerra (nell’Iliade) anche civile (nella saga di Edipo). Un’allusione voluta o un richiamo simbolico: il fascismo come malattia sociale?
«Io penso che quando un romanzo è pubblicato, l’autore dovrebbe scomparire e lasciare libero il lettore di cogliere i significati che crede, senza doverli avvalorare. Devo dire non ho pensato a nulla di questo. L’aspetto fantastico riguarda solo la storia d’amore delle protagoniste, tutto il resto è assolutamente vero. Più che evocare simbolismi volevo raccontare la verità di quegli anni».
Una verità drammatica che in una sorta di ricorso storico sembra ritornare...
«Pur essendo passato un secolo purtroppo le motivazioni e i modi di fare la guerra sono molto simili, partono da odi territoriali o razziali».
Perché noi umani non impariamo?
«La cancellazione della memoria è il modo più facile per ripetere gli errori. Conservare il ricordo preciso dovrebbe invece aiutarci a non commetterli. Non è così, è stato quasi tutto dimenticato. La rabbia del primo dopo guerra scoppia per motivazioni specifiche: la fame dei braccianti, la delusione dei reduci della prima guerra mondiale. Esplode prima nella rabbia delle leghe rosse e poi nella violenza fascista. Certo la storia non si ripete uguale, ma molte cose si somigliano».
Come si può guarire da questo odio? Il libro sembra proporre come balsamo i valori femminili...
«Sono convinto che un mondo guidato da donne sarebbe meno violento e rissoso. Non è un antidoto sicuro ma è un contributo a superare l’aggressività che molti uomini hanno».
Anche Meloni e Schlein?
«Non è una regola generale ma la mia esperienza di vita mi ha dimostrato che le donne che arrivano ai vertici sono meno aggressive e hanno una marcia in più, hanno fatto il doppio della fatica e possiedono qualità straordinarie».
Qui in Fvg la memoria non ha un aspetto pacificatore. La festa di Go!2025 e l’amicizia italo-slovena è stata turbata da un voto a Gorizia che ha stabilito di non cancellare la cittadinanza onoraria a Mussolini «per non cancellare la memoria»...
«La storia se è oggettiva restituisce la verità delle persone. Il mio romanzo presenta fatti storici che chiariscono che il fascismo è nato violento e non è diventato pericoloso solo con le leggi razziali. Non voglio entrare nel merito, ma rilevo che la cittadinanza onoraria è qualcosa di positivo...».
Come mai una storia di amore tra donne?
«Leggendo documenti storici ho scoperto che all’epoca c’erano storie d’amore tra donne intellettuali e famose che avevano la protezione della ricchezza. Ho immaginato invece il dramma di nascere in una famiglia di braccianti...».
La ricca Tina ama la fotografia: un riferimento all’udinese Modotti?
«Questo l’ha pensato lei e l’ho pensato anche io». —
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