Gorizia – Nova Gorica, viaggio nell’architettura che restituisce un virtuoso laboratorio di coesistenza

Un volume ricco di immagini racconta l’architettura e l’urbanistica della futura Capitale europea della cultura

Diana Barillari
La torre residenziale “C” Majske poljane. Foto Rinoldi
La torre residenziale “C” Majske poljane. Foto Rinoldi

Un meritato plauso al Consiglio dell’ordine degli Architetti della provincia di Gorizia che in collaborazione con l’Associazione degli Architetti del Litorale (Društvo Primorskih Arhitektov) hanno promosso il volume “Gorizia – Nova Gorica pubblicato da Gaspari editore. Architettura e urbanistica del Novecento” che raccoglie studi e ricerche sull’architettura e l’urbanistica delle due capitali europee della cultura 2025: il volume con la sua transfrontaliera dimensione – dai curatori ai progettisti – costituisce un fondamentale apporto al ricco programma delle iniziative proposte. Attraverso edifici e progetti, anche non realizzati, affiora la complessa storia di una città e un territorio, che dopo due guerre mondiali, una traumatica separazione - cortina di ferro e guerra fredda incluse – si è ricongiunto alla casa comune europea, diventando virtuoso laboratorio di coesistenza, rinsaldando un dialogo si era mantenuto attivo in virtù della comune cultura mitteleuropea.

Ponte Salcano
Ponte Salcano

Importante tassello di respiro internazionale è l’uso di tre lingue per i testi – italiano, sloveno, inglese – la partecipazione di studiosi italiani e sloveni coordinata dai curatori, Paolo Nicoloso e Luka Skansi, autori dei saggi introduttivi dedicati rispettivamente a Gorizia e Nova Gorica, affiancati da Ferruccio Luppi.

I ventuno contributi raccolgono una importante serie di studi e ricerche compiuta presso archivi e biblioteche, che offre una scientifica e aggiornata panoramica dello stato dell’arte, una moltitudine di dati e informazioni il cui valore aggiunto è di aver istituito una comune struttura di fondazione, imprescindibile per future progettazioni e collaborazioni.

Alle tante illustrazioni in bianco e nero provenienti dagli archivi, fa da controcanto l’atlante fotografico a colori (Federico Rinoldi) che, restituendo lo stato attuale, documenta i processi di trasformazione.

Le fotografie: alcuni edifici di Gorizia e Nova Gorica
Le fotografie: alcuni edifici di Gorizia e Nova Gorica

Emergono dal continuum del costruito gli architetti che hanno lasciato il segno, in primis Max Fabiani al quale sono dedicati tre saggi, la ricostruzione della chiesa del Sacro Cuore, il tormentato iter della sistemazione di piazza della Vittoria e l’emblematica vicenda del Trgovski Dom edificio polifunzionale (negozi, banca, uffici, teatro, sale riunioni) dove che la vivace comunità slovena della multiculturale Gorizia concentrava la propria vita sociale.

Il passaggio all’Italia e il regime fascista cambiano destinazione in Casa del fascio che, dopo il 1945 diventerà Casa del popolo. Con la restituzione dell’immobile alla comunità slovena, nei locali allestiti da Dimitri Waltritsch al pianterreno, è stata collocata la sezione “Damir Feigel” della Biblioteca nazionale slovena e degli studi. Intrigante il saggio che analizza il “cold case” delle ringhiere del ponte ferroviario di Salcano (1906) che recano l’impronta di Otto Wagner, in contiguità con quelle ideate per la metropolitana viennese.

Il Trgovsky dom a Gorizia di Max Fabiani
Il Trgovsky dom a Gorizia di Max Fabiani

Non avrebbe sfigurato la villa che Lasciac progettò come sua residenza sul colle del Rafut, con l’emblematico e transfrontaliero minareto a ricordo degli anni trascorsi in Egitto. Opera di Umberto Cuzzi e Giuseppe Gyra la Casa dell’ONB (1927, ora sede del liceo artistico “M. Fabiani”), la Casa della GIL di Mansutti e Miozzo (1933) e il Palazzo delle Poste di Angiolo Mazzoni (1927) insieme all’Ossario di Oslavia (1930, Adolfo Venturi) e il progetto non realizzato di Armando Brasini per il Monumento alla Vittoria definiscono il volto “italiano” della città, che rinasce dopo le distruzioni operate durante la Grande Guerra.

Cruciale il restauro del Castello di Gorizia la cui lunga vicenda ne certifica l’importanza, ma altrettanto significativo la vicenda urbanistica di Gorizia raccontata attraverso i piani di Antonio Lasciac, Max Fabiani, Luigi Piccinato, Roberto Costa e lo studio Gregotti (1905-1997).

Palazzo Opera nazionale balilla a Gorizia in una cartolina d'epoca
Palazzo Opera nazionale balilla a Gorizia in una cartolina d'epoca

Se i contributi dedicati all’architettura di Gorizia privilegiano i primi quarant’anni del ‘900, con l’eccezione del Centro scolastico sloveno ideato da Marcello D’Olivo con Marian Cefarin (1986), la Nova Gorica oltreconfine ha l’impronta di Edvard Ravnikar, allievo di Plecnik che nella configurazione urbanistica applica i principi del funzionalismo, innestando temi elaborati al Ciamcon le parole chiave di Le Corbusier, appresi direttamente durante i mesi trascorsi nello studio del maestro.

Punto di partenza della nuova Gorizia è l’asse viario della “Magistrala” situato nella piana di Salcano e parallelo alla ferrovia, elemento cardinale per disegnare l’intera griglia ortogonale della città.

Già nel 1946 l’architetto si poneva il tema di una ipotetica unificazione delle due Gorizie, ideando soluzioni che prefigurano due centri autonomi seppure collegati, in una lungimirante visione di superamento dei confini. Tra i primi edifici a essere costruito è il palazzo municipale (Vinko Glanz) oltre ai sei blocchi edilizi per appartamenti (“Ruski bloki”) di Ravnikar, poi lo sviluppo si arresta a causa della crisi economica e solo grazie ai successivi accordi con l’Italia che regolano e incrementano gli scambi commerciali transfrontalieri, il processo di sviluppo conosce una nuova stagione, che si concretizza nella realizzazione del Centro commerciale (1965, Marijan Vrtovec) e altri edifici collegati, tra i quali l’iconico Salon Meblo (1968, Kamilo Kolarič).

 

La cultura teatrale e dello spettacolo contribuisce da anni al dialogo tra le due città, a Gorizia con il Kulturni Dom di Edo Mihevic (1974) e il Centro Lojze Bratuž (1991, David Faganel) mentre a Nova Gorica ha sede il Teatro Nazionale Sloveno (1987, Vojteh Ravnikar).

Nella storia della “modernità locale” di Nova Gorica si riflette la vicenda dell’architettura jugoslava del secondo dopoguerra, che rende questa capitale europea della cultura 2025 un caso di internazionale rilevanza. —

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