Il Texas in dissolvenza di Luisa Menazzi Moretti

Il Far West che scompare: un libro e alcuni scatti selezionati in mostra a Mestre. Il passato iconico e le tensioni contemporanee. «Molte città sono dimenticate»

Costanza Valdina

C’erano una volta praterie insanguinate, musica country nei saloon, stivali impolverati, cavalli selvaggi, ranch al tramonto. Oggi, nelle zone periferiche del Texas, ci sono ancora, ma sono lo scheletro di un mondo che non può più tornare.

Assi di legno sgretolate dai tarli, strade spaccate dal sole, intonaci sbiaditi, villaggi fantasma nel grigiore bucato da sprazzi di colore di murales e vecchi cartelloni. Dall’obiettivo di Luisa Menazzi Moretti emerge ancora quel “Far Fading West”: uno Stato che va scomparendo, mentre, all’orizzonte, si scorgono nuove luci e soffiano venti sconosciuti.

Fino al 28 febbraio, nella Libreria coop di Piazza Ferretto a Mestre, sono in mostra alcuni suoi scatti selezionati ed è in vendita il libro “Far Fading West” curato da Roberta Valtorta ed edito da Artem.

Dal 2012 al 2022, in un viaggio a più riprese da Bryan-College Station verso sud, la fotografa friulana ha realizzato 170 scatti con la sua Nikon850 per conservare il sapore del suo primo incontro con la terra texana.

Luisa Menazzi Moretti
Luisa Menazzi Moretti

«Prima di viverci da immigrata, immaginavo gli Stati Uniti così come li avevo visti alla televisione: Manhattan allungata verso il cielo, le luci brillanti di Hollywood, la scompigliata libertà delle spiagge californiane, le immense onde oceaniche rotte dalle tavole da surf», racconta, «tutto questo non aveva nulla a che vedere con il Texas che ho incontrato appena scesa dall’aereo in quell’agosto del 1978: una mondo chiuso in sé stesso in cui sarei rimasta a vivere per gli anni a venire».

Da allora, quello stato ha lentamente cambiato pelle. «È un mondo che si sta sgretolando», osserva, «le ricche cittadine in cui passava la ferrovia sono ridotte a realtà dimenticate; vi vivono persone non abbienti, minoranze discriminate e relegate ai margini della società. Le poche occasioni di socialità ruotano attorno a un McDonald’s, un discount e una chiesa. Centri che spesso rischiano di essere sopraffatti dalla criminalità, abbandonati, tagliati fuori dalle città che crescono a dismisura».

Nell’ultimo decennio, l’American Dream si è rimesso in marcia, fedele alla tradizione che vede gli americani non privi di radici, ma capaci di trapiantarle dove possono continuare a cambiare e crescere. La bussola non indica più la California, ma il Texas. «Rappresenta così tanto dell’America moderna, il Sud, l’Ovest, le pianure, il confine, la comunità latina, il divario tra aree rurali e città, ciò che accade qui tende a influenzare in modo sproporzionato il resto della nazione», riflette il premio Pulitzer Lawrence Wright, «ha la responsabilità di essere il futuro».

La metamorfosi economica, culturale e demografica non è del tutto compiuta: in Texas, per ora, convivono due anime. Proprio come la fotografia di Menazzi Moretti in cui un cowboy procede lentamente, in sella al suo cavallo, lungo una desolata autostrada di Houston.

«Al suo passaggio», racconta, «ho colto il divario tra un mondo modernissimo e uno quasi in via d’estinzione. È sempre più raro imbattersi nei cowboys. King Ranch ne è rimasta l’unica autentica roccaforte, custode di una lunga tradizione iniziata con i “vaqueros”».

Scatto dopo scatto, la fotografa indaga ed immortala gli angoli dimenticati di una terra sconfinata. Dai ricordi perduti di giovanissimi immigrati alle croci bianchi e spoglie dei condannati a morte, marcate solo con la data di esecuzione.

«Questo scatto mi riporta al mio precedente reportage “Ten Years and Eighty-Seven Days” incentrato sulla lenta asfissia delle persone che attendono d’essere giustiziati nel carcere di Livingston», spiega, «è un lavoro più concettuale, in cui sono ho cercato di rappresentare visualmente le loro parole. Ho approfondito oltre cinquecento casi, scoprendo che la maggior dei condannati ha tra i quattordici e i diciotto anni. Gran parte è senza una famiglia alle spalle e si ritrova già a tredici anni con le armi in mano». Menazzi Moretti fa propria l’espressione di John Steinbeck del Texas come «stato mentale».

«È una mistica che si avvicina parecchio alla religione. E questo è vero nel senso che la gente lo ama appassionatamente, oppure lo odia con altrettanta passione», racconta lo scrittore statunitense tra le pagine di “Viaggio con Charley”, «e come accade in altre religioni, pochi s’azzardano a studiarlo razionalmente, per timore di perdere il sostegno del mistero e del paradosso». Menazzi Moretti, però, non arriva a destarlo o amarlo. «Ho sempre ripetuto a mia madre che il Texas è stata la mia India», conclude, «questa vastità, questa decadenza, questo silenzio sono un’esperienza mistica di cui non mi stancherò mai».

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