Quando la scienza entra in scena

Domenica al Toniolo di Mestre “ Le parole della salute circolare”. Un ritorno alle origini della vera medicina, con Ilaria Capua e il musicista Lodo Guenzi

Costanza Valdina

 

«Siamo tutti interconnessi e dobbiamo consideraci come vasi comunicanti. Ognuno con la sua forma e le sue caratteristiche, ma tutti uniti dal filo della salute circolare».

Ilaria Capua non ha dubbi: «la scienza da sola non basta». Bisognerebbe tornare alle origini e riconsiderare la visione proposta agli albori della medicina: un approccio circolare e di sistema, spoglio dall’iperspecializzazione verticale, in cui l’essere umano deve essere in equilibrio con il resto del pianeta.

Com’è nata l’idea di “salute circolare?

«Nel 2016, quando l’epidemia di Zika minacciò le Olimpiadi di Rio, rimasi colpita dall’impatto che una malattia emergente potesse avere su un evento sportivo di portata mondiale, incidendo su aspetti fondamentali come la circolazione delle persone, le misure di sicurezza e l’organizzazione degli alloggi. Questa consapevolezza mi spinse ad una riflessione più ampia: la gestione delle malattie non può essere affidata esclusivamente agli scienziati, ma richiede necessariamente il coinvolgimento di figure esterne al mondo scientifico».

Cosa significa “salute circolare?

«Per sviluppare il concetto di circolarità, in cui è protagonista l’effetto domino, ho preso le mosse dalla visione degli antichi greci, secondo cui la nostra salute è governata da acqua, aria, terra e fuoco. Tutto è interconnesso. La terra ci sfama ed ospita animali di cui ci nutriamo e da cui possiamo contrarre malattie. Dal momento che l’80% del cibo che consumiamo è di origine vegetale, la salute delle piante, così come quella del suolo, è cruciale e strettamente legata alla qualità dell’acqua. Un’acqua contaminata compromette la biodiversità marina e gli oceani, essenziali per la nostra sopravvivenza, ospitano lungo le loro coste il 70% della popolazione mondiale. Le piante marine assorbono CO₂ in concentrazione venti volte più elevata delle foreste. L’inquinamento dell’aria ha intensificato gli uragani che non solo sono distruttivi ma trasformano gli ecosistemi con la diffusione di pollini e malattie delle piante. Un tempo gli incendi erano fenomeni circoscritti e controllati. Oggi sono catastrofi su larga scala e producono polveri sottili che costringono gli esseri viventi a migrazioni improvvise. Viviamo in un terrario, un ecosistema chiuso, privo di valvole di sfogo. Ogni elemento è connesso agli altri in un equilibrio fragile che abbiamo il dovere di proteggere».

Per promuovere una visione di scienza “open source” è necessario adottare un linguaggio che sappia parlare a tutti?

«Lo spettacolo che porteremo a teatro nasce proprio da questa esigenza. Vorremmo parlare di scienza con uno spirito leggero e offrire spunti di riflessione. Il nostro pianeta deve affrontare una trasformazione epocale. Nel 2024 il riscaldamento globale ha superato di un grado e mezzo la temperatura dei livelli preindustriali, con impatti diretti sull’intero equilibrio del pianeta. Per affrontare questa sfida, è fondamentale dare spazio alle azioni dei singoli. Anche semplici gesti quotidiani possono generare un turbine positivo: raccogliere una bottiglietta caduta per strada è un piccolo contributo e, se ripetuto, può innescare un cambiamento concreto».

Dunque la scienza da sola non basta?

«No. Lo dimostrano le storie che porteremo sul palco: racconti di grandi menti capaci di guardare oltre. Basti pensare che il microscopio, una delle più grandi invenzioni della scienza, non è nato in laboratorio ma dalla curiosità del commerciante di tessuti Antoni van Leeuwenhoek. Per analizzare la qualità delle fibre, sperimentò delle lenti e finì per scoprire dettagli invisibili, come la zampa di un insetto».

A cinque anni di distanza, cosa ci ha insegnato la pandemia?

«Ci ha insegnato a riconoscere la nostra vulnerabilità. Siamo parte del mondo animale e, per un virus, le caratteristiche umane sono irrilevanti: gli basta trovare un ospite per diffondersi. Abbiamo compreso che nessuno si salva da solo. E, soprattutto, che le pandemie non sono eventi eccezionali o remoti. Al contrario, con la crescita della popolazione e l’intensificazione degli allevamenti, il rischio di emergenze sanitarie è destinato ad aumentare. Non abbiamo ancora adottato una visione sistemica che riconosca la nostra dipendenza dagli equilibri della natura. 

Dove quando

Teatro Toniolo - Piazzetta Gian Francesco Malipiero, 1, Mestre VE

domenica, 16 febbraio 2025 alle ore 11:00

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