Stanze del Vetro: alle origini della sperimentazione

All’isola di San Giorgio, a Venezia, apre una nuova mostra. Al centro il periodo tra le grandi guerre del ’900, anni di grande fervore

Silvia Menetto

1932-1942, l’Italia tra le due guerre vive un periodo complicato, ma a Venezia, per il comparto del vetro, è un momento di grande fermento e creatività. Le fornaci muranesi iniziano a produrre oggetti che non hanno più solo a che fare con la tavola o con l’illuminazione ma provano nuove tecniche, forme e lavorazioni, per dare vita ad oggetti che diventano vere e proprie opere d’arte e di design.

Alla più spinta sperimentazione sulla materia e sul colore concorrono le collaborazioni con artisti e designers che le ditte ingaggiano con sempre maggiore frequenza: è il caso di Flavio Poli, che collabora con la Barovier Seguso Ferro, poi Seguso Vetri d’Arte; del pittore Dino Martens, che lavora prima con la Salviati & C. e poi con la Aureliano Toso; di Mario De Luigi che firma i suoi lavori per la Salviati & C. con lo pseudonimo di Guido Bin. Su tutti poi spicca lo straordinario sodalizio della Venini con Carlo Scarpa.

Anni magici per il vetro di Murano dunque, che spingono la Biennale di Venezia a decidere di dedicare un intero padiglione alle cosiddette arti “decorative”, valorizzando soprattutto la produzione veneziana di vetri, merletti e mosaici.

Nel 1932 viene così realizzato il Padiglione Venezia, su disegno dell’architetto Brenno del Giudice, in un terreno al di là del ponte dei Giardini, a Sant’Elena. E’ la svolta: il vetro di Murano comincia ad avere rilievo ed eco internazionale e da questo momento si innesca una continua gara tra vetrerie per portare all’esposizione d’arte della Biennale il meglio della produzione.

Di questo fantastico decennio, racchiuso tra l’inaugurazione del Padiglione Venezia e l'interruzione forzata della Biennale nel 1942, a causa del secondo conflitto mondiale, fa una sorprendente narrazione la mostra che si apre domenica 13 aprile a Le Stanze del Vetro sull’isola di San Giorgio, a Venezia.

Secondo capitolo del ciclo di mostre dedicato alla presenza del vetro muranese all'esposizione internazionale “1932-1942. Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia” è curata sempre da Marino Barovier con Carla Sonego, un binomio che in questi anni ci ha abituato ad esposizioni raffinatissime e che anche questa volta non delude.

Colpisce, prima di tutto, l’allestimento, che gioca sul contrasto tra i colori sgargianti delle opere esposte nelle teche e le fotografie - in rigoroso bianco e nero e a grandezza naturale - delle vetrine allestite all’epoca all’interno del Padiglione Venezia. E poi la “galleria della memoria” come la chiama Barovier, con i filmati dell’Istituto Luce che ci riportano a quella Venezia di quasi un secolo fa.

Il percorso espositivo attraverso 160 opere, molte delle quali prestate da musei americani e da collezioni private, è una sorta di enciclopedia di ditte produttrici e di tecniche esecutive: dalle figure in pasta vitrea di Napoleone Martinuzzi realizzate con Francesco Zecchin, alle coppe e ai vasi “Turchese e nero” di Tomaso Buzzi per Venini, agli esperimenti in vetro musivo di Guido Bin (Mario De Luigi) per Salviati, che porteranno anche alla realizzazione di un pezzo unico ed eccezionale, “Il bagno” (1932), un mosaico a tessere di pasta di vetro realizzato con l’amico Carlo Scarpa.

Un’intera stanza è dedicata ai massicci vetri “gemmati” e “crepuscolo” realizzati da Ercole Barovier per le Biennali del 1936 e 1938; ma c’è spazio anche per la leggerezza dei soffiati trasparenti creati da Vittorio Zecchin per AVEM (1932). Tra le fornaci e le ditte che in quel decennio dimostrarono le straordinarie possibilità del vetro muranese sono esposte anche la Cirillo Maschio, la Moretti Ulderico & C., la S.A.I.A.R. Ferro Toso, la Fratelli Toso, la V.A.M.S.A. e la S.A.L.I.R. Un'esposizione che fa dire “incredibili quegli anni” e che nelle intenzioni dei promotori - Pentagram Stiftung e Fondazione Giorgio Cini - vorrebbe riportare la produzione artistica vetraria alla ribalta della Biennale, per continuare a creare bellezza attraverso questo materiale straordinario al quale si avvicina un numero sempre maggiore di artisti che, grazie alla collaborazione con i maestri vetrai muranesi, riescono ancora a creare preziose opera d’arte. —

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