“M. La fine e il principio”: Mussolini non finisce con la sua morte

Da martedì 8 aprile in libreria il quinto volume del romanzo di Scurati: dall’arresto alla fine del duce e oltre, perché il suo cadavere continua ad agire

Nicolò Ippolito Menniti
La copertina del libro e, a destra, una scena tratta dalla serie televisiva M - Il figlio del secolo di Sky
La copertina del libro e, a destra, una scena tratta dalla serie televisiva M - Il figlio del secolo di Sky

Comincia con l’urlo di una scimmia, durante i bombardamenti di Milano dell’agosto del 1943, il quinto e ultimo volume del “romanzo documentario” che Antonio Scurati ha dedicato a Mussolini. M. La fine e il principio (Bompiani, 416 pagine, 24 euro), che sarà da martedì 8 aprile in libreria, si muove sulla scia dei quattro libri precedenti: le scimmie dello zoo in libertà durante i bombardamenti sono documentate in una serie di foto, quello che fa però Scurati è dare loro una vita, sia pure letteraria, renderle concrete per il lettore, farle uscire dalla freddezza della documentazione per raccontare la violenza delle bombe, delle fiamme, della città ferita.

Questa operazione, questo continuo andare a venire tra i fatti e la loro narrazione resa carne, è in fondo la scommessa di Scurati in tutta la pentalogia mussoliniana: quello che fa arrabbiare alcuni e applaudire altri, quello che divide i lettori ma anche gli storici, che non riuscendo a scindere “romanzo” e “documentario” amano soffermarsi su imprecisioni e piccoli anacronismi perdendo di vista il senso complessivo, che in questo quinto volume appare molto chiaro.

Il libro racconta un anno e mezzo, o poco più: dalla notte del 28 luglio del’43, quando Mussolini vien portato a Ponza, la prima tappa della sua detenzione, al 28 aprile del’45, quando viene ucciso. In mezzo ci sono dunque l’armistizio dell’8 settembre, l’invasione nazista dell’Italia, la nascita della Repubblica di Salò, la guerra partigiana, l’avanzata degli alleati, le stragi nazifasciste.

Eventi enormi, ma vissuti da un Mussolini rimpicciolito, ormai privo di orizzonte, emaciato nel fisico e nella psiche: un duce che ormai si lascia condurre – come continua a ripetergli nelle sue lettere Claretta Petacci, che spera in questo modo di spronarlo a reagire. Scurati racconta, soprattutto in queste ultime pagine della pentalogia, Mussolini attraverso il suo corpo, quello vivo e quello morto, seguendo una storiografia che sul “corpo del Duce” ha scritto pagine rilevanti. Ed in questo ritorno al corpo, questa volta prostrato, c’è anche la circolarità dell’intero progetto. Non è un caso se questo quinto volume si intitola “La fine e il principio”.

C’è, nel racconto di Scurati, il ripartire del fascismo da Milano, da Piazza San Sepolcro in cui era nato; il ritorno dei primi squadristi, che durante il regime si erano, o erano stati, eclissati; il riemergere delle istanze sociali abbandonate nel ventennio. È come se tutto provasse a ripetersi, ma in modo più stanco, con protagonisti invecchiati e incattiviti, con il sospetto che si tratti ormai di una tragica farsa, come lo stesso Mussolini confessa in qualche sua lettera. Mussolini non è più l’abile burattinaio di un tempo, il fascismo si è scomposto in uno squadrismo privo di controllo, che incorpora i criminali e lascia loro mano libera.

Alcuni compaiono in queste pagine nella loro complessità psichica, come Franco Colombo che comanda la Legione Muti, ma compaiono anche vittime come Liliana Segre che parte dal binario 21 della stazione di Milano. ù

L’idea è quella dell’affresco che fa comparire intorno a Mussolini, che continua ad occupare il centro, situazioni e personaggi che non esauriscono certo la storia dei mesi più difficili della Storia italiana, ma ne suggeriscono una lettura. Il fascismo inizia di nuovo e finisce di nuovo, ma non per l’ultima volta. Perché nelle ultime due pagine (della storia di M, ma non del libro) Mussolini ormai cadavere a Piazzale Loreto riprende la parola, ripete, il suo “sono come le bestie: sento il tempo che viene”.

E quello che sente è che la sua storia non è finita, che proprio il suo corpo dilaniato e dileggiato dalla folla, gli permetterà di non finire nell’oblio. Paradossalmente quel coraggio di morire da eroe, che gli è mancato, gli viene riconsegnato dalla violenza che ha inculcato nelle persone ma di cui ora appare vittima.

Scurati in queste ultime pagine spiega il senso della sua avventura letteraria lunga più di tremila pagine. Mussolini non finisce con la sua morte, il fascismo rimane come un’ombra presente in tutta la storia successiva, quel cadavere continua ad agire, è una pagina aperta, una minaccia, una possibilità accantonata, non una pagina chiusa.

E neppure il libro in realtà finisce con la morte di Mussolini, perché questa volta Scurati ha voluto aggiungere, quasi a mo’ di appendice (un centinaio di pagine), una sorta di “libro dei morti”, una galleria di personaggi minori che hanno accompagnato la storia di Mussolini e del fascismo. Brevi biografie che raccontano soprattutto (ma non solo) i diversi volti del fascismo, le sue contraddizioni, la sua intrinseca tragicità.

Personaggi come Bombacci, comunista e fascista, che vorrebbe Lenin e Mussolini a braccetto. O come Leandro Arpinati fascista e antifascista, ucciso per il suo passato mentre combatteva per un futuro diverso. Ma anche il volto violento di Pavolini e Farinacci, quello a suo modo onesto di Vincenzo Costa, quello drammatico di Renzo Ravenna per dodici anni podestà fascista di Ferrara che le leggi razziali rendono improvvisamente un nemico. L’unica viva di questa galleria è Liliana Segre, la vittima prima, la testimone poi, il monito ora.

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