Natale a tavola, a Nord Est vince la tradizione: purché… farcita
In famiglia o al ristorante, voglia di piatti semplici e genuini. Dai tortellini al musetto, dalla polenta al cappone, i menu ripropongono gli ingredienti di una volta, rielaborandoli
Saranno circa 5,4 milioni gli italiani che pranzeranno al ristorante a Natale, avverte la Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, analizzando le prenotazioni per il 25 dicembre, che in molti locali hanno fatto registrare il sold out già da parecchie settimane.
Anche se continuano a crescere coloro che optano per il pranzo di Natale fuori dai confini domestici (+3% rispetto al 2022, ma va considerato che all’epoca c’era ancora il Covid), sono tante le case in cui il Natale sarà celebrato con pranzi fastosi, al di là delle ragioni economiche che spingono a non scegliere il ristorante, dove – avverte ancora la Fipe – la spesa stimata rispetto allo scorso anno è in crescita del 5,8%.
Sono case che in questi giorni cambiano odore, riempiendosi dei profumi di pietanze dalle lunghe cotture che già da sole dichiarano che siamo alla vigilia della “festa delle feste della tavola”, ma anche della festa dei prodotti di stagione e del territorio, proprio quelli che oggi definiamo della tradizione ma che fino a qualche decennio fa erano gli unici disponibili.
E quindi quella in cui i piatti “classici” sono una parata di paste ripiene di verdure di stagione o di carni a km0 ante litteram – siano esse cjarsons, casunziei o gli intramontabili “pasticci”; di musetti accompagnati da brovada o da cren; di bolliti con le salse realizzate con la ricetta “della nonna”; di capponi ripieni di altre carni o di radicchi rossi dell’inverno, come il Tardivo di Treviso o la Rosa di Gorizia.
Perché il pranzo di Natale, in tutto il Nordest ma non solo, offre sempre una grande varietà di scelta nell’ambito della tradizione, ma l’enfasi sui piatti farciti è il vero filo rosso tra tutti, rispecchiando il desiderio di abbondanza e la possibilità di utilizzare al meglio i prodotti dell’inverno.
Il desiderio di condividere la tavola con gli affetti più cari, poi, fa anche diventare spesso il pranzo di Natale un momento in cui i palati più curiosi rinunciano alla perenne ricerca di novità per celebrare la rassicurante tradizione che evoca ricordi anche lontani di altri pranzi casalinghi, con la riproposizione di ricette che sembrano rinsaldare legami familiari e generazionali.
“Sembrano”, certo, perché non è sicuramente “il consommé della nonna” condiviso con parenti che si vedono solo a Natale a consolidare le relazioni. Ma il cibo offre la confortante illusione di una sospensione temporale degli affanni che a Natale ci si può anche regalare, sia a casa sia al ristorante.
Lo sa bene, ad esempio, Gabriella Cottali Devetak, cuoca della Lokanda Devetak di Savogna d’Isonzo: «I nostri ospiti del pranzo di Natale sono in gran parte clienti abituali, che qui vengono per stare con la loro famiglia ma anche un po’ con la nostra, che gestisce questa locanda dal 1870. Anche per questo ho pensato per loro un menu ispirato alla tradizione ma con qualche innesto creativo, per non proporre solo piatti che già conoscono». Ed è una tradizione “di confine”, la sua, che declinerà di conseguenza: «L’antipasto sarà una “Zuff”, l’antica farinata che sfamava i più umili durante i periodi di guerra, che serviremo con una ricotta fresca, sedano rapa e pepe rosa: prodotti locali e qualche eco contemporaneo per portare ad oggi un piatto antico».
Non mancherà il classico brodo, ma non con i tortellini come si usa in molte regioni d’Italia, bensì con le tagliatelle di palacinke, le crespelle locali, servite con della carne di manzo. Così come non mancheranno il cappone natalizio e una polentina di mais dente di cavallo, coltivato anticamente nella pianura friulana, che accompagnerà un petto di quaglia con la Rosa di Gorizia.
Tutti prodotti del territorio, ma anche ricette tradizionali rivisitate per offrire qualcosa di nuovo ma non troppo innovativo. Tanto che, quest’anno – e per la prima volta – Gabriella “azzarderà” un nuovo dessert: «Non proporrò la gubana o la putizza, i nostri dolci tradizionali del Natale, ma un dolce natalizio creative. Realizzato, però, con il pandoro e il torrone come guarnizione, perché comunque la tradizione, anche se non proprio locale, a Natale va sempre onorata».
Anche lo chef Andrea Stella, nella sua Trattoria dalla Libera di Sernaglia della Battaglia, in provincia di Treviso, per il pranzo di Natale proporrà piatti tradizionali rivisitati con un omaggio alla storia dei più umili. «Ho testato a lungo nuovi piatti come la Sfera di mais Biancoperla, panna e aringa, che altro non è che la rielaborazione della “polenta con la ‘renga”, e sono andato personalmente a cercare il fungo “dea brosa”, ossia il Collibia Vellutipes, che cresce nei boschi invernali, per creare una lasagna di pane che ricorda anch’essa la cucina “con quel che c’è” di tante generazioni vissute in povertà».
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