Nolde, tra Battiato e Fabi: «Non mi sento arrivata, ma che bello questo tour»

La cantautrice toscana è stata la rivelazione del 2024. «Scrivo sempre. E che magia quando arriva un’idea»

Cristiano CadoniCristiano Cadoni
Emma Nolde è in tour con il suo "Nuovospaziotempo": il 6 marzo fa tappa al New Age di Roncade (foto L. Stefanini)
Emma Nolde è in tour con il suo "Nuovospaziotempo": il 6 marzo fa tappa al New Age di Roncade (foto L. Stefanini)

Tre dischi in quattro anni, l’Uno Maggio a Taranto, l’apertura del concerto di Fabi Silvestri Gazzè davanti a 50 mila persone al Circo Massimo, il riconoscimento di “miglior disco 2024” del circuito Indie music like del Mei per “Nuovospaziotempo”, il suo ultimo album uscito nell’autunno scorso. Ma Emma Nolde, 25 anni, ha ancora l’aria di quella che sale sul palco e si presenta, perché è molto probabile che ci sia qualcuno che non la conosce. Eppure attenzione: tra le cose migliori che sono successe alla musica italiana negli ultimi anni c’è il suo lungo impetuoso esordio che si è tradotto in tre dischi molto diversi l’uno dall’altro, figli di una ricerca appassionata, sia nei testi che nei suoni. Il prodotto non è passato inosservato, tant’è che il tour partito a novembre ha infilato una lunga serie di sold out, due volte a Milano, una a Roma e una a Bologna. E quando al traguardo mancano solo cinque serate, domani Emma Nolde sarà al New Age di Roncade (biglietti ancora disponibili).

 

Ci sarà stato, in mezzo a quest’ultimo anno bellissimo, un momento in cui ha pensato: ok, ho svoltato.

«No e spero che non arrivi mai quel pensiero. Ho pensato spesso, invece, che abbiamo fatto un bel lavoro».

Tre dischi in quattro anni sembrano una concessione al mercato che chiede tanto e in fretta. Invece si sente che sono dischi sinceri, dettati da una urgenza vera. Che forse era quella di arrivare quanto prima a una musica che la raccontasse fedelmente. È così?

«Sono in piena evoluzione, soprattutto dal punto di vista musicale. Ma sono sempre io, vengo dallo stesso posto, avevo bisogno di mettermi a fuoco. Il primo disco si reggeva tutto sulle canzoni, l’ho fatto con amici, è meno definito rispetto ai successivi e si sente, ma avevo tante cose da dire. La scoperta musicale è arrivata dopo, ma io credo che fra tre dischi sentirò che anche quest’ultimo non mi rappresenterà più».

Nuovospaziotempo è una presa d’atto che le nostre vite sono condizionate da strumenti che interferiscono con lo spazio e con il tempo. Cosa salva e cosa la infastidisce di questa invasione tecnologica?

«Salvo le videochiamate con le persone care che non vedo spesso. Soffro l’ossessione della reperibilità, nel lavoro ma anche nelle relazioni. Non ci scambieremmo tanti messaggi se non avessimo il telefono e questo forse vuol dire che non sono tutti necessari».

Il disco ha l’impeto di “Jagged little pill” di Morissette e la sincerità di “Una somma di piccole cose” di Fabi. Qual era il suo riferimento quando l’ha scritto?

«Il riferimento di modo era “La voce del padrone” di Battiato. Non perché volessi fare una cosa simile ma per il modo di scrivere canzoni, con quella profondità, quella forza, ma la stessa semplicità».

Emma Nolde (foto Lorenzo Stefanini)
Emma Nolde (foto Lorenzo Stefanini)

Com’è lo spaziotempo di un tour?

«È bellissimo e strano. A casa - io vivo in campagna - sono in quel posto e devo prendere la macchina per spostarmi. In tour siamo sempre in giro. L’altro giorno mi sono addormentata in viaggio, ho aperto gli occhi ed eravamo un Puglia. Suono in città che non vedo, prendo l’energia dal pubblico. E Terlizzi alla fine è bella come Bologna».

Lei appartiene a quel territorio di cantautorato sempre meno affollato. Molti suoi colleghi coetanei fanno cose diverse: chi le piace?

«Lamante, Ginevra, Bnkr44, Thru Collected...».

...e di Sanremo cosa le è piaciuto?

«Lucio Corsi, Brunori e Joan Thiele. Ecco, lei mi piace molto».

Lei ha iniziato a cantare in italiano dopo aver ascoltato Fabi. E poi si è trovata in studio con lui. Com’è stato?

«Bellissimo, assurdo. Lui è proprio come sembra dalle canzoni e non era scontato. Una persona sensibile, che ascolta. Ci siamo seduti di fronte, per fare “Punto di vista”, abbiamo iniziato ad arpeggiare e io cercavo di contenermi perché era un sogno che si realizzava. Ma era tutto naturale, spontaneo».

Come funziona il suo processo creativo?

«Io scrivo sempre, ho il pensiero costante per la canzone. E il momento dell’idea è magico. Poi mi servono momenti vuoti per mettere insieme le cose. Quando si arriva al punto di registrare e magari ci vogliono sei ore per un pezzo di chitarra diventa più faticoso».

Ha confessato di voler scrivere un libro di poesie. A che punto è?

«Spero di esserne capace, un giorno. Adesso sto cercando di leggere poeti classici e sto fallendo. Io di solito leggo De Luca. Arminio, Szymborska, passare a Montale non è facile. Ma ci provo».

Come sta andando il tour? E qual è il pezzo che sorprende di più nel passaggio dal disco al live?

«Il tour alla grande, non ci aspettavamo che andasse così quindi è ancora più bello. Il pezzo? Universo Parallelo era difficile da portare in concerto, invece funziona molto bene». —

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