Pfm canta De André: «Con lui una miscela esplosiva»
La band pioniera del rock progressivo nei teatri con il tour dedicato a Fabrizio De André. Di Cioccio e Djivas: «Abbiamo creato musicalità per i suoi testi poetici»
Pfm, band pioniera del rock progressivo italiano, tornerà a Mestre con il tour “Pfm canta De André” mercoledì 18 dicembre, alle 21, al Teatro Corso di Mestre (biglietti su TicketOne).
Il sodalizio tra De André e la band risale agli anni sessanta quando Mussida, Di Cioccio e soci, che si facevano chiamare ancora Quelli, avevano suonato nell'album “La buona novella”.
Tra i protagonisti della band, ecco Franz Di Cioccio e Patrick Djivas.
Siete emozionati a tornare con il tour a 20 anni dalla prima volta e a 45 anni dalla tournée con Faber?
Di Cioccio: «Siamo molto felici perché si tratta delle canzoni di Fabrizio che all’epoca abbiano arrangiato. Anche al pubblico piace riscoprire quella musica».
Djivas: «È fantastico come, dopo tanti anni con questo format, facciamo tanti tutto esaurito».
Gli arrangiamenti della Pfm del 1979 sono stati ripresi dal vivo dallo stesso De André.
Di Cioccio: «Quando Fabrizio ci ha dato le canzoni così com’erano, nude e crude, abbiamo creato musicalità al servizio dei suoi testi poetici».
Djivas: «C’è anche da dire che il nostro lavoro sugli arrangiamenti ha reso le canzoni di Fabrizio molto popolari. Lo seguiva un cerchio abbastanza chiuso, intellettuale, era popolare per avere dato La canzone di Marinella a Mina. Poi, con gli arrangiamenti che abbiamo fatto e col suo modo di interpretarli è diventato estremamente popolare. È stata la ciliegina sulla torta che ha fatto sì che Fabrizio diventasse il più grande cantautore che l’Italia abbia conosciuto».
Il primo incontro della Pfm, quando ancora vi chiamavate i Quelli, con De André fu nel 1970 per la registrazione di “La buona novella”.
Di Cioccio: «Con Fabrizio ho trovato l’anima gemella perfetta. Era un cantautore con una capacità letteraria molto forte e noi, che giravamo il mondo con il rock, insieme abbiamo costituito una miscela esplosiva».
La Pfm ha collaborato anche con Lucio Battisti, cosa ricordate di quel periodo?
Djivas: «C’è stato un momento in cui c’era l’idea di fare una collaborazione Lucio e Pfm, simile a quella fatta con Fabrizio. Due concerti, uno allo Stadio di San Siro di Milano e uno all’Olimpico di Roma per registrare un album dal vivo. Eravamo d’accordo, ma alla fine non se n’è fatto niente, forse perché lui non stava vivendo uno dei suoi periodi migliori».
La Pfm negli anni Settanta ebbe successo in tutto il mondo, il caso dei Måneskin vi sembra paragonabile al vostro?
Di Cioccio: «Non è facile fare paragoni, il tempo passa, cambia il pubblico, la passione per la musica e il modo di comunicare. Abbiamo fatto molto bene, stanno andando bene anche i Måneskin: bisogna aspettare un po’ per capire se si tratta di una fase o è destinata a durare».
Djivas: «Con la comunicazione veloce che c’è oggi i Måneskin hanno fatto parlare subito di sé in tutto il mondo per aver aperto un concerto dei Rolling Stones. Noi abbiamo suonato a un festival davanti a 280.000 persone prima di Emerson Lake & Palmer e degli Allman Brothers e in Italia non lo sapeva nessuno. Abbiamo fatto 6.500 concerti, di cui almeno 600 in America, ma lo sanno in pochi».
Nel 1971 Mogol firmò con voi il primo successo “Impressioni di settembre”: una scelta o un’imposizione?
Di Cioccio: «All’epoca non c’erano tutte le possibilità di oggi di scegliere. Mogol era uno di quelli che poteva aiutarci a esprimerci con un lavoro letterario. La Pfm però ha sempre fatto di testa sua, non ha mai subito nessuna imposizione».
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