Red Canzian: «Cento parole per raccontarmi»
La vita del bassista e cantautore dei Pooh diventa un libro con un alfabeto pieno di ricordi. Lui intanto è volato in Cina per accompagnare il tour del suo musical Casanova
Poco meno di 350 pagine animate dalla stessa passione contenuta nella sua musica, ma non definibili come una classica autobiografia. Con “Centoparole. Per raccontare una vita”, Red Canzian è arrivato in libreria da due mesi con una borsa di ricordi e di pensieri dedicati a se stesso, alla sua famiglia per regalare riflessioni ai lettori. Il cantautore e bassista trevigiano dei Pooh, in questi giorni in Cina con il suo “Casanova”, si racconta fra ricordi e nuove emozioni.
Casanova è sbarcato in Cina: sensazioni?
«Ci sta rendendo orgogliosi. È la prima volta che un musical italiano arriva qui, il fascino veneziano ha un grande appeal. Il 14 dicembre siamo partiti in più di cinquanta e abbiamo debuttato il 18 dicembre a Shangai: un totale di dieci spettacoli prima di spostarci a Xiamen, con la felicissima centesima replica di “Casanova” dell’1 gennaio. Il mio lavoro è stato accolto con entusiasmo, la bellezza italiana che abbiamo portato è stata apprezzata e sono arrivati giudizi commoventi sulle mie musiche».
Cento parole per riassumere una bella fetta di cammino. Come va il libro?
«Riprenderò le presentazioni il 17 gennaio dalla libreria Palazzo Roberti di Bassano, per poi proseguire nel sud Italia; ho usato la mia storia non per mettermi in mostra quanto piuttosto per regalare suggestioni che spero possano servire a chi mi leggerà. Ho sempre dato valore alle parole: possono ferire, far stare bene, mettere allegria, distruggere. Io non mi posso definire uno scienziato o un esperto di etimologia, ma ho condotto piccole ricerche cercando innanzitutto di comprendere cosa rappresentassero per me».
Ha voluto trasmettere qualche messaggio?
«Ho voluto raccontare la mia vita porgendola come una fonte di ispirazione, infondendo il coraggio di vivere senza paura. Sono preoccupato per la società e per i giovani, gli abbiamo lasciato un mondo devastato. Nel mio piccolo cerco di lanciare un segnale perché ci si può mettere d’impegno per migliorare senza temere il giudizio degli altri. Nel libro descrivo come sono partito, da zero, sottolineando che ho creduto in quello che volevo fare sostenendo i miei sogni».
A quali parole è più affezionato?
«C’è un ordine alfabetico, dettato dall’emotività di ogni momento. Abbracci è la prima, e mi ricorda Bea (la moglie Beatrice Niederwieser, ndr). Umiltà, Gratitudine: mi assomigliano. Ci sono anche quelle buffe: nel capitolo “Look” descrivo le maniere oscene e improponibili in cui mi sono abbigliato durante la mia vita. Cancellare è importantissima, così come i Colori sono quelli che dipingo e anche il Dolore. L’ho vissuto con partecipazione e profondità. C’è la Meraviglia, perché mi sento ancora un Peter Pan che ha voglia di crescere con la volontà costante di sorridere, passatami da mio padre. Il Tempo è un bene prezioso che insegna a incasellare le pratiche e i sogni, ad accarezzare gli sbagli. Il Passato non mi ha mai interessato molto, Oggi è il giorno più importante».
Cosa rappresenta per lei la scrittura?
«Inizio sempre con pensieri parziali. Per queste pagine ho lavorato un anno, come fossero un faro puntato sull’interiorità, tirando fuori la mia passione per la psicologia assaggiata all’Università di Padova, materia che mi piaceva tanto. Scrivere è amore: ho riscoperto le mie avventure per condurre chi mi leggerà a confrontarsi con se stesso».
A chi è indirizzato questo libro?
«A chiunque: è facile da leggere anche se racconta cose importanti, ma mi piacerebbe che venisse assorbito dai ragazzi. Dare speranza è fondamentale: non sono partito da chissà quali altezze, ma tra mille difficoltà ce l’ho fatta e ho avuto una delle fortune più grandi, avere i miei genitori come primi fan».
Nel 2025: venticinque anni con Bea. Nel 2026: sessanta con i Pooh. Come vive queste ricorrenze?
«Mi sembra la storia di un altro. Il tempo ha un modo tutto suo di accompagnarci: faremo forse una bella festa per celebrare il venticinquesimo invitando gli amici presenti al matrimonio nel 2000. Se poi rifletto sui Pooh, con cui di anni ne ho passati 53, viene quasi da ridere: ho visto quasi più i miei compagni di band che non i miei cari, ma posso dire che siamo una bella famiglia».
Il 2024 è stato l’anno di Marco Polo. Dopo Casanova le piacerebbe lavorare a un musical su di lui?
«È stata una delle prime cose a cui ho pensato: un altro bellissimo veneziano da raccontare. Certo, sarebbe molto costoso, ma dopo aver visto di recente in mostra i costumi d’epoca la voglia è aumentata ancora. Per ora diciamo che è un mezzo sogno, di quelli importanti».
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