Sanremo 2025, abbiamo ascoltato in anteprima le canzoni. Ecco i nostri voti
Il Festival della canzone italiana targato Carlo Conti suona al ritmo dell’urban pop: ecco i trenta brani in gara all’Ariston da Gabbani a Noemi, da Elodie a Fedez, Francesca Michielin e Cristicchi
Sanremo 2025 suona al ritmo dell’urban pop. Dimentica le guerre che infuriano in una parte sempre più consistente di mondo. Si tiene lontano dalle discussioni che vedono incrociarsi vita e società. E canta d’amore.
«Forse per sfuggire alle cose gravissime che ci circondano e rifugiarsi nei rapporti personali», dice Carlo Conti, di ritorno all’Ariston nella doppia veste di conduttore e direttore artistico dell’edizione numero 75 del Festival di Sanremo. Assicurando però – e ci mancherebbe – che non ci sarà censura: nessun artista ha presentato brani “impegnati”. E allora «il macromondo lo affronteremo con gli interventi esterni».
A proposito di ospiti: nella seconda sera arriverà Damiano David, (ex?) frontman dei Måneskin.
La musica, allora: trenta canzoni – «Non me la sono sentita di selezionarne solo 24, i brani in gara meritano tutti il palco dell’Ariston» si “giustifica” Conti, ripetendo il più classico dei refrain sanremesi – condensato e caleidoscopio della musica che funziona, ora.
«Spero che le radio passeranno queste canzoni», ammette il conduttore fiorentino, tradendo le sue origini da speaker e dj.
E in effetti sono quasi tutti pezzi nati per le radio, in cui è l’urban pop a farla da padrone: declinato in vari modi, certo. Quello del fortunato filone inaugurato da Mahmood ed Elodie. Il risultato? Una manciata di canzoni che sono praticamente la fotocopia l’una dell’altra.
Del resto, pure gli autori sono gli stessi: Blanco ha scritto per Noemi, Irama e Giorgia. Poi ci sono i due “Davide”, penna d’oro del pop italiano: Simonetta con cinque brani e Petrella con quattro. Infine, Federica Abbate, che arriva a firmare persino otto dei pezzi del concorso.
Musicalmente parlando, quindi. Rap? Poco, nonostante i nomi in gara. Rock? Nemmeno l’ombra, «e me ne dispiaccio», ammette Conti. Pure questo, segno dei tempi che cambiano. E del resto pure il buon Damiano ha deciso di seguire le orme pop di Harry Styles. E quindi via di sintetizzatore, autotune e campionamenti vari. Ma ora buttiamoci nella mischia.
I nostri voti
Gabbani, Viva la vita. Voto: 5
A lui il Festival di Sanremo ha sempre portato una gran fortuna: due vittorie e un secondo posto. E sarà allora la scaramanzia: torna con un testo dall’incipit praticamente uguale a quello di Viceversa. Il tocco di Pacifico – coautore – si apprezza nell’incedere arioso del ritornello e del bridge, e però manca il ritornello-tormentone. Gabbani porta il suo brano più sanremese, ma paradossalmente pure il più debole: forse perché da lui il pubblico, tra balletti e scimpanzé, ha imparato ad aspettarsi qualcosa di diverso.
Clara, Febbre. Voto: 5,5
Riprende il discorso interrotto a Sanremo 2024, si veste da Elodie e le riesce pure facile, visto che tra gli autori di Febbre ritroviamo quel Dario Faini, in arte Dardust, tra le firme più prolifiche del pop italiano alla sezione “tormentoni”. Pezzo che sembra costruito a tavolino per scalare le classifiche degli streaming.
Willie Peyote, Grazie ma no grazie. Voto: 7
«Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze» canta Willie Peyote, su un giro ipnotico di bossanova. E godiamocelo questo unico appiglio all’attualità. Cita pure un gruppo di casa nostra: «E c’hai provato anche più volte dei Jalisse, ma l’insistenza non è mai così di classe». Sempre una bella penna.
Noemi, Se t’innamori muori. Voto: 5
Il duo Mahmood-Blanco, coautori del pezzo, ha avuto momenti migliori, a Sanremo. La solita ballata sanremese su un amore che finisce. E nemmeno troppo spazio per il tipico “graffio” della voce di Noemi. Dimenticabile.
Lucio Corsi, Volevo essere un duro. Voto: 7
Il pubblico di Sanremo si chiederà chi è, questo Lucio Corsi. E lui risponde – «Io volevo essere un duro / Però non sono nessuno / Non sono altro che Lucio» – con questo brano semplice, che è un gioiellino nella melassa festivaliera: elogio e rivincita dell’ordinarietà.
Rkomi, Il ritmo delle cose. Voto: 5
Doveva essere la nostra quota rock e invece ci siamo giocati pure lui. Prova a fare il Lazza del Sanremo ’25, ma senza riuscirci davvero. Rap, pop, urban: tutto e niente, annacquato e confuso.
The Kolors, Tu con chi fai l’amore. Voto: 4
L’inizio è The Logical Song dei Supertramp. La grammatica del brano sospinta dal giro del basso. La batteria che pulsa. Nel testo, città associate all’estate: «Da Roma a Portorico», «Mi aspetti a Mykonos». Per il resto, l’importante è la rima, ad ogni costo. Hanno intrapreso la strada del tormentone e non si fermano più. Anche al prezzo di farci sentire, ogni volta, la stessa canzone.
Rocco Hunt, Mille volte ancora. Voto: 5,5
La nostalgia del rapper napoletano per il suo quartiere. Le prime tre strofe sono in italiano, poi dal primo ritornello è una virata definitiva al dialetto. Non particolarmente ispirato, ma potrebbe ripetere l’effetto Geolier ’24.
Rose Villain, Fuorilegge. Voto: 3
Errare è umano, ma perseverare... Già l’anno scorso Rose Villain si era presentata a Sanremo con una canzone che suonava come due brani distinti, incollati l’uno all’altro. E ci ricasca, peraltro con un pezzo il cui ritornello ricorda tremendamente la canzone dell’edizione ’24.
Brunori Sas, L’albero delle noci. Voto: 8
L’arte dell’invecchiare, raccontata da un cantautore di razza, che ha appreso benissimo la lezione di Francesco De Gregori. Difficile immaginare che il premio della critica possa andare a qualcun altro.
Serena Brancale, Anema e core. Voto: 4
Da una musicista così dotata, era lecito aspettarsi ben di più di questo reggaeton ammiccante, in salsa neomelodica. Peccato.
Irama, Lentamente. Voto: 3
Per capire le parole, confidiamo nella regia Rai e nel testo in sovrimpressione. Solita ballata sanremese, solito Irama. Gli amori più struggenti li ha vissuti tutti lui e ogni anno finiscono intorno a fine gennaio: che fortuna.
Marcella Bella, Pelle diamante. Voto: 3
Si racconta: «Forte, tosta, indipendente / Pelle come diamante / Non mi fa male niente». L’anno scorso c’erano i Ricchi e poveri, quest’anno c’è lei. Tremendamente cringe.
Achille Lauro, Incoscienti giovani. Voto: 6 -
Cos’è successo ad Achille Lauro? Fa il verso a Tango di Tananai. Si spoglia di tutti i lustrini, si veste da Sanremo e porta una ballatona che potrebbe piacere pure alle nonne.
Elodie, Dimenticarsi alle 7. Voto: 5
Il solito Petrella e il solito Simonetta per il solito brano di Elodie. I soliti ritmi urban che preparano al solito ritornello aperto, da “diva” del pop italiano. Ballabile, piacerà. Come sono piaciute le altre sue, uguali a questa.
Tony Effe, Damme ‘na mano. Voto: 5
Roma nun fa la stupida stasera, in versione nuovo millennio. Su ritmi latini. Un tango ballato sui sampietrini. Poteva andare meglio, ma anche molto peggio.
Massimo Ranieri, Tra le mani un cuore. Voto: 4
Schiera la cavalleria pesante, Ranieri, per questo brano: Tiziano Ferro e Nek ta gli autori. Ma se ne ricordano canzoni migliori, da parte di tutti e tre. Ne esce un brano tautologico sull’amore, musicalmente abbastanza incolore e démodé, nemmeno troppo capace di valorizzare estensione e potenza vocale di Ranieri. Lo dimenticheremo.
Sarah Toscano, Amarcord. Voto: 3
Non bastavano Rose Villain, Clara, Elodie? Evidentemente, no. Ancora un brano urban pop, tanto per ricordarci qual è il genere che piace ai più giovani. E questo è tra i brani meno riusciti.
Fedez, Battito. Voto: 6,5
«Ti porterei in terapia / Solo per farti capire il male che fai» canta Fedez, rivolgendosi direttamente alla sua “bestia”: la depressione. Che è un velo che copre tutto e che è un martello che ti ricorda continuamente la sua presenza. In un’atmosfera che è a sua volta un tunnel psichedelico.
Coma_Cose, Cuoricini. Voto: 5,5
L’amore ai tempi dei social. Che ammazzano l’amore. Lei che vorrebbe un fidanzato e lui che pensa solo ai «cuoricini». Il tutto, su una base dance che piacerà alle radio. Certo, L’addio era un’altra cosa.
Giorgia, La cura per me. Voto: 6,5
C’è anche la firma di Blanco in questo brano che non tradisce le aspettative di chi individuava in Giorgia una delle concorrenti più orientate alla vittoria. Gli ingredienti ci sono tutti: la ballata, il testo d’amore (finito, ancora meglio), la voce perfetta, che può lasciarsi andare. La canzone certo non è irresistibile, ma questo importa relativamente.
Olly, Balorda nostalgia. Voto: 3
La nostalgia raccontata da un ragazzo di 22 anni fa un po’ sorridere. Musica dimenticabile. Davvero non si poteva scendere sotto le 30 canzoni?
Simone Cristicchi, Quando sarai piccola. Voto: 7,5
Una canzone che farà commuovere. Per i figli che si prendono cura dei genitori, della loro madre: «Quando sarai piccola mi insegnerai davvero chi sono / A capire che tuo figlio è diventato un uomo». Delicatissima. Se bisogna trovarle un difetto, forse troppo didascalica.
Emis Killa, Demoni. Voto: 4
L’ennesima canzone urban. Ancora un’altra Cenere 2.0. L’ennesima canzone uguale alle altre, senza particolari guizzi.
Joan Thiele, Eco. Voto: 3,5
Inizia con un’atmosfera alla Tarantino, poi vira immediatamente verso il glam pop, attaccandoci un testo poco riuscito. Difficile capirci qualcosa, alla fine.
Modà, Non ti dimentico. Voto: 4
I Modà tornano a Sanremo con un brano “alla Modà”, dalle sonorità giusto appena più moderne del solito. Una canzone d’amore per Kekko Silvestre, che aveva contestato la partecipazione di Tony Effe al Festival.
Gaia, Chiamo io chiami tu. Voto: 6
“Chiamo io, chiami tu”, ripetuto tredici volte di seguito, e potrebbe essere record. Sarà sicuramente tormentone. Anche perché a chiudere il ritornello è il doppio applauso, di “mahmoodiana memoria”: ed è subito Tuta gold.
Bresh, La tana del granchio. Voto: 5,5
Una chitarra acustica ad accompagnare questo brano, dall’inizio alla fine. E non sembra, ma è già una notizia. In un cast tutto votato all’urban, Bresh – che invece nell’urban c’è nato – decide di mostrarsi in una versione pop, con questo pezzo suonato anche con strumenti veri. E il risultato non è male.
Francesca Michielin, Fango in paradiso. Voto: 6
Ancora un amore finito in questa canzone piena di parole, molto pop, ben eseguita, ma che non brilla.
Shablo feat. Gué, Joshua e Tormento, La mia parola. Voto: 7
Eccolo, l’urban. Nel senso: ecco l’urban costruito bene. Da un dj e tre rapper. Che in effetti ci mettono dentro un po’ tutto, dal rap al pop. E’ glam, è coinvolgente. E’ bello da ascoltare.
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