Un sogno, l’incontro nella loro Trieste di Saba, Joyce e Svevo

Il racconto: «Hai borbottato quasi tutta la notte, nominato un sacco di persone: Antonio, Italo, James, Umberto, Hector, Giacomo, Ettore. Sono tuoi amici? Hai passato la serata con loro?»

Furio Treu

C’era una nebbia proprio fitta, inusuale per Trieste anche se erano i primi giorni di dicembre e l’autunno si preparava a mutarsi in inverno. Una nebbia accompagnata da un’umidità che si trasformava in fastidiose goccioline d’acqua che rendevano l’atmosfera ancora più strana, i contorni più sfumati. Era sera, neanche tanto tardi, nessuno in giro, e venivo su lungo il canale sulla sinistra, verso Sant’Antonio nuovo quando in questa atmosfera ovattata mi sembrò di vedere una persona, ferma, sul ponte di via Roma.

Ma guarda un po’, mi dissi, che ci fa un tizio, fermo che pare una statua, con questo tempo che invita solo a stare a casa. Neanche finito questo pensiero che l’uomo, capii che era un uomo dal cappello di foggia maschile, si girò e cominciò a camminare dirigendosi verso la chiesa. Dovetti giocoforza seguirlo perché quella era anche la mia direzione e man mano che ci avvicinavamo a sant’Antonio scorsi un’altra persona ferma davanti la chiesa, sul lato sinistro. Il “mio” uomo gli si avvicinò, scambiarono due parole poi assieme si mossero verso corso Italia.

Era uno strano tipo, questo secondo, il primo in pantaloni e giacca, nonostante il tempo, con un libro sottobraccio, mentre questo indossava una mantellina corta, uno strano abito svolazzante e un ancora più strano copricapo. Almeno così li vedevo o meglio li intravvedevo, tra nebbia e acqua. Stavolta proprio incuriosito li seguii. Arrivati all’incrocio con via san Nicolò svoltarono in su. Fatti pochi passi vidi una terza persona, ferma all’incrocio con via Dante, muoversi poi verso di loro. Più che veder lui vedevo il chiarore delle braci della sua pipa.

Si incontrarono e si diressero verso la porta di un negozio, in alto di via san Nicolò, sulla sinistra. Conosco bene questa strada, disse il primo signore che avevo incontrato, per un certo periodo ho abitato proprio qui sopra, al secondo piano. Il tizio con la pipa tirò fuori di tasca un mazzo di chiavi e disse, entrate, vi faccio strada.

Ma come, Umberto, hai le chiavi? disse sorpreso l’uomo dal copricapo strano, ma se hanno cambiato la porta, messo una nuova, le chiavi che avevi tu una volta non vanno più bene! . Ma dai, ribattè l’altro, per noi, una volta attraversato quel cancello, non ci sono porte che non possiamo aprire, tu dovresti saperlo.

All’altro, che sembrava bene informato sulla materia non restò che allargare le braccia, quasi benedicente. Che bello, sa di nuovo così rinnovato. Qualcosa di nuovo c’è, ribattè il tipo con la pipa, ma per fortuna l’atmosfera è rimasta la stessa, lo stesso piacevole odore della carta, dell’inchiostro, anche la mia scrivania è sempre qua. Che ne dici James, rivolto al tipo con il libro sottobraccio, o devo chiamarti Giacomo?

Ciamime Giacomo disse l’altro in un triestino un po’storpiato dall’accento irlandese, e a te come devo chiamarti, eminenza, monsignore? Ma cosa, fra di noi, sorrise bonariamente il tipo con lo strano copricapo, Antonio mi va bene, al massimo Padre Antonio giusto per la forma. Intanto da lontano avevo visto arrivare un signore piuttosto elegante, con folti baffi dirigersi proprio verso quella porta e mi ero allontanato per non farmi vedere. Il signore entrò e mi riavvicinai proprio in tempo per sentire il signore dall’accento irlandese dire:
Oh ecco il nostro Ettore, mancavi solo tu per il quarto a cotecio. O adesso sei Italo, visto che con questo nome sei diventato famoso. No. No, per voi sono sempre Ettore, al massimo Hector. Il signore con la pipa aprì un cassetto di quella che aveva chiamato “la mia scrivania”, tirò fuori un mazzo di carte, fino a che ora giochiamo?

A quella frase anch’io guardai l’orologio, si era fatto tardi e decisi di andare a casa. Oltretutto non mi sembrava neanche corretto star lì a origliare, anche se mi avevano l’aria di essere persone interessanti, un po’al di fuori e al di sopra di noi comuni mortali.

Tornai a casa, mia moglie dormiva già e al mattino, incuriosita mi chiese se stavo bene, se per caso avevo mangiato qualcosa di particolare. Hai borbottato quasi tutta la notte, nominato un sacco di persone: Antonio, Italo, James, Umberto, Hector, Giacomo, Ettore. Sono tuoi amici? hai passato la serata con loro? Eravate in tanti. Sono tutte persone che ammiro, dissi. Se ho passato la serata con loro? Forse sì, forse no, forse me le sono solo sognate. Chissà.

 

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