Le vedette di Trieste: ecco gli occhi sulla città tra il mare, la bora e il Carso
Kugy, Italia, Liburnia sono mete turistiche, Alice la più antica. La terrazza bellavista di Conconello ambita durante la Barcolana
Peculiari creazioni di una città contesa tra montagna e mare, le vedette del Carso sono solo l’espressione più evidente di una continua ricerca di punti panoramici che, dall’epoca del Grand Tour al turismo odierno, ha sempre caratterizzato Trieste. La città, infatti, si presta a vedute scenografiche che, arricchite di postazioni e passerelle nei secoli, vennero di volta in volta recuperate o distrutte nel Novecento.
Il minimo comun denominatore di questi punti panoramici rimane l’altezza stessa, tale da consentire vedute a volo d’uccello sulla città e il mare lontano. E se i punti rimangono da tre secoli gli stessi, cambiano però le postazioni e l’architettura delle stesse, con una grande cesura tra la Belle Époque e gli anni Cinquanta del Novecento.
Dalla Val Rosandra
In questo contesto, ripercorrendo il sentiero delle Vedette intitolato a Julius Kugy, si potrebbe partire dalla Val Rosandra dove, a 210 metri sopra il livello del mare, si erge lungo il sentiero CAI n. 46 la vedetta Crogole, dalla quale si ammira il vallone di Muggia e la parte meridionale di Trieste. La modernità della struttura – è essenzialmente pietra e cemento – si ripete con la vedetta di Moccò, raggiungibile tramite il sentiero CAI 1. La vedetta è il miglior punto di osservazione della Val Rosandra: il nome rievoca il ricordo del sottostante castello di Moccò che, costruito dai vescovi di Trieste nel basso medioevo onde controllare la via commerciale che connetteva il litorale con Lubiana, venne poi conquistata dai veneziani nel tardo quattrocento e trasformata in una spina nel fianco per i commerci triestini.
La vedetta di San Lorenzo
Con lo sguardo rivolto verso le rovine sepolte dalla vegetazione del castello di Moccò, i passi conducono verso la vedetta di San Lorenzo: di nuovo una struttura del secondo dopoguerra, “moderna” specie considerando come sia l’unica vedetta raggiungibile in automobile. La vedetta di San Lorenzo consente di ammirare la “sella della Bora” che incanala il vento con grande forza verso la valle sottostante, oltre al Cippo Comici e alla Chiesetta di Santa Maria in Siaris.
La più antica
Spostandosi a Padriciano, lo scenario scientifico della vicina Area Science Park contrasta con l’antichità della vedetta Alice. La costruzione odierna risale al 1957 a cura dell’Ente per il Turismo di Trieste. Franco Tauceri, in “Carso segreto”, osservava come la struttura presenti curiosi graffiti risalenti all’agosto-settembre 1973, lasciati da alcuni rumeni che, in fuga dalla dittatura di Ceaușescu, erano stati ospiti del vicino campo profughi. L’originaria vedetta Alice è ben più antica, risalendo infatti al 29 giugno 1897, quando la Società Alpina delle Giulie inaugurò una vedetta tra il monte Calvo e il valico di Trebiciano.
Il Piccolo riportò che il nome era un “omaggio alla gentilissima signora del dottor Giuseppe Luzzatto”, a propria volta vicepresidente della SAG. Il carattere filo italiano emergeva dal giornale, specie considerando come si puntualizzasse che si scorgeva, dalla vedetta, “il pinnacolo della torre di San Marco”.
La cerimonia, affollata di centocinquanta persone, assistette a un discorso del signor A. Pigatti “che volle fare l’istoria dei massi che ora formano la vedetta Alice dicendoli provenienti dal fontanone della Zonta, chiamato così, perché l’acqua che ne scaturiva, d’autunno, era adoperata per... battezzare il vino”. Era stata infatti riutilizzata la torre di un fontanone del 1829, un tempo presente in piazza Dogana, oggigiorno piazza Vittorio Veneto. L’originaria vedetta venne poi smontata dall’esercito austriaco nel 1915, onde non offrire elementi di bersaglio all’artiglieria italiana; un esempio che si ripeterà più e più volte durante i conflitti mondiali.
Non rientra tra le vedette, ma è un importante punto panoramico nella stessa zona la terrazza bellavista Conconello-Ferlugi: una semplice ringhiera si affaccia su una veduta che spazia fino all’Istria, prediletta in particolare durante la Barcolana.
Una vedetta poco italiana
Era invece assai poco italiana la vedetta Italia, oggigiorno visitabile a Prosecco. La struttura originaria era stata infatti progettata dal Club Touristi Triestini che, essendo un’associazione sportiva lealista e multinazionale, intendeva dedicarla all’imperatore per il giubileo del 1898.
Nonostante il patrocinio dell’arciduca Lodovico Salvatore, residente nella vicina Muggia e numerose collette, la vedetta belvedere fu inaugurata appena nel 1908: sessant’anni di regno dell’eterno imperatore e tante fanfare suonate non a caso dalla banda musicale del 97esimo reggimento.
Gli archi a sesto acuto incorniciavano una torre di pietra bianca di 11 metri d’altezza; un’efficace “testimonianza dell’affetto di questo Club per il nostro Augustissimo Imperatore, il quale per ben 60 anni, spesso per Lui dolorosi, seppe reggerci con senno ed amore incrollabili” ricordò nell’occasione il capitano distrettuale de Fabrizi. La vedetta, appropriata dal SAG nel primo dopoguerra, fu rinominata all’Italia e infine demolita durante l’occupazione nazista onde non offrire punti di riferimento agli Alleati.
Da Slataper a Liburnia
Continuando il percorso e giungendo a Santa Croce, la vedetta Scipio Slataper risale all’operato, nel 1956, del SELAD del Genio Civile. Era l’organo per i lavori pubblici rivolto ai disoccupati triestini, inventato dagli americani. La vedetta riporta infatti una rosa dei venti e un punto trigonometrico dell’IGM.
La sezione CAI di Fiume la battezzò “vedetta Liburnia” appena nel 1985, nell’occasione del proprio centenario, ma ha una storia molto più antica la torre tutt’oggi svettante sul ciglione di Aurisina. L’ingegnere viennese Carl Junker creò la torre tra il 1854-55, di concerto con il castelletto dei Filtri. Era infatti in origine una torre piezometrica utilizzata per mantenere costante la pressione dell’acqua connessa all’acquedotto che si diramava verso la città e la ferrovia Meridionale.
Negli anni Ottanta il CAI vi inserì all’interno uno scheletro metallico con scale, come ricordato da una targa, e conservò invece il tubo originale della torre. La vedetta è stata spesso al centro delle cronache negli ultimi dieci anni per le cattive condizioni in cui versa, nonostante il vincolo della Soprintendenza e la proprietà di AcegasApsAmga.
L’affaccio sul golfo della Weiss
Completa infine il tracciato, nella zona di Aurisina Cave, la vedetta Tiziana Weiss, intitolata all’alpinista vittima a 26 anni di un incidente mortale sulle Pale di San Martino. La vedetta è inconsueta, perché si presenta senza particolari sovrastrutture, ma come un semplice “affaccio” sul golfo.
Il 24 febbraio 1972 un gruppo di ragazzini trovò, in un anfratto sottostante la vedetta, un deposito di armamenti preparato dai militari italiani nel caso di una possibile invasione sovietica negli anni Sessanta
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