Il Friuli raccontato dall’ultimo thriller di Avoledo
Le sorgenti del Tagliamento sono al centro del suo ultimo libro in uscita martedì. Il tema ambientale irrompe nei racconti del romanziere pordenonese
Lo stato delle sorgenti del Tagliamento e il suo impoverimento d’acqua a causa delle centrali idroelettriche e delle deviazioni è il tema dell’ecothriller dal titolo “Come si uccide un gentiluomo”, Neri Pozza Editore, collana I Neri (pp. 384, 20 euro) del pordenonese Tullio Avoledo, in uscita il 28 gennaio.
I temi ambientali non sono una novità per il romanziere friulano, maestro di noir distopici e futuri paralleli, intrisi di cronaca e citazioni poetiche, dal ritmo al limite dell’umano, colori da scenari post devastazioni, popolati da personaggi al limite fra bene e male. Un plot scritto pensando al cinema e tv, già “sceneggiato”.
Non mancano, e non potrebbe essere diversamente, le citazioni dotte dell’autore che, da lettore onnivoro prima ancora che scrittore di successo, sa cogliere in ogni dove aspetti della natura umana e dell’evoluzione della società che poi si diletta a riproporre con stile sorprendente, destabilizzante, incalzante. Azione, intrighi e morti sospette, soldi e potere, amori saffici, la tenerezza filiale per i fragili genitori e la calata di cinesi, cattivi futuri padroni di un patrimonio di cultura e tradizioni.
Inchiostro che tiene il lettore incollato alla pagina. Ma questo romanzo, primo ad esser pubblicato con Neri Pozza dopo il lungo sodalizio con il veneziano Marsilio, segna anche la nascita di nuovi personaggi che piacciono molto l’autore: «Credo che li ritroveremo anche in prossimi romanzi ai quali sto lavorando». Primi fra tutti i protagonisti: l’avvocato milanese Vittorio Contrada,
Controvento per gli amici, senza peli sulla lingua e molto pelo sullo stomaco che, dopo essere stato un “pescecane” del diritto societario, fa la muta e diventa in paladino di cause ambientali, “eticamente valide”. Viaggi da sogno, affari milionari, lussi indescrivibili e polli da spennare; tutto finito. Quando lo incontriamo lavora in uno studio sgarrupato a Milano con una collega lesbica, combattiva e testarda, tale Gloria Almariva. Fra i due, partiti dalla capitale lombarda in missione in Friuli, per l’esattezza in Val Plaseris, liberamente ispirata alla val Tramontina spostata in Carnia, scatterà anche una amorosa tenzone per la conquista della bella Alina, ma questa è un’altra storia.
«Un libro arriva nelle mani e nelle case di tanta gente e ho pensato che fosse una giusta idea proseguire fra finzione e realtà il mio impegno a difesa di questo grande fiume, esordisce Tullio Avoledo – un passato recente di avvocato per un importante istituto bancario e tanti libri di successo, dal primo “L’elenco telefonico di Atlantide” del 2003 che lo impose da subito all’attenzione nazionale; era nato un romanziere di vaglia.
«Mi piace stare alla larga dai commissari seriali che raccontano di cose sterili, c’è così tanto da dire sul mondo nel quale viviamo. Per questo impasto tanta cronaca nei miei romanzi. Qui si parla di quello che sta già succedendo da noi. Siamo a rischio di diventare la piattaforma logistica sulla rotta della nuova via della seta».
Il tutto inizia quando il faccendiere Valerio Del Zotto, industriale pieno di idee, ambiguo e borderline, si reca nello studio di Vittorio per consegnare una valigetta 24 ore che contiene documenti che scottano e, poco dopo, muore sotto un tram. Incidente certo plausibile, ma se la caduta è “incoraggiata” da due energumeni diventa altro. È l’inizio di un accavallarsi di fatti e azioni, con anche dei momenti di delicata tenerezza quando Vittorio si reca sul lago Maggiore, nella Villa dei genitori di Strega, e allora il protagonista dalla pellaccia dura diventa il figlio che si rende conto che è lui ora che deve occuparsi di chi è sempre stato il riferimento o l’antagonista. Insomma un bel biglietto da visita per il Friuli innestato su una trama noir ad altra tensione: «Dolci colline, attraversate da una strada panoramica che costeggia vigneti sghembi, obliqui, in salita, ritagli di campi interrotti come in un disegno di Tullio Pericoli, o una coperta a patchwork». Tanto che Vittorio parla la marilenghe anche a Milano e a ogni piè sospinto enuncia: «Alc al’è alc, nuje al’è nuje».
Un mantra e sintesi filosofica esistenziale.
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