Le buone pratiche contro il turboturismo: la sostenibilità non è obiettivo impossibile

«La montagna tra nostalgie e disillusioni turistiche»:in un saggio l’analisi di Selma Mahlknecht sui viaggi intrusivi (e non): luci, ombre e, soprattutto, prassi utili da rispettare

Sergio FrigoSergio Frigo
Membri della spedizione Mount Everest Clean Up puliscono la montagna dai rifiuti
Membri della spedizione Mount Everest Clean Up puliscono la montagna dai rifiuti

“Né con te, né senza di te”: il celebre verso di Ovidio ben si adatta al turismo, specie nelle località di montagna: senza il turismo muoiono (d’inedia), col turismo soffocano per l’eccesso periodico di affollamento noto come “overtourism”. Al tema, ma ancor più alle sue molteplici implicazioni - culturali, sociali, politiche - è dedicato il libro della sceneggiatrice, drammaturga e cantautrice meranese Selma Mahlknecht All intrusive, titolo che parafrasa il motto dei soggiorni “tutto compreso”, tradotto per Alphabeta Verlag di Bolzano (pp. 224, € 18) da Giuliano Geri dall’edizione tedesca Berg and Breakfast, finalista al premio Rigoni Stern nel 2021.

Accompagnato da una prefazione dell’antropologo Annibale Salsa, il volume – dal sottotitolo “La montagna tra nostalgie e disillusioni turistiche” - si presenta a prima vista come una divertente inchiesta di costume sul fenomeno, i suoi protagonisti, i suoi beneficiari e le sue vittime, che potremmo a prima vista identificare nei turisti, nei loro ospiti, nel personale addetto e negli indigeni, anche se la classificazione a seconda dei punti di vista funzionerebbe anche al contrario: i turisti, osserva infatti l’autrice, sono quella categoria di persone che nessuno vuole essere, coloro che «sporcano e deturpano i borghi più suggestivi, vomitano sulle promenade, calpestano i monumenti»; ma dall’altro lato della medaglia ci sono coloro che non intendono assolutamente privarsi della presenza di questi vandali, «fastidioso corollario dell’economia del tempo libero e dei servizi», che gratificano di sorrisi (davanti) e maledizioni (dietro le spalle), consapevoli di dipendere per la loro attività dalla quantità di denaro che riescono a spremergli.

Lino Toffolo diceva in proposito dei veneziani – ma la battuta si può riferire a tutte le comunità ospitanti – che il turista ideale è quello che arriva a piazzale Roma, lascia una borsa col denaro, si gira e se ne va. Nell’acuta analisi strutturata da Selma Mahlknecht in capitoli contrassegnati dalle stelle come gli alberghi, c’è dunque posto per l’origine del mito della montagna e la sua “disneyzzazione”, col richiamo a Petrarca che scala il Mont Ventoux e Dante le gradinate del Purgatorio, c’è la fenomenologia del viaggiatore e del vacanziero che ha un bisogno spasmodico di un altrove dove riscattarsi da una routine nevrotica e... immortalarsi in un selfie, ci sono gli addetti del settore e le comunità ospitanti, divisi fra la salvaguardia e la svendita della propria identità, e ci sono le prospettive di un fenomeno che si è dovuto ripensare dopo il lockdown.

E però nel volume c’è ben altro che una divertita disamina del comparto, perché sotto la patina leggera affiorano considerazioni acuminate sul nostro stile di vita e sistema di valori, e una critica spietata – seppure amabile - a una società che non riuscendo a rendere accettabile la vita nei luoghi in cui viviamo ci propone l’evasione da noi stessi e il “consumo” di altri luoghi – più o meno incontaminati – e di altre identità, riadattate ai nostri gusti. Oltre a imparare a stare meglio dove stiamo, contro il turboturismo che è più distruttivo di qualsiasi industria, l’opzione dell’autrice è ridurre i viaggi usa e getta in favore di permanenze più lunghe, per riuscire a instaurare relazioni più significative e durature coi luoghi e le comunità che si incontrano.

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