Le buone pratiche contro il turboturismo: la sostenibilità non è obiettivo impossibile
«La montagna tra nostalgie e disillusioni turistiche»:in un saggio l’analisi di Selma Mahlknecht sui viaggi intrusivi (e non): luci, ombre e, soprattutto, prassi utili da rispettare


“Né con te, né senza di te”: il celebre verso di Ovidio ben si adatta al turismo, specie nelle località di montagna: senza il turismo muoiono (d’inedia), col turismo soffocano per l’eccesso periodico di affollamento noto come “overtourism”. Al tema, ma ancor più alle sue molteplici implicazioni - culturali, sociali, politiche - è dedicato il libro della sceneggiatrice, drammaturga e cantautrice meranese Selma Mahlknecht All intrusive, titolo che parafrasa il motto dei soggiorni “tutto compreso”, tradotto per Alphabeta Verlag di Bolzano (pp. 224, € 18) da Giuliano Geri dall’edizione tedesca Berg and Breakfast, finalista al premio Rigoni Stern nel 2021.
Accompagnato da una prefazione dell’antropologo Annibale Salsa, il volume – dal sottotitolo “La montagna tra nostalgie e disillusioni turistiche” - si presenta a prima vista come una divertente inchiesta di costume sul fenomeno, i suoi protagonisti, i suoi beneficiari e le sue vittime, che potremmo a prima vista identificare nei turisti, nei loro ospiti, nel personale addetto e negli indigeni, anche se la classificazione a seconda dei punti di vista funzionerebbe anche al contrario: i turisti, osserva infatti l’autrice, sono quella categoria di persone che nessuno vuole essere, coloro che «sporcano e deturpano i borghi più suggestivi, vomitano sulle promenade, calpestano i monumenti»; ma dall’altro lato della medaglia ci sono coloro che non intendono assolutamente privarsi della presenza di questi vandali, «fastidioso corollario dell’economia del tempo libero e dei servizi», che gratificano di sorrisi (davanti) e maledizioni (dietro le spalle), consapevoli di dipendere per la loro attività dalla quantità di denaro che riescono a spremergli.
Lino Toffolo diceva in proposito dei veneziani – ma la battuta si può riferire a tutte le comunità ospitanti – che il turista ideale è quello che arriva a piazzale Roma, lascia una borsa col denaro, si gira e se ne va. Nell’acuta analisi strutturata da Selma Mahlknecht in capitoli contrassegnati dalle stelle come gli alberghi, c’è dunque posto per l’origine del mito della montagna e la sua “disneyzzazione”, col richiamo a Petrarca che scala il Mont Ventoux e Dante le gradinate del Purgatorio, c’è la fenomenologia del viaggiatore e del vacanziero che ha un bisogno spasmodico di un altrove dove riscattarsi da una routine nevrotica e... immortalarsi in un selfie, ci sono gli addetti del settore e le comunità ospitanti, divisi fra la salvaguardia e la svendita della propria identità, e ci sono le prospettive di un fenomeno che si è dovuto ripensare dopo il lockdown.
E però nel volume c’è ben altro che una divertita disamina del comparto, perché sotto la patina leggera affiorano considerazioni acuminate sul nostro stile di vita e sistema di valori, e una critica spietata – seppure amabile - a una società che non riuscendo a rendere accettabile la vita nei luoghi in cui viviamo ci propone l’evasione da noi stessi e il “consumo” di altri luoghi – più o meno incontaminati – e di altre identità, riadattate ai nostri gusti. Oltre a imparare a stare meglio dove stiamo, contro il turboturismo che è più distruttivo di qualsiasi industria, l’opzione dell’autrice è ridurre i viaggi usa e getta in favore di permanenze più lunghe, per riuscire a instaurare relazioni più significative e durature coi luoghi e le comunità che si incontrano.
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