Quando è il vino a finire in museo
Dal Garda a Bassano, alla scoperta dei luoghi che ne raccontano la storia. Nei musei ampio spazio viene riservato ai diversi metodi di distillazione: a fuoco diretto, a bagnomaria, a vapore fluente
![Lucia Aviani](https://images.nem.atexcloud.io/version/c:ZjIyMjM0NjgtZDkxNi00:ZThkODU0YTctZGFiMi00/image.webp?f=1%3A1&w=50)
![Bardolino. Museo del vino.](https://images.ilnordest.it/view/acePublic/alias/contentid/1gzmd2mejns3rgx72wc/0/copia-di-copy-of-sp_103362677.webp?f=16%3A9&w=840)
“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà”, scriveva Ernest Hemingway in “Morte nel pomeriggio” , un saggio sulla tauromachia spagnola pubblicato nel 1932. Del resto il rapporto fra letteratura, arte e vino ha radici ultra-millenarie, che si estendono ben oltre il vecchio continente: e anche in Veneto e in Friuli Venezia Giulia la passione per il retaggio storico-culturale dell’enologia trova cultori e ricercatori di livello assoluto.
Premiato dal Great Wine Capitals Global Network con il Best of Wine Turism Award 2018, il Museo del vino di Villa Canestrari – a Illasi, nel Veronese – conserva un laboratorio di analisi enologica di fine Ottocento praticamente intatto, con un ebulliometro (strumento di misura del grado alcolimetrico del vino) appartenuto a Carlo Bonuzzi, antenato degli attuali proprietari e tra i primi allievi della “Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia” di Castelfranco Veneto, istituto precursore della formazione enologica italiana, essendo stato fondato nel lontano 1876.
Da studente modello Bonuzzi conservò gelosamente i suoi testi e gli appunti di studio-esercitazione, ora in mostra. Tra gli strumenti di lavoro rientrano le “arele” , graticci di legno e bambù usati per l’appassimento delle uve Corvina e Rondinella. L’accesso è su prenotazione.
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Piccolo ma denso di valenze esperienziali il Museo del vino di Bardolino, sulle colline moreniche della sponda orientale del lago di Garda. Dal 1991 gli oggetti raccolti da Gaetano Zeni e dai suoi figli vengono esposti in forma pubblica e gratuita, offrendo preziose testimonianze sulla tradizione vitivinicola locale, in particolare, e sulla cultura del vino italiano in generale.
Il gioiello di casa è l’antico torchio del XV secolo, ma la famiglia Zeni offre ai visitatori pure un unicum nazionale, la Galleria Olfattiva, che esplora uno degli ambiti non sempre valorizzati nei tour degustativi, quello della profumazione. Fino a marzo gli orari di visita sono dal lunedì al sabato, dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30.
E il viaggio nella storia del vino non può prescindere dalla Valpolicella, terra dell’Amarone e del Recioto, acclamato già nelle testimonianze latine. La cantina Valpolicella di Negrar, con il suo Museo dell’Appassimento, traccia una netta linea di demarcazione che distingue le proprie tecniche di origine millenaria dalle successive pratiche di essiccazione.
Nella Valpolicella, infatti, l’appassimento viene considerato la seconda fase della maturazione e ha assunto lo status di una vera e propria arte, oggi candidata a patrimonio immateriale dell’Unesco. Nel sito espositivo si possono (ri)scoprire i “picai” , lunghe cordicelle pendenti dalle travi del soffitto per legarvi i grappoli uno per uno. E il Recioto? Il nome parrebbe derivare dalle “rece” , nel dialetto veneto le orecchie, ovvero i racimoli laterali dei grappoli dell’uva Rondinella, che per la loro conformazione acquisiscono un maggiore coefficiente zuccherino.
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Dai grappoli alle vinacce, ora: anche la grappa è celebrata in Veneto da un interessante museo, creato dalla famiglia Poli e suddiviso in due sedi. Nella prima, l’antico Palazzo delle Teste, a due passi dal ponte vecchio di Bassano Del Grappa, si trova un’esposizione che parte dalle ricerche alchimistiche per scoprire l’elisir di lunga vita e che snodandosi tra ambicchi, deflammatori e alcolometri arriva a proporre un’esperienza diretta sugli olfattometri, con venti diversi distillati.
Nella seconda sede, a Schiavon (Vicenza), il percorso approfondisce le caratteristiche qualitative delle vinacce, materia prima forse meno studiata dagli enologi ma contraddistinta, al pari delle uve, da innumerevoli sfumature, varietali, territoriali e post pigiatura.
Ampio spazio viene riservato ai diversi metodi di distillazione (a fuoco diretto, a bagnomaria, a vapore fluente), mentre una collezione di 2000 bottiglie prodotte fra gli anni Trenta e gli Ottanta evoca la storia di quasi 400 distillerie, molte delle quali scomparse.
Anfore e porcellane ma pure antiche stampe
Amava definirsi «un contadino», l’imprenditore vitivinicolo friulano Pietro Pittaro, scomparso nel marzo 2024: la sua grande eredità di sapere enologico è custodita in un museo (a Codroipo) che documenta l’eclettica, multiforme personalità di un uomo innamorato della terra quanto della cultura, che «dev’essere – diceva – una componente dell’economia».
Ad una ricchissima collezione di recipienti per vino, che include anfore d’epoca romana, calici e ampolle di uso religioso, si affiancano una prestigiosa biblioteca tematica, circa duemila bottiglie di porcellana fabbricate fra il 1900 e il 1975 dalla ditta Marchi di Brescia (erano utilizzate per i passiti, i liquori e vari distillati) e una sezione dedicata alle stampe a soggetto bacchico, che copre quattro secoli di arte grafica, spaziando dal 1500 alla fine dell’Ottocento: ai 150 pezzi della raccolta si unisce una rassegna di proclami, grida, notificazioni, avvisi, bandi ed editti (a decorrere dal 1556), le leggi di un tempo relative al vino e affini, che venivano affisse nelle pubbliche piazze o proclamate in pubblico.
Unica nel suo genere, poi, la serie dei bastoni da passeggio ispirati al vino, quasi tutti incisi e intagliati artisticamente con grappoli d’uva e simboli pertinenti e nella stragrande maggioranza di origine francese o inglese: svitando l’impugnatura, ecco spuntare a sorpresa un cavatappi, oppure una bottiglietta sottile e lunga per contenere il Cognac o il Whisky, o ancora accessori da pic-nic, un mostimetro, un termometro per controllare la temperatura del vino.
Tutta l’attrezzatura da cantina è esposta in un grande salone suddiviso in stanze, simil-botteghe in cui il visitatore può scoprire le fasi della produzione enologica nel tempo. Fra le perle del Museo Pittaro, anche un carretto di mescitori ambulanti siciliani. Buttrio, nei pressi di Udine, vanta invece il Museo della Civiltà del Vino del Friuli Venezia Giulia, forte di 3. 500 pezzi, lascito del filantropo Geremia Nonini: allestita sui tre piani di villa di Toppo Florio, l’amplissima rassegna porta a interrogarsi sui significati culturali e antropologici del rapporto tra l’uomo e i suoi prodotti vitivinicoli.
Di alto interesse, in particolare, la panoramica sugli strumenti e i materiali per il trattamento antiparassitario e sulle antiche misure da osteria. La sezione documentale del Museo (la cui sala polivalente è intitolata al capostipite dei giornalisti enogastronomici friulani, Isi Benini) comprende oltre mille fra libri e riviste specialistiche.
Spostandosi invece nella zona del Collio goriziano, per quanto non si possa parlare di un vero e proprio museo le cantine della tenuta Castello di Spessa, a Capriva del Friuli, offrono un’esperienza “underground” decisamente insolita: il primo livello risale al Medioevo (i vini conservati furono apprezzati anche dal re della seduzione, Giacomo Casanova), mentre il secondo, a 18 metri di profondità, fu realizzato con maestria ingegneristica – e con finalità, naturalmente, ben diverse – dalle truppe tedesche di occupazione, nel 1943. Il bunker garantisce oggi temperatura e umidità appropriate per la matura
In Italia aperte cinquanta sedi espositive
In Italia ci sono una cinquantina di musei del vino, mentre Spagna e Francia ne contano, rispettivamente, 107 e 88; segue la Germania, con 13 realtà. Estremamente varie le proposte e i contenuti, capaci di soddisfare le aspettative di un pubblico che dimostra una crescente attenzione verso il settore: e proprio per le multiformi richieste dell’utenza, l’orientamento degli ultimi anni è l’affiancamento all’offerta espositiva e informativa di servizi ed esperienze mirate, all’insegna dell’entertainment.
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