Il cimitero di Valdirose, due mondi in dialogo

Nel camposanto ebraico della località di Nova Gorica in Slovenia i nomi sulle lapidi rinviano alla storia e ai luoghi che ne conservano memoria

Margherita ReguittiMargherita Reguitti
Il cimitero ebraico di Valdirose, a meno di un chilometro dall’ex valico confinario internazionale di Casa Rossa. È una pagina di storia
Il cimitero ebraico di Valdirose, a meno di un chilometro dall’ex valico confinario internazionale di Casa Rossa. È una pagina di storia

 

Morpurgo, Luzzatto, Bolaffio, Senigaglia, Dorfles, Michelstaedter. Sono alcuni dei nomi delle famiglie goriziane della comunità che si leggono sulle lapidi del cimitero ebraico di Valdirose Rožna Dolina, Vipavska cesta, Nova Gorica, Slovenia.

 

La località si trova a meno di un chilometro dall’ex valico confinario internazionale di Casa Rossa. Dopo la prima rotonda si prosegue dritto e si arriva a un sottopasso, utilizzato come parcheggio selvaggio, di fronte al cancelletto in ferro decorato con iconografia religiosa. Il luogo tradisce mancanza di cura e manutenzione che hanno vanificato un passato restauro.

A stento si legge il pannello esplicativo collocato all’ingresso. Il terreno sacro è cinto da un muro alto e regolare che lo separa dalla strada ad alta percorrenza dove sfrecciano auto in un mugghio costante.

Sulle lapidi non sempre agevolmente leggibili, vuoi per i caratteri ebraici, vuoi per le abrasioni del tempo, ci sono i nomi delle famiglie della comunità composta in prevalenza da aschenaziti di origine tedesca che vissero fin dal XVI secolo a Gorizia, chiamata per questo la piccola Gerusalemme lungo l’Isonzo.

La memoria dei deportati

Una presenza già documentata nel Medioevo che venne decimata delle deportazioni naziste. Quasi tutti i deportati, bambini e vecchi inclusi, trovarono la morte nei lager tra il 1943 e il 1944, ma la loro storia vive nel tessuto urbano, nella memoria, nelle opere di scrittura e d’arte e oggi, alla vigilia di Gorizia e Nova Gorica Capitale europea della cultura.

Oltre un centinaio le tombe, la più antica risale al 1371, qui trasferita da altra area di sepoltura. Le prime steli entrando sono dei discendenti di stirpe sacerdotale e rabbini, fra i quali Isacco Samuele Reggio (1784 – 1855), traduttore ed esegeta biblico e illuminista.

Passeggiando tra le tombe

Proseguendo si incontrano i monumenti funebri della famiglia Michelstaedter: Alberto, il padre, dirigeva l’ufficio delle Assicurazioni Generali a Gorizia.

Il figlio maggiore Gino nel 1893 emigrò in America dove morì suicida nel 1909 e Carlo (1887-1910) fu una delle menti più brillanti del Novecento, filosofo, poeta, artista, autore del saggio “La persuasione e la rettorica”.

Un colpo di rivoltella pose fine alla sua vita nella casa di piazza della Vittoria a Gorizia. La sua lapide è più piccola rispetto a quella del padre che in vita fu figura di rilievo nella città. Una vita vissuta velocemente quella di Carlo, ma destinata a durare oltre la morte.

Le sue opere, conservate in un fondo della Biblioteca statale isontina, sono studiate da ricercatori e specialisti di diverse discipline da tutto il mondo.

Accanto, la tomba a ricordo della sorella Elda, sposata Morpurgo. Con la madre Emma fu deportata a Auschwitz dove morirono.

Il cancello d’ingresso del cimitero ebraico di Valdirose
Il cancello d’ingresso del cimitero ebraico di Valdirose

Qui è anche sepolta Carolina Luzzatto, giornalista e una delle pochissime direttrici di giornali del suo tempo, ardente irredentista, pagò con la vita le sue idee, nel 1915 venne arrestata e, dopo anni di prigionia, morì nel 1919 ultraottantenne. Una targa ricorda la sua casa all’incrocio fra le vie Saminario e Archivescovado nella città isontina.

Anche i Bolaffio e i Senigaglia erano agiati commercianti.

Vittorio Bolaffio fu apprezzato pittore. I suoi quadri sono esposti nei musei di Gorizia e di Trieste. I Senigaglia, nel periodo di massimo splendore di censo e pensiero, scelsero di affidare al pittore Giuseppe Tominz (1790-1866), la rappresentazione dei componenti del ramo di Benedetto a metà ’800.

Molte delle pietre tombali sono a terra, il complesso rituale ebraico prevede che così restino, salvo interventi sotto supervisione religiosa. Vegetazione e muschi le ricoprono. Troverete delle pietruzze sopra le tombe, rappresentano le preghiere per i Morpurgo, Luzzatto, Bolaffio, Senigaglia, Dorfles, Michelstaedter. —

Il ritratto della famiglia Senigaglia

Il ritratto di gruppo della famiglia Senigaglia di Giuseppe Tominz, maestro nell’evocare atmosfere goriziane e triestine, esposto nelle sale dei Musei Provinciali di Borgo Castello a Gorizia, rappresenta la borghesia ebrea ricca e felice attraverso dettagli di abiti, gioielli, arredi e acconciature.

Due libri sono in primo piano nella tela a significare ricchezza non di mero censo ma anche di pensiero. Il capofamiglia, Benedetto, è chiaramente identificabile per la spilla di brillanti con l’iniziale “B”.

Per saperne di più: consigli di lettura

Letture utili: “Beth Ha Chajm. La casa dei viventi. Valdirose il cimitero della comunità ebraica di Gorizia” di M. E. Loricchio e A. Colla e “L’oscurità luminosa invade la stanza. Dialoghi con Carlo Michelstaedter dopo il 17 ottobre 1910”, di Antonella Gallarotti, entrambi usciti per Edizioni della Laguna. “Un’eterna giovinezza. Vita e mito di Carlo Michelstaedter” di Sergio Campailla, Marsilio “Vite di confine” di Toni Capuozzo, Biblioteca dell’Immagine.

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