Il Paradiso in Villa a Castelfranco

Il complesso Bolasco nella cittadina in provincia di Treviso ha una lunga storia e un presente che stupisce per architetture e botanica. Splendente, distrutto e risorto: oggi incanta con le statue, il lago e i suoi mille e 500 alberi, molti dei quali secolari

Marina GrassoMarina Grasso
L’anfiteatro del parco Bolasco di Castelfranco delimitato dalle 52 statue, pensato per il galoppo
L’anfiteatro del parco Bolasco di Castelfranco delimitato dalle 52 statue, pensato per il galoppo

Da un cinquecentesco “Paradiso” a “Parco più bello d’Italia” nel 2018, attraverso il susseguirsi di doviziose cure e tristi abbandoni, passando per la riprogettazione ottocentesca fino all’attuale identità di centro di studi e di ricerca dell’Università di Padova, incastonato in raffinate architetture e otto ettari di verde e acque a pochi passi dal medievale castello di Castelfranco Veneto.

Quella della Villa e Parco Bolasco è una storia lunga e avvincente tanto quanto il suo giardino all’inglese con immense piante antiche, laghetti artificiali, sculture e architetture che la raccontano, come la grande villa ottocentesca finemente decorata e corredata di una sontuosa scuderia.

Si parte dal Paradiso

Una storia che comincia dal “Paradiso”, la casa grande residenza quattrocentesca della veneziana famiglia Morosini che, dopo la morte di Marina Morosini diventarono di proprietà di suo marito Giacomo Corner, nipote di Caterina regina di Cipro.

Nel 1601 i Corner si affidarono a Vincenzo Scamozzi, l’archistar dell’epoca, per una profonda ristrutturazione: il vecchio palazzo fu abbattuto e sostituito da due edifici simmetrici e fu introdotta una nuova peschiera, mentre sul finire del Seicento Orazio Marinali punteggiò di statue il trionfale viale prospettico d’accesso.

Ma il lussureggiante complesso, così come la fortuna della potentissima famiglia Corner, non resistette alla caduta della Serenissima: nel 1803 Nicolò Corner Giustinani, per sfuggire alle imposizioni fiscali, fece abbattere gli edifici e trasformò in “terra incolta e nuda” il giardino, sul quale restarono però le sculture e due torri colombare che ancora oggi delimitano i confini del Parco: resti di una storia che sembrava essersi chiusa.

Le torri colombare esistono ancora oggi (ph Elisabetta Perrone)
Le torri colombare esistono ancora oggi (ph Elisabetta Perrone)

Il conte Francesco Revedin acquistò la tenuta nel 1808 con il fratello Antonio, ma solo verso la metà dell’Ottocento, ormai “signore e padrone politico” di Castelfranco, anche grazie all’appoggio del governo austriaco, affidò all’architetto Giovan Battista Meduna la riprogettazione dell’intero complesso.

La villa e il suo giardino

Sorse così l’attuale villa, composta da una serie di austeri e imponenti edifici disposti attorno a due cortili e distinti in una parte agricola e una padronale che ruota attorno a uno scalone monumentale, con uno spettacolare Salone delle Feste riccamente affrescato da Giacomo Casa e una scuderia, che testimonia l’amore del conte per i cavalli, così come la spettacolare Cavallerizza nel parco.

Si tratta di un anfiteatro delimitato da 52 sculture – di cui 44 sono le statue realizzate da Marinali per il giardino Corner – ideato dall’architetto francese Marc Guignon per il galoppo dei cavalli, il cui accesso è simbolicamente segnato da due imponenti Destrieri speculari, sempre di Marinali, che testimoniano anche il limite settentrionale del distrutto giardino Corner.

A stratificare ulteriormente la storia che si può leggere passeggiando nel giardino (anche con l’aiuto dell’app gratuita) seguirono poi gli interventi di fine Ottocento dell’architetto Antonio Caregaro Negrin, che trasformò le antiche peschiere in un lago navigabile, con una singolare cavana per il ricovero delle barche, e realizzò su un’isoletta la curvilinea serra in stile moresco. Il risultato è quello che oggi si ammira: specchi d’acqua su cui si riflette la facciata interna della Villa, percorsi serpeggianti tra rialzi di terreno e avvallamenti, isolette collegate da ponticelli di ferro.

Gli alberi

E, soprattutto, circa 1.500 alberi tra piante secolari e altre scelte con cura dall’Università di Padova, proprietaria del complesso (grazie alla donazione dell’ultima proprietaria, Renata Mazza vedova Bolasco), che dopo molti anni di incertezze e un lungo restauro lo ha portato ad essere eletto, nel 2018, “Parco più bello d’Italia” . 

La Villa ospita eventi d’arte e convegni

Villa Bolasco è una sede del Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali dell’Università di Padova. Vi si può accedere solo in occasione di eventi o con le visite guidate all’intero complesso (durata 90’) tenute dalle guide naturalistiche dell’Orto Botanico di Padova da marzo a ottobre.

Dal 2017, anno della prima apertura al pubblico, ha proposto numerosi convegni ed eventi artistici, didattici e divulgativi registrando circa 40.000 presenze e 2000 gruppi in visita guidata.

Nel centro cittadino, come arrivare

Il Parco Revedin Bolasco è nel centro di Castelfranco Veneto, a dieci minuti di cammino dalla stazione ferroviaria e ben servito da autobus (mobilitadimarca.it).

L’ingresso principale per i visitatori è in via Ospedale.

Fino al 1° novembre è aperto sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 18 (chiuso in caso di maltempo), poi riaprirà in primavera.

Biglietti: 5 euro, famiglie 13 euro, gratuito per bambini fino a 5 anni. Informazioni e prenotazioni: 049.8273939 – prenotazioni@villaparcobolasco.it.

 

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