Fallico (Conoscere Eurasia): «L’export del Nordest in Russia può crescere del 25%»

Il console onorario della Federazione Russa a Verona e presidente di Banca Intesa Russia: «Occorre essere più propositivi sulle iniziative da mettere in campo. Un buon esempio è quello che stanno facendo le Confindustrie di Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige»

Federico Piazza
Antonio Fallico
Antonio Fallico

Il Nordest sarà il protagonista italiano nelle prossime due edizioni del Forum economico internazionale di San Pietroburgo (Spief), la cosiddetta “Davos russa”, importante appuntamento annuale nel contesto euro-asiatico. A settembre 2022 infatti la regione italiana ospite d’onore sarà il Trentino Alto Adige, mentre nel 2023 sarà la volta del Friuli Venezia Giulia. Lo conferma il professor Antonio Fallico, presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia, console onorario della Federazione Russa a Verona, e presidente di Banca Intesa Russia: «Un’opportunità speciale per illustrare le potenzialità del sistema economico regionale rispetto alla Russia e a tutti i Paesi che partecipano al Forum».
E il Veneto? Al netto delle ricadute sull’economia delle tensioni internazionali sull’Ucraina tra Mosca, Washington e Bruxelles (cioè se le relazioni tra Occidente e Russia non precipiteranno nei prossimi mesi), cosa può fare la principale regione del Triveneto per supportare le sue imprese verso i mercati di Federazione Russa, Unione Economica Euroasiatica (UEEA) e Comunità degli Stati Indipendenti (CIS)? Fallico non ha dubbi: «Se si mettono a sistema le potenzialità del Veneto, l’export regionale verso la Russia potrebbe incrementarsi di almeno il 25%. Ma occorre essere più propositivi sulle iniziative da mettere in campo, a partire dalle varie articolazioni del sistema locale d'impresa. Da questo punto di vista, un buon esempio è quello che stanno facendo le Confindustrie di Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige e che auspico venga seguito anche in Veneto».

Una vista di San Pietroburgo
Una vista di San Pietroburgo

Professore, partiamo dai dati aggiornati Istat sull’interscambio commerciale con la Russia elaborati dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo per l'Associazione Conoscere Eurasia. Cosa ci dicono?

«Nei primi nove mesi del 2021 l’export delle tre regioni del Triveneto verso la Federazione Russa ha superato i livelli dello stesso periodo del 2019, per un totale di 1,2 miliardi di euro (+4,3% sul 2019, +10,8% sul 2020), con macchinari e apparecchiature come prima voce per circa un terzo del totale. Trend confermato anche allargando lo sguardo all’intera area UEEA (comprendente anche Armenia, Bielorussia, Kyrgyzstan e Kazakhstan), che testimonia una capacità di reazione importante dell’export dei distretti manifatturieri dopo la forte caduta del 2020, in primis di quelli con il più alto numero di brevetti green (recente analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo)».

Nel contesto della politica di import substitution portata avanti da Mosca, oggi per cogliere le opportunità del mercato russo si avverte maggiormente l’esigenza di internazionalizzare le imprese, localizzandovi strutture commerciali, assistenza tecnica e per molti settori anche insediamenti produttivi. Come è messa l’Italia?
«I tedeschi in Europa sono i maggiori investitori in Russia con 2500 aziende, seguiti dai francesi con 1000 imprese. L'Italia è terza, con circa 400 aziende. Lo stock di investimenti esteri italiani nella Federazione Russa ha raggiunto nel 2020 i 13 miliardi di euro, pari a poco più del 2% del nostro totale nazionale, con un flusso netto in riduzione negli ultimi quattro anni, mediamente inferiore al miliardo annuo, rispetto ai 2,5 del 2016 (dati Istat-Ice elaborati secondo il principio Asset/Liability del Fmi)».

Internazionalizzazione ed export in Russia ed Eurasia: cosa può fare il Nordest?
«Il Triveneto ha grandissime possibilità. Se si mettono a sistema le potenzialità del Veneto, l’export regionale verso la Russia potrebbe incrementarsi di almeno il 25%. Ma occorre essere più propositivi sulle iniziative da mettere in campo, a partire dalle varie articolazioni del sistema locale d'impresa. Da questo punto di vista, un buon esempio è quello che stanno facendo le Confindustrie di Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige e che auspico venga seguito anche in Veneto».

Cioè?
«In Friuli Venezia Giulia, rispetto alla riconosciuta strategicità del mercato russo per l’economia regionale, c’è un’ottima sinergia tra le associazioni delle imprese locali, Confindustria in testa, e l’Amministrazione della Regione Autonoma. Per esempio, come annunciato durante il Terzo Seminario Italo-Russo di Trieste lo scorso settembre, il Friuli Venezia Giulia parteciperà come Regione italiana ospite d’onore all’edizione del 2023 del Forum economico internazionale di San Pietroburgo, un importante evento business sui mercati euro-asiatici, organizzato annualmente dal 2005 sotto l’egida del governo della Federazione Russa. Mentre alla prossima edizione Spief di settembre 2022 la Regione italiana ospite d’onore sarà il Trentino Alto Adige. È un’opportunità speciale per illustrare le potenzialità del sistema economico regionale rispetto alla Russia e a tutti i Paesi che partecipano al Forum, non solo per l’export e l’internazionalizzazione delle imprese ma anche in direzione opposta, per attrarre investimenti esteri nel Nordest».

Investimenti russi nel Nordest?

«C’è molto interesse da parte degli investitori russi, non solo su Venezia, ma anche verso le aziende private (nel veronese e in Friuli) e, in generale, verso le infrastrutture italiane, soprattutto quelle aeroportuali. Ma serve più apertura per attrarre investimenti, con condizioni di maggiore reciprocità e di certezza su fattibilità e tempi degli iter autorizzativi. Occorre quindi fare un salto culturale, vedere nella Russia un partner affidabile anche negli investimenti nelle nostre infrastrutture. Inoltre è necessario curare le relazioni anche dal lato delle importazioni: la Russia è un fornitore strategico di materie prime. Il Veneto per esempio è oggi privilegiato nell'approvvigionamento di gas, con il vecchio contratto tra Gazprom e Ascopiave ancora in essere che presenta condizioni di favore fino al 2025».

Torniamo in Russia, quali sono i territori dove è più rilevante la presenza italiana?
«Kaluga, a ovest di Mosca, è oggi la zona più attiva, con in particolare una concentrazione di aziende della ceramica. Sempre nella Russia europea, a Vladimir a est della capitale operano realtà importanti come Marcegaglia e Ferrero, che qui intende aprire un secondo stabilimento. Mentre a sud c’è Lipeck, la regione di insediamento storico degli italiani, avviato a inizio anni duemila da Indesit (oggi Whirlpool, che detiene intorno a un quarto del mercato russo degli elettrodomestici) e attorno a cui si è sviluppata una presenza di aziende di vari settori, non solo della filiera del bianco, che hanno contribuito a rendere quest’area e la sua Zona Economica Speciale (ZES) una delle più sviluppate ed attrattive per gli investimenti di tutta la Federazione Russa. Vi operano, tra gli altri, anche gli stabilimenti della Zanussi, di Alu-Pro e di Sest-Luve. E poi, oltre ai grandi gruppi dell’energia e della chimica come Enel, Eni e Maire Tecnimont, ci sono Pirelli a Voronezh e Kirov, Mapei a Ekaterinburg, San Pietroburgo e Regione di Mosca, Orion e Acciaierie Cividale a Chelyabinsk, e Fiat e Iveco a Togliattigrad e nella Repubblica del Tatarstan».

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