Cucina&Finanza, la storia dell'impero Alajmo: fermarsi mai
Rompere la routine quotidiana di un ristorante di successo; crearsi vie di fuga verso nuove avventure; dare spazio alle insorgenti "passioni temporanee". E' questa la ricetta con cui Raffaele Alajmo spiega il successo delle attività di famiglia.
"Poi è chiaro che alla base c'è la passione, per un lavoro che è anche uno stile di vita. Ma il termine passione porta con sé, sempre, anche una vena di patimento, difficoltà che poi, quando riesci a superarle, ti realizzano e danno un sapore diverso a quello che fai."
Così nasce la Alajmo Spa, la holding di cui è amministratore delegato e che gestisce oggi dieci strutture fra Padova, Venezia, Milano, Parigi, Marrakech e Cortina; che dà lavoro a 160 persone (prima dell'emergenza Covid erano 200); che nel 2020 ha fatturato 7,5 milioni di euro (contro i 15 del 2019); che in piena pandemia da Coronavirus ha lanciato due Hostaria, una nell'isola di Certosa a Venezia (a giugno) ed una a Cortina (a dicembre).
Come sta andando a Cortina?
"Bene, ma andava meglio quando abbiamo potuto avere, per un paio di settimane a dicembre, i clienti per lo meno a pranzo. Adesso siamo limitati all'asporto. Tanto lavoro, ma con incassi limitati."
Cosa sarebbe necessario?
"In questa fase di convivenza forzata con il virus non si possono dare le stesse regole per il grande ristorante, che garantisce il distanziamento e tutti i protocolli di sicurezza ed un bar della movida. Insomma, come avviene per le stelle degli hotel, ci dovrebbe essere una distinzione fra i diversi locali, non un unico codice Ateco."
IL MANAGER
Ma come nasce Raffaele Alajmo? E come si definisce?
"Diciamo che adesso curo i luoghi, faccio le strategie, mi muovo in continuazione tanto da non avere più un ufficio, ma uno zainetto che mi segue ovunque e dove ho tutto quello che mi serve. Ma la storia inizia da lontano, dal momento in cui, finiti gli studi di ragioneria e seguito un corso da sommelier, nel 1989 feci un bel viaggio con alcuni compagni di studi e con mio fratello Massimiliano.
"Un viaggio di studio che ebbe inizio da uno dei maestri della nouvelle cusine, Paul Bocuse a Lione. Ci colpì tutto: lui, che si presentò con la sua toque (il cappello da chef. n.d.r.) e ci guidò poi a visitare la sua cantina; i murales con la sua immagine alle pareti; il fascino dell'ambiente; la cena, naturalmente, e le sue spiegazioni. Poi proseguimmo visitando altri ristoranti a Parigi e Strasburgo. Fino ad allora Massimiliano ed io ci eravamo limitati e lavoricchiare nel fine settimana per guadagnarci la paghetta settimanale.
Al ritorno dovevo una risposta a mio padre, su cosa avevo intenzione di fare della mia vita. Università? Lavoro? Gli dissi, con grande chiarezza, che volevo fare il miglior ristorante d'Italia. E la sua risposta fu: 'Datti da fare'. Mi occupavo già della carta dei vini, così svuotai il magazzino sotto a Le Calandre, il ristorante dei miei, e creai la cantina; poi a lui offrirono un nuovo ristorante, al golf de La Montecchia sotto ai sui Colli Euganei, e così Massimiliano ed io decidemmo di prendere Le Calandre e di andare avanti, spingendo da subito sull'innovazione, mettendo in pratica le nostre idee."
Che rapporto c'è fra voi?
"Siamo molto diversi e complementari, Massimiliano è un creativo, io sono più concreto. Poi quando c'è qualche diversità di vedute ci sono i nostri genitori e nostra sorella Laura a mediare. Ma tutte le scelte le abbiamo fatte sempre insieme perché il vero segreto è che ci vogliamo molto bene. In comune abbiamo la voglia di sperimentare, il non essere mai soddisfatti, il voler proporre al nostro cliente il meglio, come se seduti a tavola ci fossimo noi."
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LE TRE STELLE
Le Calandre di Sarmeola di Rubano (Padova), gestito da Rita Chimetto (in cucina) e Erminio Alajmo (in sala) conquistarono la prima stella Michelin nel 1992; due anni dopo i figli Massimiliano (Max, classe 1974) e Raffaele (Raf, 1968) prendono la guida del ristorante, come chef e manager.
Le stelle Michelin diventano due nel 1997 e tre nel 2003, così che Max diventa il più giovane chef al mondo ad aver ricevuto, a soli 28 anni, questo prestigioso riconoscimento. Poi nel 2010 il cambio di marcia.
"Abbiamo deciso di smontare e rifare Le Calandre. Siamo stati il primo ristorante stellato, ad esempio, senza tovaglie: abbiamo fatto rifare i tavoli con un frassino olivato, spazzolando la venatura, un legno che parla, che ha una vita. Abbiamo rifatto il menù, anche graficamente; ridisegnato i calici e rivisitato l'ambiente, mettendo al centro del nostro progetto la stessa manualità che vogliamo esprimere anche in cucina, gli stessi ingredienti naturali. Stavamo anticipando allora anche la voglia di informalità che cominciava ad emergere, con il cliente che non si presentava più da noi in giacca e cravatta come una volta."
Rompere la routine
"Adesso è ancora attuale la nostra impostazione? Sì, ma ci stiamo già interrogando su come sarà la ristorazione fra 10 anni? E' questo ancora l'obiettivo, precorrere i tempi, continuare ad essere innovativi in tutto quello che facciamo. Ma c'è stato un altro ragionamento che si è innestato su tutto questo e ci ha fatto cambiare marcia."
Ovvero?
"La routine del lavoro. I nostri genitori hanno sempre lavorato a ritmi forsennati: dalle 9 del mattino alle 2 di notte, riposo solo al lunedì. Una routine da cui non vedevo vie di fuga, ma che volevo cambiare, per me e per il mio staff, per avere anche una vita privata. Allora abbiamo deciso di concederci un riposo dapprima la domenica sera, poi tutta la domenica, infine di staccare dal sabato sera al martedì a pranzo. Due giorni e mezzo di relax."
Contraccolpi?
"Come ci ha sempre detto Ferran Adrià (il padre della cucina molecolare, n.d.r.) se sei un ristorante conosciuto, dove la gente viene per fare una determinata esperienza, se trova chiuso riprova, così come se trova tutto occupato. Ovvero ridurre il tempo di apertura alla fine giova, non è un limite. Anche se poi devi fare i conti a fine mese, cercare un nuovo equilibrio, perché il nostro è un mestiere in cui si lavora tanto e si guadagna poco."
Come ci siete riusciti?
"Decidendo di crescere. Eravamo all'inizio del 2009; febbraio è sempre un mese difficile, dove di solito hai una caduta di cassa, ma un cumulo di tasse da pagare (dovute agli incassi dei mesi precedenti), le uscite sono il doppio degli incassi, i fidi sono tirati. Allora ho convocato una riunione di famiglia ed ho detto: se non cambiamo sarà sempre così. Abbiamo già un responsabile amministrativo, una struttura di comunicazione, uffici che ci aiutano nella gestione: o mandiamo a casa 6/7 persone o cresciamo per farle lavorare al servizio di una struttura più ampia. E così abbiamo fatto."
Una nuova struttura finanziaria
"Abbiamo trovato un socio, la Palladio Finanziaria di Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo, nostro affezionato cliente. Hanno fatto una due diligence, ci hanno misurati, abbiamo fatto insieme un piano di crescita e da azienda familiare siamo diventati una holding con una struttura organizzativa maggiormente definita, con pianificazione e sistema di controllo. Palladio è entrata con un aumento di capitale che li ha portati ad avere il 25% delle quote della Alajmo Spa, un'azienda nuova con cui siamo ripartiti, prendendo anzitutto il Gran Caffè Quadri a Venezia."
E poi?
"Poi abbiamo preso il Caffè Stern a Parigi, che ci ha dato la possibilità di conoscere Philippe Starck con cui è nato un rapporto di stima reciproca e di amicizia, tanto che lo abbiamo coinvolto dapprima nel ristorante Amo al Fondaco dei Tedeschi e poi nella ristrutturazione del Quadri, che ha curato insieme a Marino Folin e con il contributo di artigiani tutti veneziani. Davvero un bel progetto made in Venice di cui siamo particolarmente orgogliosi."
Ed ora?
"E' chiaro che con la struttura che ci siamo dati è stato come passare da volare a vista ad un volo strumentale. E la strumentazione che abbiamo acquisito, e che ti sa dire con perfezione quanto carburante hai nel serbatoio, risulta utile anche quando non voli, come adesso, perché la pandemia ti tiene a terra. Ti aiuta a programmare, oltre a fornire garanzie alle banche. Dopo i sette anni previsti dal loro investimento, fatto con il fondo a scadenza Venice, abbiamo fatto un nuovo piano industriale e ci siamo proposti ad altri investitori, Oggi il nostro socio, con il 25%, è un imprenditore indiano, Analjit Singh, che ha altri interessi in Italia a Firenze, ma anche a Londra ed in Sudafrica, si occupa di alberghi e condivide la nostra voglia di crescere ancora."
La pandemia ha bloccato questa crescita?
"Se guardiamo il fatturato è indubbio. Ma il lockdown ci ha offerto anche la possibilità di sperimentare ancora. Con la Hostaria in Certosa, nata da una collaborazione con Alberto Sonino, medaglia d'oro di mondiali di vela, che ha preso in concessione l'isola della Certosa e siamo riusciti, in estate, a realizzare un ristorante temporaneo dando lavoro a 25 persone e con un grande successo. Poi abbiamo aperto Hostaria in Cortina, in collaborazione con un altro amico, Renzo Rosso.
A settembre infatti ho visto che le prospettive invernali per Venezia sarebbero state tragiche, così ho chiamato Renzo, che mi aveva parlato del suo nuovo acquisto, l'hotel Ancora in pieno centro a Cortina, del suo progetto di restaurarlo, dei lavori che aveva in mente di fare e gli ho chiesto se mi avrebbe affittato temporaneamente la struttura." Perché rilanciare proprio adesso? "Per far vedere che siamo vivi. Non bisogna fermarsi, arrendersi, limitarsi ad aspettare che tutto passi. Dobbiamo invece adattarci alla situazione e guardare avanti. Noi stiamo reagendo, nonostante tutto."
IL RITRATTO
Raffaele Alajmo è nato a Padova il 18 gennaio 1968 ed ha tre figli: Giovanni (1996) lavora attualmente in sala a Cortina, ma è già stato responsabile di Caffè Stern a Parigi, poi ha lavorato al Sesamo di Marrakesh (recentemente designato come miglior ristorante dell'Africa), "sta seguendo in questa fase di lockdown il commercio elettronico e poi prenderà la guida del Quadri". Giuditta (1999) studia comunicazione all'Università di Bologna e segue le pagine social del gruppo; Sofia (2002) è al quinto anno del liceo linguistico. Raffaele vive e lavora con Mariangela Spada da 10 anni sua compagna inseparabile.
I maestri
"Luigi Veronelli, che feci di tutto per conoscere, portandogli nel suo studio a Bergamo la mia prima carta dei vini quando ero ancora un ragazzo di 21 anni. Poi è venuto spesso a mangiare da noi, accompagnato dal suo medico ed amico (suo e nostro) Mauro Defendente Febbrari; quindi Gianni Frasi, torrefattore dal quale ci forniamo da trenta anni di Verona, filosofo, studioso, anche lui ormai scomparso come Veronelli. Infine Raul Patat, mio primo mentore sulla qualità dei vini."
Le stelle, i premi e una nuova realtà a H-Farm
Hostaria è un format di locali informali e confortevoli, con una ricca carta dei vini, un'ampia lista di cocktail e un ritmo musicale che accompagna tutta la giornata. Ultima tappa di un percorso che la famiglia Alajmo ha iniziato dal ristorante Le Calandre che, nel 2006 si è classificato nel ranking più alto delle tre guide gastronomiche in Italia: tre stelle Michelin, 19.5 punti nelle Guide Espresso, tre forchette e 93 punti per il Gambero Rosso.
Nel 2008 anche La Montecchia (struttura che è stata lasciata a dicembre dopo 26 anni di lavoro) ha ricevuto una stella Michelin; e nel 2011 è stata la volta del Gran Caffè Quadri a Venezia. Due significativi riconoscimenti sono arrivati in questi giorni per Caffè Stern, che è stato premiato come miglior ristorante italiano di Parigi da parte delle guide Lebey, mentre Sesamo, il ristorante all'interno del Royal Mansour Marrakech, in Marocco, è stato designato come miglior hotel restaurant in Africa da parte dei World Culinary Awards. Vita nuova intanto per Amor, il locale fast food dove è stata lanciata la pizza con lievitazione al vapore, brevetto di Massimiliano, che da Milano si trasferirà entro marzo nel campus di H-Farm a Roncade.
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