Danieli sigla accordi con Metinvest, Mmk e Tata Steel per le acciaierie green
Al via lo studio di soluzioni innovative per abbattere la CO2. A breve la scelta degli ucraini sul sito del nuovo laminatoio: sotto esame due sedi in Italia, tra cui Trieste, e una in un Paese che si affaccia sull Adriatico
UDINE. La necessità di rendere più sostenibile la produzione di acciaio, azzerando l'impiego del carbone e abbattendo le emissioni di CO2, mantenendo la competitività, è uno dei “motori” della crescita, già avviata e destinata ad aumentare in futuro, del Gruppo Danieli, tra i principali produttori al mondo di impianti siderurgici.
Il business passa certamente dalla costruzione di nuove acciaierie, ma anche dall’ammodernamento di quelle esistenti attraverso l’utilizzo di tecnologie che consentano, ad esempio, il passaggio dal carbone al gas e, in prospettiva, all’idrogeno, o trovando modalità di compensazione della CO2 che viene emessa, per ridurre la Carbon tax che pesa, anch’essa, sulla competitività del prodotto. In questa direzione vanno tre accordi che Danieli ha appena siglato con alcuni big dell’acciaio: l’ucraina Metinvest, la russa Pjsc Mmk, e l’indiana Tata steel.
L’impegno con Metinvest, in attesa della decisione del gruppo ucraino su dove collocare il nuovo impianto da 600/700 milioni di euro (sul cui investimento il board ha già deliberato) tra i potenziali siti individuati, e sono tre di cui due in Italia, tra cui Trieste, e uno in un altro Paese che si affaccia sull’Adriatico, riguarda l’implementazione di tecnologie per la produzione di “acciaio verde” sia negli stabilimenti operativi del gruppo in Ucraina che nei Paesi Ue. Rispetto alla decisione sulla sede del nuovo laminatoio, nulla si sa ancora, ad eccezione del fatto che «la Regione - spiega l’assessore alle Attività produttive, Sergio Bini - sta lavorando insieme agli altri soggetti coinvolti. È assoluto interesse del Fvg attrarre questi grandi investimenti anche per le ricadute occupazionali sul territorio». È noto che il Gruppo ucraino intende costruire un nuovo laminatoio e se la scelta cadrà sul Fvg, l’area interessata è quella delle Noghere nel comune di Muggia.
Un’altra intesa Danieli l’ha siglata con i russi di Mmk e anche questa ha l’obiettivo di identificare le tecnologie utili al processo di decarbonizzazione degli impianti, con conseguente migliore sostenibilità ambientale e riduzione delle emissioni. Stessi impegni con Tata steel. «L’obiettivo che abbiamo in comune - spiega il presidente di Danieli, Gianpietro Benedetti - è quello di accelerare il percorso del mondo dell’acciaio verso la sostenibilità. Le strade per raggiungerlo sono diverse come diversi sono gli impianti oggi in esercizio. Da qui la necessità di studi approfonditi su ogni singolo impianto per costruire soluzioni taylor made, ovvero su misura. Laddove sono presenti gli altiforni, la prima tappa è quella di ridurre, grazie alla tecnologia sviluppata da Danieli Corus, le emissioni di CO2 dal 14 al 35%, la seconda prevede la sostituzione del carbone con il gas, per arrivare, quando sarà disponibile, all’utilizzo dell’idrogeno e al risultato finale che sarà il Net zero».
Un percorso che richiede investimenti ai produttori di acciaio, ma che prevede penalizzazioni per chi non lo avvia. «La tassa sulle emissioni di CO2 (oggi sopra i 50 euro a tonnellata) è destinata a crescere significativamente - ricorda Benedetti - e produrre acciaio in modo non sostenibile rischia di essere penalizzante. Una valutazione ragionata deve dunque tenere conto che il costo di produzione (Opex) non è più solo il costo di trasformazione per tonnellata più il costo degli ammortamenti, ma deve tenere conto anche della tassa sulla CO2 per tonnellata di prodotto».
Infine, a completare il quadro, c’è anche la normativa europea allo studio che istituisce la tassa sulle emissioni di CO2 dei prodotti importati: una sorta di “dazio alla frontiera” destinato a penalizzare maggiormente chi più inquina. Intuibile che le intese siglate da Danieli sono propedeutiche all’acquisizione di ordini.
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