Export, anno nero causa Covid: Treviso e Belluno hanno perso due miliardi nel 2020
TREVISO / BELLUNO - Il commercio estero nelle province di Treviso e Belluno, bilancio 2020: persi nelle due province quasi due miliardi di export. Treviso in flessione del -7,3% su base annua: penalizzati il sistema moda e il settore dei macchinari; il mobile recupera nel secondo semestre; elettrodomestici e carpenteria chiudono in positivo. L’export bellunese flette del -21,8% a causa dell’occhialeria: peggior performance tra le province venete e una delle peggiori in Italia (94esima sulle 108 province analizzate dall’Istat).
Le esportazioni venete
Nel 2020 le esportazioni italiane hanno registrato una contrazione pari al -9,7% rispetto ai livelli del 2019: risultato di un primo semestre marcatamente negativo (-16,2%), condizionato dal lockdown di primavera, e di una seconda metà d’anno caratterizzata da un progressivo ma parziale recupero del terreno perso (-3,3% la variazione tendenziale nel secondo semestre, che si assottiglia al -1,8% se si considera la variazione tendenziale nell’ultimo trimestre).
La contrazione dell’export regionale, pari al -8,2%, è leggermente inferiore alla media nazionale, determinata anche per il Veneto dal recupero avvenuto nel secondo semestre 2020 (-1,2%), di contro alla flessione a due cifre (-15,2%) registrata nel primo.
Dando uno sguardo alle singole province venete si evidenziano Treviso e Verona per contrazioni annuali inferiori rispetto alla media regionale (rispettivamente: -7,3% e -4,2%) mentre Padova, Vicenza e Venezia accusano variazioni più sostenute rispetto al dato medio. Le due province venete più piccole estremizzano i risultati: a Belluno la caduta dell’export è pari al -21,8%, condizionata dall’occhialeria, mentre a Rovigo si registra una crescita del +29,5%, per effetto del buon andamento delle vendite di prodotti chimico-farmaceutici.
L’export trevigiano nel dettaglio
Le esportazioni trevigiane, pari complessivamente a 12,7 miliardi di euro, perdono il -7,3% rispetto ai livelli del 2019, che in valori assoluti corrisponde a mancate vendite per quasi un miliardo di euro.
Ragionando per semestri, si colgono meglio le dinamiche contrapposte che si sono innescate, in conseguenza della pandemia e dei vari blocchi di attività. Nel primo semestre l’export trevigiano ha conosciuto una flessione del -17,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; nel secondo semestre si è invece registrato un progressivo recupero (+2,1%) che si è intensificato nell’ultima parte dell’anno (del +5,4% è la variazione del quarto trimestre su base annua, che in valori assoluti ha corrisposto a maggiori vendite per quasi 200 milioni di euro rispetto ai risultati conseguiti nel quarto trimestre dello scorso anno).
Senza un quarto trimestre così vivace, sul fronte delle esportazioni, il bilancio del 2020 poteva chiudersi con note ancora più amare per il manifatturiero trevigiano. Ma è ora interessante analizzare come queste dinamiche infrannuali si replichino o si differenzino nei principali settori in cui si articola l’export trevigiano.
Le esportazioni di macchinari, ad esempio, prima voce dell’export trevigiano per vendite pari a circa 2 miliardi di euro, non partecipa al clima di recupero della seconda parte dell’anno. Il settore risente del clima generalizzato di sfiducia o quanto meno di attendismo, che in diversi settori ha indotto le aziende a rinviare o rivedere al ribasso i piani di investimento per il rinnovo degli impianti di produzione. Accade così che l’export di questo settore perda il -14,8% rispetto al 2019 (-350 milioni di euro), sintesi di una flessione tendenziale molto pesante nei primi sei mesi dell’anno (-21,6%) e di una ulteriore variazione negativa, pur in attenuazione, tra luglio e dicembre 2020 (-7,9%). L’analisi per Paesi di destinazione evidenzia una forte flessione annua delle vendite verso la Spagna (-38,8%; -57 milioni), l’India (-66,2%; -60 milioni), la Russia (-54,4%; -48 milioni) e il Regno Unito (-24,7%; -21 milioni).
Un altro comparto che purtroppo non conosce segnali di recupero nella seconda parte dell’anno è quello del Sistema Moda (tessile-abbigliamento-calzaturiero). La variazione annua è del -17,4% cui corrispondono minori vendite per quasi 400 milioni di euro. Il totale export di comparto passa così dai 2,2 miliardi di euro del 2019 a 1,8 miliardi del 2020.
Considerando le principali merceologie in cui si articola il comparto si segnalano le seguenti evidenze: le calzature, 921 milioni di euro di export, hanno accusato una diminuzione del -14,3% (-154 milioni) rispetto all’anno precedente, sintesi di una forte contrazione avvenuta nel primo semestre (-21,9%) e di una flessione in attenuazione che ha riguardato la seconda parte dell’anno (-6,9%). Contribuiscono al risultato negativo soprattutto le vendite in diminuzione dei primi tre partner commerciali dell’Unione Europea: Germania (-15,8%), Francia (-18,8%) e Spagna (-20,6%).
Più penalizzato il settore del tessile-abbigliamento (936 milioni di euro di export): la flessione su base annua è del -20,3% (-238 milioni). Risente della forte contrazione avvenuta tra gennaio e giugno (-29%) di poco attenuata nel 2° semestre 2020 (-12,3%).
Rispetto a questo blocco di settori fortemente sfavorito dallo scenario Covid, l’export delle bevande, che in provincia di Treviso è riconducibile quasi esclusivamente alla vendita all’estero di vino ed in particolare di Prosecco, evidenzia una flessione molto più contenuta, pari al -3,7% corrispondente a minori vendite per quasi 28 milioni di euro. Dall’analisi su base semestrale il settore risulta in perdita sia nel primo che nel secondo semestre (rispettivamente -4,8% e -2,8%). Però dall’analisi per Paesi emerge che le vendite verso l’Unione europea hanno beneficiato di una discreta crescita nel secondo semestre (+6,2%) a fronte di un prima metà dell’anno appena sotto la stazionarietà (-1%).
Un po’ diversa la storia per il settore alimentare: dietro una variazione annua piatta (-0,8%), si nasconde un primo trimestre molto vivace (+17,5% rispetto allo stesso periodo del 2019), una flessione del -11,5% (sempre su base annua) durante il lockdown di primavera, un trimestre estivo quasi in linea con quello del 2019 e infine un quarto trimestre in significativa flessione (-6,8%): assai probabile conseguenza, quest’ultimo dato, di un segmento ho.re.ca. frenato, anche a livello internazionale, dalla seconda ondata della pandemia e dalle ulteriori misure di distanziamento sociale che sappiamo aver colpito in particolare la filiera dell’accoglienza e della ristorazione. Più penalizzate le vendite all’interno dell’Unione (-2,7%), che rappresentano quasi il 71% dell’export totale, rispetto a quelle extra-Ue che risultano in crescita su base annua (+4,2%).
Le vendite di mobili, pari a quasi 1,7 miliardi di euro – seconda voce export della provincia di Treviso - sono diminuite del -6,5% (-119 milioni) rispetto al 2019. Ma nettamente differenziate sono state le dinamiche nel primo semestre (-19,4% sempre su base annua) rispetto al secondo semestre (+6,0%). Peggio, nel primo semestre, sono andate le vendite verso i mercati extra-Ue (-26%), mentre il recupero avvenuto tra luglio e dicembre ha riguardato in modo omogeneo entrambe le aree. All’interno dell’Unione spiccano due estremi: la flessione annua verso la Francia (-10,6%) e, all’opposto, la crescita verso la Germania (+11,2%) tanto nel primo che nel secondo semestre dell’anno. Al di fuori dell’Unione invece si evidenzia la forte contrazione delle vendite di mobili verso il Regno Unito (-26,8%; -52 milioni), di contro all’incremento verso gli Stati Uniti (+16,7%; +36 milioni).
Il settore della gomma-plastica, in parte sostenuto dalla domanda di dispositivi di sicurezza, in parte esposto alla crisi di altri settori (automotive, giostre), è interessato da una flessione annua delle esportazioni del -4,9% (-28 milioni in valori assoluti): perdita che matura tutta nel primo semestre (-11,9%), a fronte di un incremento export del +2,6% nel secondo semestre, sostenuto in particolare dagli ultimi tre mesi dell’anno (+6,3%). Hanno contribuito alla crescita del secondo semestre le vendite verso i mercati extra-Ue, che tra luglio e dicembre sono aumentate del +9,1%: crescita quasi completamente imputabile al Regno Unito.
Un altro settore che vive un 2020 “diviso a metà” è quello dell’automotive (mezzi di trasporto e componentistica). La flessione su base annua è del -12,4% (-64 milioni in valori assoluti), effetto della forte contrazione accusata durante la prima metà d’anno (-28,7%), poi in parte compensata da un recupero delle vendite tra luglio e dicembre (+5,3%, sempre su base annua), sostenuto soprattutto dall’ultimo trimestre (+15,2% nel confronto con lo stesso trimestre dell’anno scorso). Il buon risultato riscontrato nella seconda parte dell’anno è frutto delle maggiori vendite avvenute all’interno dell’Unione Europea ed in particolare verso la Francia (+105% nel secondo semestre).
Gli ultimi due settori che si commentano sono gli unici, in provincia, fra i primi dieci, che chiudono il 2020 con una variazione dell’export positiva: sono l’elettrodomestico e la carpenteria metallica. Ammonta a quasi 1,3 miliardi di euro l’export trevigiano di elettrodomestici e cresce nel 2020 del +7,5% (+88 milioni di euro). Il settore ha accusato una battuta d’arresto nel primo semestre (-5,5%), ampiamente recuperata nel corso della seconda metà d’anno (+17,9%) Le vendite annue all’interno dell’Unione europea hanno raggiunto il +11,6% sostenute soprattutto dalla Germania (+83,2%; +103 milioni) mentre si sono confermate appena sopra alla stazionarietà al di fuori dell’Unione.
Anche il settore della carpenteria metallica, con export pari a 892 milioni di euro, chiude l’anno 2020 con vendite in aumento del +6,8% (+56,6 milioni) rispetto all’anno scorso. La crescita annua è il risultato di un primo semestre negativo (-20,8%), ma di una seconda metà d’anno che ha ampiamente superato i livelli dello stesso periodo del 2019 (+36,2%). La crescita annua è sostenuta fondamentalmente dalle maggiori esportazioni verso il Regno Unito (+315,7%; +126 milioni) che compensa anche le flessioni all’interno dei Paesi dell’Unione europea (Romania -29%; -28 milioni).
La flessione delle esportazioni trevigiane per aree di destinazione si mantiene in linea con la media provinciale: diminuiscono del -7% (-567 milioni di euro) le vendite verso i Paesi dell’Unione Europea che assorbe quasi il 60% dell’export complessivo e del -7,7% (-428 milioni) quelle indirizzate al di fuori dell’Unione, anche se con andamenti semestrali molto differenziati. Le esportazioni intra-Ue27 subiscono una contrazione del -14,1% nel primo semestre dell’anno a causa delle diminuzioni verso tutti i principali partner commerciali mentre si mantengono perfettamente stazionarie tra luglio e dicembre 2020; quelle extra-Ue invece sono interessate da una più intensa flessione nella prima metà d’anno (-21,5%) con flessioni a due cifre verso i principali Paesi, ma risultano in ripresa nel semestre successivo (+5,2%).
L’export bellunese nel dettaglio
Le esportazioni bellunesi chiudono il 2020 con una variazione annua del -21,8%: la più pesante in Veneto e fra le peggiori in Italia (94esima sulle 108 province analizzate dall’Istat). In valori assoluti, si passa dai 4 miliardi di euro e oltre del 2019, agli attuali 3,2 miliardi circa, per una flessione prossima a 900 milioni di euro. Un risultato condizionato in buona parte dall’occhialeria, settore che muove il 65,4% dell’export provinciale e che chiude l’anno con una flessione delle vendite all’estero del -27,5% rispetto all’anno scorso (-787 milioni di euro).
Esclusa dal computo l’occhialeria, il resto delle esportazioni bellunesi si muove in linea con il dato regionale, con una variazione annua del -8,0% che va letta, come per la provincia di Treviso, dividendo l’anno in due parti: la flessione, infatti, è tutta eredità del primo semestre dell’anno (-16,0%) causa lockdown generalizzato di primavera; mentre nel secondo semestre l’insieme dei settori manifatturieri “altro” dall’occhialeria riescono a mettere a segno una performance sui mercati esteri sugli stessi livelli del secondo semestre del 2019 (+0,4%). Con alcune significative differenze, come ora diremo.
L’ occhialeria accusa una profonda flessione dell’export soprattutto nel primo semestre del 2020 (-40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Solo fra aprile e giugno il settore conosce un crollo delle vendite all’estero, sempre su base annua, prossimo al mezzo miliardo di euro. Nel secondo semestre non si assiste ad un’inversione di tendenza, ma soltanto ad un contenimento dei danni, con una flessione dell’export meno acuta ma ancora ampiamente in territorio negativo (-12,5% rispetto allo stesso periodo del 2019). I flussi relativi al quarto trimestre evidenziano un lieve recupero congiunturale (rispetto al terzo, quasi fisiologico), ma non sconfessano la tendenza di fondo su base annua: ancora fra ottobre e dicembre 2020 il settore accusa minori vendite all’estero per quasi 100 milioni di euro rispetto ai dati del quarto trimestre 2019.
Il secondo settore che sostiene l’export bellunese è quello dei macchinari, per vendite pari a 415 milioni di euro, il 13,1% dell’export provinciale. La variazione annua è negativa anche per questo settore (-6,7%): ma, a differenza dell’occhialeria, sono ben evidenti i segnali di ripartenza dell’export che si manifestano in particolare nel quarto trimestre (variazione tendenziale del +5,3%). Questo dato compensa la prestazione ancora negativa del terzo trimestre e permette al settore di chiudere il secondo semestre quasi in linea con i risultati conseguiti nello stesso periodo del 2019.
La gomma plastica è il terzo settore in provincia per valori export: 127 milioni di euro, per un peso del 4,0% sul totale export provinciale. E’ l’unico settore, per restare ai primi dieci del bellunese, che ha conosciuto una dinamica positiva per tutto il 2020. La variazione annua è del +5,3%, e nel primo semestre è risultata perfino più sostenuta (+5,9%).
Da segnalare infine la buona performance dell’abbigliamento, quinta voce dell’export bellunese con vendite per poco più di 60 milioni di euro. Il settore chiude l’anno in crescita del +3,2% rispetto al 2019, grazie ad un significativo rimbalzo nel secondo semestre (+16,7% su base annua) che compensa ampiamente la flessione (-10,7%) accusata nella prima parte dell’anno.
Lo sguardo generale sulla dinamica export per Paesi è tutta condizionata dall’andamento negativo dell’occhialeria. Le flessioni sono quasi tutte a due cifre, sia con riferimento ai principali mercati Ue (per l’aggregato geografico la variazione annua è del -16,7%), sia con riferimento a quelli extra-Ue (del -25,9% la variazione annua per questo aggregato).
Anche per l’export bellunese, come per quello trevigiano, meno acuta appare la flessione delle vendite verso la Germania: la dinamica annua è del -11,2%; ma nel secondo semestre riesce a portarsi, di poco, in territorio positivo (+1,2%). All’opposto si posiziona la dinamica delle vendite verso la Spagna: del -34,4% su base annua, corrispondente a quasi 100 milioni di vendite in meno. Verso gli Stati Uniti la caduta dell’export bellunese e del -20,4% nel 2020, corrispondente a minori vendite per 183 milioni di euro. Seguono, di analoga intensità, le flessioni verso Cina (-28,3%) e Regno Unito (-24,7%). Particolarmente profonde le cadute dei flussi export verso Messico (-44,4%), Brasile (-46,7%) e verso gli Emirati Arabi (-43,2%).
Il commento del Presidente Mario Pozza
E’ un drammatico bilancio - afferma il presidente della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, Mario Pozza - quello offerto dai dati Istat relativi all’andamento delle esportazioni trevigiane e bellunesi nell’anno di Covid, qui elaborati dal nostro Centro Studi. Sommando le due province, abbiamo perso quasi 2 miliardi di export rispetto ai risultati del 2019. A livello regionale sono 5,3 i miliardi di export in meno rispetto all’anno scorso.
I settori più penalizzati sono, nel trevigiano, il sistema moda, e nel bellunese l’occhialeria – continua il Presidente. Il sistema moda lascia sul terreno minori vendite all’estero per quasi 400 milioni di euro rispetto al 2019 (-17,4%). L’occhialeria bellunese conosce una contrazione delle esportazioni del -27,5%, che corrisponde a minori vendite per quasi 800 milioni di euro.
Ma il clima d’incertezza generato a livello globale dalla pandemia – spiega Pozza - non è favorevole neppure all’industria dei macchinari, nostra prima voce export da sempre nel trevigiano. Riusciamo comunque a vendere 2 miliardi di macchinari, in giro per il mondo, e di questi tempi è davvero un grande risultato, ma ci mancano all’appello quasi 350 milioni di export rispetto al 2019, per una flessione anche in questo caso pesante, del -14,8%.
Più confortanti – sottolinea Pozza - i segnali che vengono dai settori legati al sistema casa: l’elettrodomestico riesce a mantenere in crescita la propria dinamica export, e l’industria del mobile, dopo la forte frenata durante il lockdown di primavera, riesce a riprendersi bene nella seconda parte dell’anno. Anche la carpenteria metallica fa uno straordinario balzo nella seconda parte dell’anno, chiudendo il 2020 con export in crescita del +6,8%. Si difende molto bene anche l’industria bellunese della gomma plastica, con un export in crescita del +5,3% sul 2019.
E’ chiaro – conclude amaro il Presidente Pozza – che qui riceviamo tutta l’ondata d’urto della pandemia, non certo inattesa, ma che quando prende forma oggettiva in questi dati fa comprendere quanto profonde siano le ferite che dovremo curare nel nostro tessuto produttivo. Per fortuna, in controluce a questo bilancio negativo, non mancano segnali incoraggianti, come abbiamo visto: settori che comunque riescono ad agganciare la ripartenza della domanda internazionale, che fanno capire quanto questo sistema continui ad avere una solida competitività internazionale, pur nell’incertezza di una pandemia che non accenna a darci tregua finché i piani vaccinali non arriveranno alla copertura sperata.
Dobbiamo però essere consapevoli – sottolinea il presidente - che in questa ripartenza della domanda internazionale il mondo sta girando a due velocità. Cina e sud-est asiatico stanno correndo più di noi, e hanno tutto l’interesse a favorire, nelle forniture, le loro aziende, piuttosto che farle arrivare a noi. Ciò ci sta creando degli svantaggi: sono diverse le aziende che mi segnalano difficoltà di approvvigionamento dalla Cina. E’ un tema di politica industriale da gestire a livello europeo, quello che in questi giorni sto ponendo in più occasioni: bisogna ridurre la nostra dipendenza economica dalla Cina e attuare un piano di rientro, possibilmente in Italia o almeno in Unione europea, di produzioni strategiche. E’ indispensabile, inoltre, attuare politiche per proteggere le aziende dagli elevati costi delle materie prime, di cui la Cina ha fatto incetta e che non lascia scelta alle nostre imprese che si vedono costrette ad acquistare a prezzi imposti, per continuare le proprie produzioni portandole però ad essere fuori mercato e non più competitive rispetto alle aziende concorrenti. Mi auguro infine che il Governo impieghi attivamente tutta la rete delle Camere di Commercio Italiane all’estero, assieme all’ICE, alle Ambasciate e ai Consolati, per incrementare la penetrazione nei mercati internazionali e favorire l’export delle nostre imprese.
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