Fincantieri-WeBuild, Caltagirone-Gavio si ritirano dalla gara per la diga di Genova
Le due cordate che avrebbero dovuto candidarsi a realizzare un’opera da un miliardo di euro, rinunciano: troppo elevati gli extra-costi dei materiali. L’Ance: «Fallimento annunciato»
TRIESTE. Un’opera imponente, quella di maggior valore nell’abito di quelle previste da Pnrr, destinata – per ora – a restare sulla carta. E’ la diga di Genova, intervento da circa 1 miliardo di euro, a cui Fincantieri – che a Genova ha un proprio cantiere – era doppiamente interessata anche in relazione al famoso “ribaltamento a mare”.
Le due cordate che avrebbero dovuto depositare le offerte per partecipare alla gara, hanno formalizzato il loro “no”. Non ci sono le condizioni.
WeBuild, Fincantieri, Fincosit e Sidra, queste le imprese di una cordata, Eteria (Gavio-Caltagirone), Rcm e Acciona, quelle della seconda.
Nel volgere di 24 ore entrambre le cordate hanno informato il presidente dell’Autorità Portuale, Emilio Signorini, che si sarebbero ritirate. La causa sono gli extra-costi per i materiali che rendono non più sostenibile la realizzazione delle opere previste dal bando al prezzo a basa della gara di 929 milioni di euro.
Il cronoprogramma prevedeva l’apertura delle buste ai primi di luglio e l’avvio dei lavori nel 2023, tempistica che, ovviamente, non sarà rispettata.
Un esito che non coglie di sorpresa l’Ance che recentemente, con la presidente nazionale, Federica Brancaccio, e il presidente dell’associazione genovese, Giulio Musso, avevano formalmente e pubblicamente invitato l’Autorità di sistema portuale a fermarsi prima che fosse troppo tardi e «a valutare con attenzione il progetto della diga, a rischio tecnicamente, finanziariamente e operativamente».
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