L’addio di Bono: «Così ho risanato Fincantieri»

L’Ad lascia l’azienda dopo 20 anni: «Quando sono arrivato dominava una cultura tipica delle partecipazioni statali che ci impediva di competere. Oggi siamo un gruppo leader nel mondo con lavoro per i prossimi sei-sette anni». In una targa, e in un video, il “grazie” dei manager e dell’azienda

Piercarlo Fiumanò
Giuseppe Bono
Giuseppe Bono

TRIESTE. «Grazie Peppino, grazie grande capo»: Giuseppe Bono posa con la targa che gli hanno donato i suoi manager che chiama subito assieme a lui sul palco di Link, il festival triestino del giornalismo, per un selfie che chiude il sipario su vent’anni di storia di Fincantieri, il colosso della cantieristica pubblica italiana.

Giuseppe Bono alla consegna del premio di Fincantieri
Giuseppe Bono alla consegna del premio di Fincantieri

C’è tutto lo stato maggiore con i direttori generali Luigi Matarazzo e Dario Deste. L’occasione è la consegna a Bono del premio Fieri «per le sue scelte coraggiose e la sua lungimiranza».

Sta finendo un’epoca. Il manager si prepara a cedere il timone di Fincantieri a Pierroberto Folgiero nell’assemblea in programma il 16 maggio prossimo. Bono non considerava certo esaurita la sua missione: «A gennaio sarebbero stati 60 anni di lavoro. Stavo già pensando a come progettare il futuro dell’azienda. Niente però mi coglie impreparato. Non me l’aspettavo ma dobbiamo essere pronti a tutto nella vita. In questo Paese non si riconosce valore alle persone».

C’è amarezza nelle sue parole: «Oggi Fincantieri è un grande gruppo internazionale che, grazie anche al successo industriale di questi anni, suscita interessi che prima non aveva. Non sono un ingegnere navale ma so bene come si fanno le navi. Quando sono arrivato dominava una cultura tipica delle partecipazioni statali che ci impediva di competere. Oggi siamo un gruppo leader nel mondo con lavoro per i prossimi sei-sette anni».

Fra poco giorni sarà l’attuale ad di Maire Tecnimont a sedersi alla scrivania che fu per vent’anni del manager calabrese. Nella conversazione a Link con Maria Latella, Bono è preoccupato per una guerra che sta innescando una grave crisi internazionale: «Nulla sarà più come prima. Nessuno poteva pensare che l’Europa sarebbe stata coinvolta in una guerra così da vicino».

Giuseppe Bono all'inaugurazione dell'asilo nido Fincantesimo
Giuseppe Bono all'inaugurazione dell'asilo nido Fincantesimo

Nell’ufficio romano che ha occupato per tanti anni c’è un enorme screen wall sul quale lampeggiano in tempo reale le rotte delle navi da crociera costruite dal colosso navalmeccanico. Cosa rimpiange oggi? «La mia gente. A Trieste lavora per Fincantieri un migliaio di persone. Qui abbiamo un centro di ingegneria che non ha eguali al mondo. Il mio successo più importante, dopo tanti anni, è stato mantenere la sede del gruppo qui. In Italia, al contrario della Francia, non difendiamo abbastanza la nostra industria».

Bono cita tutto il verso di Dante (Ahi serva Italia, di dolore ostello..): «Da allora non è cambiato nulla». Il più longevo manager pubblico, che si descrive come «un umanista che legge di storia e filosofia», si è sempre considerato un servitore dello Stato.

In che modo, chiediamo, metterà ancora questa sua competenza al servizio del Paese? «Qualche idea ce l’ho». Bono, che è presidente della Confindustria regionale, conferma che continuerà a seguire un progetto cui tiene molto: la creazione di una Confindustria del Nordest: «Un processo federativo che sta sta andando avanti anche in Veneto».

Dice addio a Fincantieri dopo una carriera iniziata nella vecchia Iri e poi in Finmeccanica. Un arco di tempo in cui il colosso pubblico è diventato fra i primi gruppi al mondo, leader nella costruzione delle navi da crociera ma anche negli ultimi anni protagonista nella costruzione delle grandi opere come la ricostruzione del ponte Morandi. Dal suo arrivo a Trieste a oggi Fincantieri è passata da un fatturato di circa 2 miliardi a quasi 7 con un portafoglio ordini in tutto il mondo di 36 miliardi. Bono ieri ha ricordato che nel 2002, anno del suo insediamento, un anno dopo l’attacco alle Twin Towers i mercati mondiale erano in ginocchio. I cantieri italiani in forte difficoltà: «Ho ristrutturato i cantieri con la cassa integrazione e senza licenziare nessuno. Oggi ci sono generazioni di lavoratori che sono stati fieri di lavorare in questo gruppo». Ne è seguito un processo di rilancio e di risanamento: «Abbiamo adattato la nostra capacità produttiva alla costruzione di navi sempre più giganti».

Fincantieri, in un video il "grazie" a Giuseppe Bono per 20 anni Ad del Gruppo

Il gruppo risanato, rievoca Bono, affronta la crisi finanziaria del 2008 con le spalle abbastanza robuste per costruire il suo futuro. Bono sarebbe sopravvissuto a dieci governi nella sua carriera: «Con la politica bisogna dialogare sempre nell’interesse dell’azienda». Negli ultimi mesi il Ceo si preparava ancora una volta a pilotare la ripresa dopo la crisi pandemica del 2020 e gli anni d’oro della ripresa mondiale culminati con lo sbarco in Borsa nel 2014. E sarà ancora Bono, dopo il naufragio dell’alleanza in Francia con cantieri di Saint Nazaire (ex Stx) a recuperare portando il gruppo in Cina con la costruzione della prima nave cinese su progetto di Fincantieri: «Siamo una delle poche aziende che vanno d’accordo con America e Cina. Il futuro? Fincantieri protagonista di un polo della difesa europea».

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