La birra va di moda e aumentano gli agrobirrifici veneti

Consumatori sempre più alla ricerca di un prodotto di nicchia. Aumentano la semina di varie colture, nascono sempre più marchi di territorio. L'export corre del 17% ma nell'operazione Peroni-Asahi in ballo un intero indotto

L’interesse per la birra è aumentato anche in Veneto, commenta Coldiretti nell’apprendere la notizia dell’offerta giapponese per il marchio italiano Peroni.

I consumatori  non solo non si accontentano più di bere la classica rossa o bionda, cercano la curiosità, il prodotto di nicchia. La risposta arriva soprattutto dagli agricoltori più giovani che hanno inaugurato in questi anni dei veri agribirrifici dove realizzare proposte incredibili utilizzando luppolo, orzo coltivati localmente dove la vicinanza al mare o alla montagna fa la differenza. Questa tendenza  ha incrementando la semina di varie colture, ideali per le miscele di sapori.

Sono nati dei veri marchi ispirati alla territorialità o alla fantasia imprenditoriale. Dal micro birrificio agricolo “Santjago” di Vittorio Veneto (TV) gestito da fratelli Dei Tos, Mattia e Raffaele di 27 e 21 anni, che raccolgono i cereali dei 55 ettari vicino a Caorle per fare la weizzner di casa,  allo storico Birrificio Antoniano in provincia di Padova che ha scelto di lanciare “La Veneta” prima produzione certificata a kmzero: dalla finestra dello stabilimento è possibile vedere i campi di materia prima. Insomma il nordest racconta molte esperienze simili a queste da Belluno a Venezia passando per tutte le province dove le nuove generazioni incoraggiate dalla legislatura hanno intrapreso questa attività.


L’operazione internazionale in corso – sostiene Coldiretti - è motivata dall’aumento delle esportazioni di birra italiana nel mondo che crescono del 17% nel 2015 e sono praticamente triplicate nell’arco di un decennio lo testimoniano i 400 miliardi di yen (poco piu' di 3 miliardi di euro) in mano al produttore giapponese di birra Asahi per rilevare il marchio italiano Peroni dal gruppo SABMiller.


Non si tratta in realtà dell’ennesimo passaggio di marchi italiani storici in mani straniere poichè la Birra Peroni era già stata ceduta nel 2003 ed entrata a far parte del Gruppo sudafricano SABMiller al quale è stata ora fatta l’offerta del gruppo giapponese Asahi, la cui strategia di mercato si concentra sull'Asia e l'Oceania e intende espandersi su mercati dalla lunga tradizione che le consentirebbero anche una maggiore penetrazione della sua etichetta Super Dry. Il Gruppo Birra Peroni è oggi uno dei player principali nel settore dell’industria birraria ed è parte del Gruppo SABMiller plc che in Italia SABMiller è presente con tre stabilimenti produttivi (Roma, Padova e Bari).


"Nell’operazione internazionale c’è in gioco - sottolinea la Coldiretti - un indotto rilevante. A garantire la produzione italiana di birra ci sono infatti le coltivazioni nazionali con una produzione di circa 860.000 tonnellate di orzo su una superficie complessiva investita di circa 226.000 ettari. Per quanto concerne la produzione di birra, la filiera cerealicola unitamente al Ministero delle Politiche Agricole ipotizzano un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate. In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, è pero’ necessario - conclude la Coldiretti - qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere".

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