Negozi e locali, tre miliardi in fumo. In Fvg giù il numero delle nuove aziende
TRIESTE Il prolungato e intermittente periodo di chiusura delle attività ha bloccato la risalita della fiducia registrata nei mesi estivi sulle prospettive di ripresa dell'economia. Quasi il 60% dei commercianti dichiara un calo di incassi dai saldi, e nel 2020 si sono persi consumi per un valore di 3 miliardi di euro. Ma fra gli imprenditori di commercio, turismo e servizi sta aumentando l’ottimismo di qui al 30 giugno, anche per il sostegno della Regione considerato determinante. Sono questi alcuni dei dati che emergono dall'indagine congiunturale trimestrale di Confcommercio Fvg-Format Research sul terziario regionale, presentata ieri.
Fra le cifre più indicative, il -12,2% nei consumi nel 2020 rispetto al 2019, pari appunto a 3 miliardi di euro, dato che colloca il Fvg in quinta posizione fra le regioni in cui il calo di consumi è stato più significativo. In questo inizio 2021 poi, come si diceva, quasi il 60% dei commercianti dichiara di aver registrato incassi inferiori rispetto alla scorsa tornata di saldi, anche per l’assenza dello “shopping tourism”. In Fvg esistono circa 78mila imprese, sottolinea lo studio, di cui oltre 51mila operative nel terziario.
Nel 2020 il settore ha registrato in Fvg un -16% di nuove imprese nate (con 344 realtà attive in meno rispetto al 2019) e un -37% di assunzioni rispetto all’anno precedente. Il dato provinciale vede Gorizia con la cifra negativa più importante (-29% di nuove aziende nate) seguita da Pordenone (-16%), Udine (-14%) e Trieste (-13%). Su questo -16% pesano i ristori messi in campo dai governi nazionale e regionale, i quali - come ha spiegato Pierluigi Ascani di Format Research - hanno permesso e permettono a molte aziende di non chiudere. Si tratta delle cosiddette imprese “zombie”, individuate dalla ricerca in circa 2mila realtà, che dopo aprile aprile 2020 avrebbero rischiato di scomparire senza sostegni economici. È sceso anche il numero di cessazioni: un fenomeno di “congelamento”, comune a tutta l’Italia, sintomatico dello stato di incertezza in cui versano gli operatori.
Così i ristori erogati per le categorie in difficoltà hanno contribuito a tenere in vita anche le imprese che probabilmente avrebbero chiuso lo stesso anche in assenza della crisi. Quanto all’occupazione nel settore, la sospensione del blocco dei licenziamenti, inizialmente fissata per la fine di marzo e ora nuovamente congelata, rischia di portare a una riduzione del 15% degli organici delle imprese, con picchi - secondo l’Osservatorio - del 25% nella ristorazione e del 31% nel turismo, e con il dato meno negativo (-3%) nel commercio food. Nel 2021 Confcommercio teme una possibile contrazione del tessuto imprenditoriale: una volta che le imprese avranno compiuto le formalità amministrative per la chiusura, infatti, potrebbe configurarsi uno scenario più preoccupante, specialmente se letto congiuntamente al crollo della voglia di “fare impresa” in Fvg.
Le limitazioni alle attività disposte nell’ultima parte del 2020, in particolare quelle nel periodo pre-natalizio, hanno contribuito a questo trend, soprattutto per specifici settori: ricezione turistica (-65%), ristorazione (-55%) e commercio al dettaglio non alimentare (-40%) sono i comparti per i quali si stimano le perdite più forti in termini di ricavi nel 2020 su base tendenziale, rispetto sempre al 2019. L’indicatore dei ricavi - annota lo studio - si mantiene però sopra la media nazionale.
Gli imprenditori mostrano capacità di resilienza: «Il livello di fiducia delle imprese del terziario e il livello dei principali indicatori economici, per quanto lontani dai numeri precrisi, sono superiori in termini di performance ai risultati rilevati nel resto d’Italia», hanno annotato il presidente regionale di Confcommercio Giovanni Da Pozzo e i presidenti di Trieste Antonio Paoletti, di Gorizia Gianluca Madriz e di Pordenone Alberto Marchiori. —
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