Prosecco, scatta la sfida alla sostenibilità
Dopo l’attacco del vescovo di Vittorio Veneto Pizziolo, il presidente del Consorzio Doc Stefano Zanette fissa i paletti: «Patente di sostenibilità per i produttori o scatterà l’esclusione dalla denominazione». Elvira Bortolomiol, alla guida del Consozio Valdobbiadene: «Il tema della tutela ambientale riguarda tutti, e mancando questo obiettivo miniamo le basi stesse del nostro sistema economico locale»
TREVISO. A lanciare l’attacco è stato il vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo: «Sento urgente richiamare l’attenzione sul tema della preservazione della biodiversità in un’area in cui la monocoltura (che rischia di diventare “monocultura”, dove non c’è spazio per chi la pensi diversamente) rappresenta un limite di cui tenere conto, tanto per le possibili ricadute economiche, quanto per quelle ambientali. Desidero perciò ribadire l’impegno di questa Chiesa ad adoperarsi a sostegno della salute delle persone, della custodia del creato, del primato dell’etica sull’economia».
A prendere posizione è il Consorzio Prosecco Doc, «in piena sintonia con il vescovo di Vittorio Veneto».
Lo anticipa il presidente Stefano Zanette. Il vescovo Pizziolo ha colto nel segno; lo ammettono i Consorzi di tutela. Riconoscono che quel che va oltre va oltre, ma ricordano che loro stessi si sono imposti regole che cercano di contrastare la “monocoltura”.
«Dopo tutta una serie di misure volte a privilegiare la qualità rispetto alla quantità – ricorda Zanette – stiamo andando di corsa verso la certificazione ambientale e sociale della Denominazione».
Solo etichette? Nient’affatto, a sentire Zanette: «Se non è già nel 2022, senz’altro nel 2023 arriveremo al punto di autorizzare la produzione di Prosecco certificato soltanto a chi praticherà la sostenibilità, rispettando una serie di vincoli severi sull’uso della chimica, sul rispetto più complessivo dell’ambiente e anche sull’osservanza dei contratti, quindi bandendo il lavoro nero e in particolare il caporalato».
Già oggi, in ogni caso, la Denominazione più grande d’Italia, con 500 milioni di bottiglie, ha stoppato (ormai da tempo) l’espansione dei vigneti e ha ridotto i trattamenti, contribuendo alla compilazione dei regolamenti di polizia rurale.
«Soprattutto dopo la pandemia ci siamo detti, ripetutamente, che non vogliamo andar oltre quota mezzo miliardo di bottiglie – sottolinea Zanette - Semmai aumentare il valore delle nostre produzioni, perché il mercato, fra l’altro, proprio questo esige».
Un richiamo particolarmente apprezzato della lettera pastorale è quello al dialogo tra produttori e comitati. «Siamo disponibili a sederci intorno a un tavolo e ascoltare. Ma» – precisa Zanette – «dall’altra parte ci devono essere gli interlocutori. Che invece sono rimasti assenti presso il “tavolo del dialogo” organizzato dalla Diocesi di Vittorio Veneto».
Elvira Bortolomiol, presidente del Consorzio Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg, raccoglie e rilancia le raccomandazione del vescovo Pizziolo: «Il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco fino ad ora si è impegnato sul fronte della sostenibilità sensibilizzando i viticoltori verso forme sempre più sostenibili di gestione del vigneto (protocollo viticolo, divieto utilizzo Glifosate sono obiettivi raggiunti). Oggi occorre fare un passo ulteriore e coinvolgere, insieme alle istituzioni, l'intera comunità perché il tema della tutela ambientale riguarda tutti, e mancando questo obiettivo – conclude Bortolomiol – miniamo le basi stesse del nostro sistema economico locale».
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