Tav in stand by: adesso si rischia lo stop a Brescia

I cantieri procedono in Lombardia (a fine 2016 la fine dei lavori fino a Brescia) ma restano ancora troppi progetti in Veneto. E c'è il rebus fondi in bilico: i tre miliardi dello Sblocca Italia.

«Ci stiamo fermando a Brescia» dice con preoccupazione Franco Miller, presidente di Transpadana: «La tratta Treviglio-Brescia è in fase di completamento, Rfi prevede di attivarla a fine 2016 con i Frecciarossa che impiegheranno 31 minuti per arrivare a Milano. Ora bisogna collegare Venezia con l’Ovest d’Italia».
Prima i soldi, poi lo stop
A settembre 2014, dopo una serie di incontri, convegni, lettere e visite di Rfi qualcosa si muove sul fronte alta velocità a Nord. Lo Sblocca Italia stanzia 3 miliardi: 1,5 miliardi per la Brescia-Verona e altrettanti sulla Verona-Padova che, sommati ai finanziamenti esistenti, possono far partire i primi cantieri. Ma tutto si ferma per lo scandalo corruzione “Grandi opere”. Maurizio Lupi lascia. Arriva Graziano Delrio. «Serviva un ok del Cipe, i general contractor erano stati individuati», spiega Miller, «ma il ministero non preparò nemmeno l’istruttoria per la Brescia-Verona, che doveva essere cantierata a giugno 2015».
Poi arriva l’inghippo bresciano. «Il progetto originario prevedeva una linea bassa tangente l’aeroporto di Montichiari per poi risalire sulla linea storica. Ma il Comune vuole lo stop in città. E da qui un nuovo impasse. Cambiare il progetto costa soldi», spiega Miller, «e due anni di ritardi. I tre miliardi dello Sblocca Italia sono sotto la forma “capitali condivisi” che, se non utilizzati, possono essere dirottati verso altre infrastrutture, facendoci precipitare indietro di cinque anni».
La situazione potrebbe essere però meno grave di quel che sembra: «Da Treviglio a Brescia siamo di fronte a un pezzo di alta velocità vera, con 320 chilometri orari in avvio a mesi», spiega Federico Gitto, esperto e presidente di Ferrovie a Nordest, «e a Brescia è già predisposto un bivio: o si entra in città o si circumnaviga. Sono compatibili entrambi i lavori; il bypass può essere costruito anche in un secondo tempo e converrà per quei treni che potranno non fermare a Brescia dando l’opportunità di tratte Verona-Milano in 45 minuti». In realtà il nodo Tav non è Brescia. «Possiamo definire alta velocità una linea a 250 chilometri orari», precisa Gitto, «sotto non è da considerarsi tale. L’Europa si sta tarando sui 300 l’ora e anche le nuove linee italiane supportano questa tecnologia. Ma servono grandi distanze, almeno 25 chilometri per andare da zero a 300 e questo ci dice perché a Nordest l’alta velocità non può funzionare». «Abbiamo ereditato il vecchio progetto del 1992 per una Tav a 300 chilometri orari», precisa Franco Migliorini, docente ed esperto di Trasporti, «quel progetto restò nonostante lo scossone di Tangentopoli ma è tipico della grandeur dell’epoca. La Padova-Mestre che fu considerata urgente fu costruita a 18 milioni al chilometro, un costo basso. Il resto rimase fermo per colpa di Vicenza, per decenni un nodo irrisolto. Fermare a Vicenza avrebbe rallentato l’alta velocità. Da qui l’idea di scendere ai 200 all’ora e di puntare sull’alta capacità».
Una partita da 21 miliardi
Ma a che punto siamo? La Milano-Treviglio, 557 milioni di costo, è in funzione. Fino a Brescia sarà completata a fine anno (costo 2 miliardi). Da Brescia a Verona c’è un progetto definitivo con le eccezioni del passaggio a Desenzano e poi sarà da evitare il transito nel centro di San Bonifacio scendendo più a Sud, costo: 3,9 miliardi di cui 2,2 disponibili. Anche verso Padova c’è il definitivo (salvo i dettagli in via di definizione su Vicenza): costa 5,4 miliardi. La Padova-Mestre è in funzione. Da Venezia a Trieste siamo ancora al progetto preliminare: il costo stimato è di 7,4 miliardi.
«Siamo di fronte a un patchwork di progetti», chiosa Gitto, «più o meno veloci, più o meno definitivi. La Tav nasce per tirare una linea vera lungo l’A4. All’inizio si saltava anche Verona, ma la gente ha bisogno dei treni in città. Per questo anziché costruire binari nuovi si punta a ottimizzare la tecnologia o a passare sui quattro binari delle stazioni attuali». Da Verona in poi, insomma non avremo una vera Tav. La velocità sarà tra i 160 e massimo 220, e i treni si fermeranno a Vicenza. E sarà comunque un gran passo avanti.
Il nodo Vicenza
Le categorie economiche beriche si sono battute a lungo per la fermata vicentina. Oggi, nonostante il flop dello studio di fattibilità promosso nel 2012 dalla Camera di commercio di Vicenza, sponsorizzato da categorie e Comune ma bocciato dalla città e da Rfi, un risultato è stato ottenuto: «La Tav non bypasserà la città», conferma Rodolfo Mariotto consigliere della Camera di commercio con delega alle Infrastrutture e presidente della Sezione Trasporto di Confindustria Vicenza. Ma non avrà la sua stazione principale in Zona Fiera come voleva il progetto. Ora sul tavolo del Comune ci sono due alternative, conferma Mariotto: «Lo stop solo nella stazione esistente, o la possibilità di una seconda eventuale fermata in zona Fiera ma per alcune manifestazioni». La fermata nella stazione esistente è destinata a prevalere. Lo stop in Fiera costerebbe un miliardo in più e si rischiano problemi idraulici. «L’ultimo progetto Rfi prevede un buon collegamento con l’autostrada e un nuovo parcheggio in stazione. L’alta velocità sulla linea Milano-Venezia sarà una linea metropolitana, con alcuni treni veloci e Vicenza farà risparmiare solo quattro minuti al convoglio», chiude Mariotto.
Verso Venezia
Sarà Padova il vero grande bivio dell’alta velocità: la città ora lavora molto più verso Roma che verso Milano. «A Padova sarà, prima o poi, da rifare il lato Ovest», conferma Migliorini, «perché da qui parte la ferrovia per la Capitale: andrà fatto un bypass e un grosso investimento, specie per il transito merci». A restare insoluta è la fermata all’aeroporto Marco Polo. Save e il suo presidente Enrico Marchi da tempo insistono per la Tav fino all’hub di Tessera. Ora è allo studio una soluzione per allacciare l’Sfmr, «un’idea ancora in bozza senza finanziamenti», precisa Gitto. «Meglio sarebbe», continua, «ripensare l’uscita da Mestre direzione Campalto-Tessera verso Trieste con stop all’aeroporto. Venezia Santa Lucia non può sostenere la Tav e il Ponte della Libertà non sopporterebbe nuovo traffico. L’investimento Mestre-Marco Polo-Trieste ha più senso».
Dove va il traffico
Da Mestre a Trieste (eccetto il nodo Save) è solo una questione di velocità. Se ne è convinta anche la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. L’obiettivo è diminuire le due ore e 10 attuali. «Velocizzare non costa molto, è questione di tecnologia, passaggi a livello, segnaletica», spiega Migliorini, «ma bisogna sacrificare delle fermate. In ogni caso non c'è una domanda di treni sufficienti da Trieste, le carrozze non si riempiranno». «Rfi ha deciso di aggiornare la tecnologia con qualche rettifica di curva fino a Cervignano», conferma Gitto, «qui c’è il bivio verso il Tarvisio e il vero traffico va a Nord». Guardando al corridoio Baltico-Adriatico la Udine-Tarvisio è già in funzione, resta la Cervignano-Udine da costruire: 271 milioni. «L’obiettivo è Venezia-Vienna in 4 ore», dice Gitto. In orizzontale bisogna invece raggiungere Monfalcone e il costo segna oltre 7 miliardi. Per arrivare a Trieste saranno poi da arginare le gallerie. Insomma: una vera Tav da Verona in poi resta una chimera. Ma avremo comunque treni più veloci e risparmi di minuti. I tempi sono nel limbo delle decisioni da prendere. «Era meglio potenziare subito la linea esistente», chiude Gitto, «abbiamo speso anni e soldi in progetti irrealizzabili». Come la Tav balneare di Renato Chisso, che costò al Veneto 14 milioni. Qualcuno potrebbe risponderne in Corte dei Conti.
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