Vinitaly, conto alla rovescia per la manifestazione d’élite del vino italiano. E del Nordest
Il 10 aprile inaugura l’edizione numero 54 andata sold-out per numero di espositori. Atteso un migliaio di buyer da tutto il mondo
VERONA. Tre anni fa, mercoledì 10 Aprile 2019, la 53^ Vinitaly chiudeva con numeri da record: oltre 33mila buyer, 4672 aziende, 337 espositori esteri provenienti da 41 nazioni. Un successo, e già si pensava alla 54^. Si sarebbero però dovuti attendere tre anni. La pandemia si è abbattuta sulle persone e le attività umane, specie quelle fieristiche, dove la stretta di mano è la prassi più diffusa. Mani che stringono bicchieri, toccano e si toccano.
Ed eccoci qui, ad esatti tre anni da allora. Domenica 10 Aprile scatterà il 54^ Vinitaly, Salone internazionale dei vini e distillati, un orgoglio nazionale e regionale.
Giovanni Mantovani Direttore di VeronaFiere dal 2001, lo sottolinea: «Vinitaly è la storia del vino italiano, non a caso ha sede nel Veneto, prima regione vitivinicola con 2,5 miliardi di export, il 35% del nazionale; e a Verona, prima provincia, che con Vinitaly è diventata una delle grandi capitali mondiali del vino. Posizione che vogliamo rafforzare portando i buyer alla scoperta, partendo da qui, dei territori del vino italiano».
Saranno un migliaio i superbuyer globali – USA, Canada, Sud-America, Cina/Asia, Africa -, presenti al 54^ edizione, professionalità selezionate assieme alle aziende e riferite esclusivamente a questo progetto internazionale di promozione. Ma la guerra non aiuta. «Il 2021 è stato un anno record per il vino tricolore, dice Mantovani, cresciuto in valore del +12,4%, superando così i 7 miliardi di export, dei quali 1,7 in USA, 650 milioni nel Regno Unito. In Cina del +30%. Ora però c’è incertezza sui mercati, vedremo».
La guerra quindi grava anche sul vino, era inevitabile. Una lettura interessante viene da Eugenio Sartori, Direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo (PN), il più grande complesso vivaistico al mondo. Da qui che partono le barbatelle e le marze per i nuovi vigneti. Un terzo viene esportato in 35 paesi. «In Russia e Ucraina, dove la viticoltura è presente nella fascia che lambisce il Mar Nero, ora in guerra…, portavamo circa tre milioni e mezzo di barbatelle, per oltre 4 milioni di euro».
Rauscedo fattura un’ottantina di milioni l’anno e produce altrettante piantine. «Siamo una cooperativa precisa Sartori, 210 soci tutti di Rauscedo, che in media coltivano dalle 300000 ai 2 milioni di barbatelle cadauno. Al Vinitaly presentiamo le nostre microvinificazioni frutto delle selezioni clonali; un lavoro fatto per dare al mercato nuove opportunità».
Una clientela volubile, magmatica, che cambia tendenza, quella del vino. Per questo Rauscedo sperimenta. Novità? Tre nuovi genotipi. Si tratta di vitigni resistenti, una necessità della viticoltura moderna legata alla sostenibilità, cosa sempre più richiesta anche dal consumatore. Uno di Traminer, sviluppato con l’Università di Udine; e due di Glera, il vitigno del Prosecco, con le ricadute positive che si possono immaginare. Le piante sono resistenti a oidio e peronospora, funghi difficili da combattere. «Ma c’è dell’altro, dei nuovi portainnesti per il Nero d’Avola, il Primitivo, lo Chardonnay ed altri; tutte le nostre viti, dalla filossera in poi - ricorda Sartori, crescono su portainnesto che influenza anche la qualità del vino. Le microvinificazioni, ovvero le potenzialità di queste novità, saranno degustabili al Vinitaly».
Innovazione. Ma nel vino è importante anche avere radici salde. A Verona per restare in Friuli VG, ci sarà anche l’azienda “Raccaro” di Cormons (GO), 7 ettari di vigneto nel Collio. Dario, il capostipite, lo dice convinto: «Per noi Vinitaly è il momento di incontro con i nostri amici e clienti. Non coltiviamo tanti vitigni, produciamo 33.000 bottiglie di Friulano, Malvasia istriana, un blend di Pinot grigio-Ribolla-Sauvignon e un Merlot. Imbottiglieremo il vino 2021 la settimana prossima, così i miei figli lo porteranno a Verona. Del resto il 70% lo vendiamo in Italia, al Nord fino a Roma, il rimanente va in America».
Il vino a NordEst va forte in America. Certamente il Prosecco, sia DOC che DOCG. Ma registra vendite in crescita anche la DOC delle Venezie che produce il 56% del totale Italia, prima al mondo col 50%.
Alle volte i numeri parlano da soli… «Infatti, dice Albino Armani, veronese, Presidente del Consorzio Pinot Grigio delle Venezie Doc, i nostri ettari sono 27000 - più del Prosecco…, coltivati da oltre 10.000 aziende socie, distribuite su due regioni più la provincia di Trento. Un territorio enorme. Siamo giovani, nati come Consorzio nel 2017. Ma oggi imbottigliamo 1.840.889 hl, pari a 245 milioni di bottiglie, e siamo passati dagli 0,85 a 1,15 €/lt. La mia la soddisfazione più grande? Far convivere 21 Doc, non era facile. Ora vogliamo strizzare l’occhio al consumatore giovane. Useremo i social, usando bene la recente modifica al disciplinare della DOC che ci permette di produrre il “ramato”. Il mondo del vino rosa è internazionalmente in espansione».
Il Vinitaly è sì Salone dei vini, ma anche dei distillati. «Abbiamo reagito, tenuto testa alla pandemia». Lo confessa Elvio Bonollo, che da Conselve (PD) porta in Italia ed Europa la sua grappa “OF”. «Attenzione, il 2020 anche è stato problematico, soprattutto sul canale HoReCa. Ci ha salvato la diversificazione della produzione in alcool e gel per le esigenze sanitarie. Fondamentale per noi e il centinaio di dipendenti e altrettanti agenti in tutt’Italia, e così abbiamo fatturato 55 milioni di €. Con questo ‘spirito’ torniamo a Verona, anche perché c’è sempre gioia nel nostro stand, nel senso dell’amicizia. La grappa, ricordo, è il nostro distillato nazionale, dobbiamo esserne orgogliosi, solo noi italiani possiamo chiamarla Grappa».
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