L’imboscata di Trump a Zelensky che complica la pace
I toni sprezzanti e duri dei colloqui di Washington interrompono le comunicazioni diplomatiche fra l’Ucraina e gli Stati Uniti: le speranze di un cessate il fuoco slittano drammaticamente in avanti

È stata un’imboscata. Volodymyr Zelensky è finito nella trappola di Donald Trump e del suo vice, un JD Vance in modalità pitbull, uscendone umiliato come mai s’era visto fare col presidente di uno Stato sovrano aggredito e costretto alla guerra. I toni sprezzanti e duri dei colloqui di Washington interrompono le comunicazioni diplomatiche fra l’Ucraina e gli Stati Uniti; le speranze di un cessate il fuoco slittano drammaticamente in avanti. A queste condizioni, non ci può essere «una rapida pace giusta» per chi ha subìto l’offensiva dei russi. Dopo le parole del presidente Usa, portatore sconsiderato di una dialettica spregiudicata con cui ha accusato Kiev di non voler porre fine al conflitto, Vladimir Putin riterrà di avere ogni titolo per chiudere da vincitore la contesa che lui stesso ha iniziato tre anni fa. E questo potrebbe convincerlo, nelle prossime confuse ore, a scatenare un altro inferno di fuoco e acciaio sul territorio dove sventola ancora fiera la bandiera gialla e blu.
Trump attacca il più debole
Trump gioca con le sue regole da immobiliarista, attacca il più debole, del resto è convinto che Dio lo abbia salvato anche per questo. Non si cura dei morti di Kiev, né della distruzione ininterrotta a cui abbiamo assistito dal 24 febbraio 2022. Il suo interesse è arrivare alla fine delle ostilità e vantarsene in pubblico, indipendentemente da come questo potrà accadere. Il suo fine giustifica i suoi mezzi, macro obiettivo consolidato dalla smania di mettere le mani sul tesoro ucraino, quelle terre rare a cui l’America anela per poter aumentare il suo sviluppo tecnologico.
La coreografia inscenata ieri dimostra che non c’era volontà se non quella di mettere Zelensky con le spalle al muro. L’ucraino avrebbe dovuto immaginarlo, poteva aspettare la parte privata del dibattito, ma non ha resistito agli attacchi dei due bulli della Casa Bianca. Ha risposto a muso duro in mondovisione al suo biondissimo interlocutore che gli diceva «hai parlato abbastanza, non stai vincendo, torna quando vorrai la Pace». Poi gli ha mostrato la porta. E la parte pubblica del brutto spettacolo è finita.
Putin ne approfitterà
Adesso, se Zelensky non torna a Canossa (difficile), è assai probabile un intensificarsi degli scontri sul terreno, visto che Putin cercherà di sfruttare la debolezza strategica ucraina, offertagli su un piatto d’argento da Trump, per colpire «il porco insolente di Kiev» (Vlad dixit). Il presidente ucraino – al quale in serata sono giunti i messaggi di solidarietà di quasi tutti i leader del Vecchio Continente – da Macron a Sanchez, passando per i nordici – domani sarà a Londra per un vertice organizzato dai britannici con una selezione di leader Ue.
Le prospettive per l’Europa
Gli europei non hanno a questo punto scelta se non quella di sfidare Trump (e una parte delle opinioni pubbliche), restando al fianco di Zelensky, aumentando le forniture agli aggrediti e valutando l’invio di truppe peacekeeping in caso di tregua, possibilità sulla quale un’intesa appare comunque difficile. Allo stesso tempo, è necessario tentare di riannodare il filo con il presidente americano, cercando di dimenticare lo scherno con cui ha imputato a Zelensky di «giocare con la terza guerra mondiale», cosa che in realtà sta facendo lui - con il suo risiko brutale e una diplomazia da circo Barnum - offrendosi da sponda a Putin contro l’Ucraina, l’Europa e persino la Nato.
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