Trump vuole l’America in conflitto perenne
Quasi nulla di nuovo nei contenuti, ma a colpire è la veemenza del presidente e le mirate minacciose omissioni
Il discorso di insediamento di Donald Trump colpisce non solo e forse non tanto per i contenuti, tutti annunciati abbondantemente in comizi e comunicati precedenti, quanto per i toni. E per qualche pesante silenzio. Nella prima parte ha soprattutto parlato di se stesso, della sua intenzione di portare gli Stati Uniti a una «nuova età dell’oro», ma anche dei nemici interni che vuole colpire, sui quali intende (diciamo pure) vendicarsi, a cominciare dal Department of Justice, trattato come il centro di un establishment «estremista e corrotto». Un momento, non è la massima autorità degli Usa a parlare? Non è lui al centro dell’establishment? Questa apparente contraddizione, in realtà, è una delle astuzie principali della sua politica: mentre cerca e prende il potere, un potere senza limiti, continua a presentarsi sempre come un underdog al pari di molti dei suoi elettori, vittima delle manovre dell’élite. Vittima che si voleva colpire nella sua libertà (le condanne penali) e nella sua vita (l’attentato subìto il 13 luglio 2024), lui che invece è stato «salvato da Dio per fare di nuovo grande l’America».
Gli executive orders
E qui, dopo un omaggio molto formale a Martin Luther King, è passato a enunciare le sue intenzioni, a cominciare dagli executive orders che saranno firmati immediatamente. Una lunga lista già annunciata e ormai globalmente nota, dalla dichiarazione di uno stato di emergenza al confine con il Messico alle deportazioni di massa degli immigranti illegali, al cercare di ottenere il massimo di ricchezza dai Paesi stranieri tramite dazi e tasse, alla cancellazione degli accordi sul clima e al piano di estrarre combustibili fossili senza limiti. Oltre alla soppressione di una serie di norme: da quelle per la tutela delle minoranze nei luoghi di lavoro alle politiche di genere.
Progetto reazionario
Qui è emerso fino in fondo il carattere reazionario, nel senso più preciso del termine, del progetto Trump. Riportare l’America al «senso comune» che si dava per scontato decenni fa, sapendo che questo ritorno indietro sul terreno dei diritti, come su quello delle politiche ecologiche, gode del consenso di ampie parti della società, disorientate da cambiamenti che tanti faticano a comprendere. È su questa scia che poi Trump è passato a parlare di politica estera, mescolando le rivendicazioni simboliche (il golfo del Messico che diventa “golfo d’America”) alle posizioni aggressive per esempio sul canale di Panama, all’esaltazione della propria capacità di agire come «pacificatore», per ritornare poi a una celebrazione della sua vittoria.
La conquista di Marte
Come si vede niente di inatteso, a parte la promessa della conquista di Marte, un assist all’amico Elon Musk. Il tono però è stato sempre veemente, in ogni parte del discorso sono stati evocati soprattutto i presunti nemici da battere, interni ed esterni, e i cambiamenti radicali da introdurre contro pretesi anni di declino, che poi sarebbero quelli della presidenza Biden. Una veemenza che sarebbe sbagliato pensare come puramente retorica: Donald Trump intende condurre una politica di permanente mobilitazione del Paese, e soprattutto della parte che considera a lui fedele. Più che qualsiasi specifico programma, è l’idea di mantenere gli Stati Uniti in continuo conflitto, all’interno e all’esterno, il vero centro delle sue parole.
I silenzi su donne, povertà e tecnologie
Ma in un lungo discorso sono da notare anche i silenzi. Trump non ha mai parlato di donne. Ha elogiato i neri e ispanici che lo hanno votato, ma evidentemente voleva “dimenticare” la metà della società che gli ha dato un minore consenso. Non ha mai parlato di povertà, neanche per un cenno ad «aiutare gli ultimi», come invece spesso si fa in tanta retorica politica: correggere la crescente diseguaglianza non rientra nei suoi progetti, che anzi vanno nella direzione opposta. Cosa interessante, non ha mai parlato di tecnologia, neppure per celebrare i primati americani in questo campo. Un silenzio che potrebbe apparire paradossale in una sala dove i più in vista erano i miliardari della Silicon Valley, ma forse intendeva evitare che si notasse troppo quanto proprio quei miliardari puntano sulla sua presidenza per fare ancora più soldi.
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