Micallef: «Donne e giovani, ecco le scommesse che l’Europa non può perdere»
L’intervista in esclusiva al commissario Ue con deleghe all’Equità intergenerazionale e allo Sport: «Gli investimenti sulle priorità delle persone sono essenziali come quelli per la difesa»


«Se vogliamo finanziare gli investimenti tanto essenziali quanto necessari nella Difesa e nella sicurezza europea, non possiamo fare a meno di lavorare in parallelo sulle priorità che contano per le persone». Glenn Micallef, maltese, 35 anni, laburista, da cento giorni commissario dell’Unione europea per Equità intergenerazionale, Giovani, Cultura e Sport, illumina l’altra faccia della realtà che l’Europa si trova a vivere. Ci sono gli investimenti militari, certo: lo impongono i tempi. Eppure non bisogna trascurare le esigenze dei ragazzi che non trovano casa, delle donne sottopagate, della popolazione che invecchia in un ambiente in cui «per la prima volta convivono cinque o sei generazioni». È persuaso che sia un problema di denaro, ma non solo: «È una questione di consapevolezza – spiega in questa intervista concessa in esclusiva ai quotidiani e ai siti del Gruppo Nord Est Multimedia – di quanto saremo in grado di come vive la gente tutti i giorni».
Micallef risponde alle domande in una sala attesa dell’immenso Palasport torinese dove sabato sono decollate le Special Olympics. È raggiante. «Sono sincero – assicura – tutto è andato benissimo, oltre le mie aspettative. L’apertura è stata magnifica, a partire dai discorsi degli atleti con disabilità che sono un esempio per tutti noi».
È la prova generale per i giochi di Milano-Cortina del 2026.
«Se è un segno di ciò che sta per accadere, è buono. Seguo i preparativi in corso per le Olimpiadi invernali. I nostri team stanno discutendo sul come collaborare e io mi sono impegnato a venire a Cortina, prima oppure durante i giochi. Sono una piattaforma importante, anche perché lo sport è uno strumento sociale potente. Ci aiuta a dire chi siamo e chi vogliamo essere nell’Unione europea. Questo, a mio avviso, non va sottovalutato».
Qual è il messaggio di fondo?
«Vi racconto la storia di Giorgia, una giovane di 26 anni della provincia di Venezia. Ha lavorato con gli Erasmus transfrontalieri. Sta scrivendo un progetto che coinvolge tre Paesi. Conosce sette lingue. Gareggia ai Giochi Paralimpici del Parlamento perché è su una sedia a rotelle. Quando le ho chiesto “c’è qualcosa che l’Ue può fare per te?”, ha risposto che “tutto ciò di cui ho bisogno è che le persone riconoscano che ho realtà diverse e bisogni diversi, che se voglio allenarmi in palestra, servono di spogliatoi speciali”. Ci invita a essere coscienti di cosa è la sua vita«.
Lei è responsabile della Strategia sull’equità intergenerazionale. Suona bene, ma cos’è?
«La popolazione invecchia, come la forza attiva. I tassi di fertilità sono più bassi. Sarà importante mostrarci consapevoli che oltre l’economia ci sono le persone. È la strategia che ci impegnerà per cinque anni. La sfida è trasversale e tocca ogni area politica, ognuna ha una dimensione intergenerazionale e porta una prospettiva diversa».
Quali sono gli esempi?
«Uno sono le case: tra il 2015 e il 2023 i prezzi delle abitazioni nella Ue sono aumentati in media del 48 per cento. Ci sono numerose soluzioni, ma sarebbe necessario avere iniziative pilota sul tipo di alloggi che si possono costruire. Poi c’è l'agricoltura. Il rapporto intergenerazionale deve essere equo. Come? Continuando a basarci sui programmi già presenti nelle nostre politiche agricole, aiutando i giovani attraverso il sostegno al reddito e altre misure che contribuiscano a renderle il settore più attraente dal punto di vista economico».
Servono tanti soldi.
«Non si tratta solo di denaro. Occorre valutare di quali flessibilità abbiamo bisogno nei modelli pensionistici per consentire di capitalizzare i dividendi della longevità. Ora abbiamo più lavoratori anziani che possono contribuire in modo diverso all’economia, e non si può fare a meno di loro, anche perché la nostra forza lavoro si sta riducendo a un ritmo allarmante. Di qui al 2040, perderemo circa due milioni di occupati all’anno a causa dell’invecchiamento della società».
Trenta milioni di posti sono un dramma.
«Possiamo fare affidamento sull'automazione, come sulla digitalizzazione per compensare parte di questo. Se però capitalizzassimo sulle ricche risorse umane che abbiamo nell’Unione attraverso la riqualificazione, investendo nel loro contributo alla società, sarebbe meglio.
Nel 2023 le nascite sono state al minimo dal 1961.
«Non c’è un’unica soluzione. Servono misure sociali e anche fiscali. Politiche che aiutino a investire nella famiglia. Ci sono soluzioni positive degli Stati membri a cui ispirarsi, come gli incentivi fiscali per la maternità».
Sul suo tavolo c’è la Bussola della Cultura. A che serve?
«Lavoriamo su strumenti strategici comuni. Sarà centrale coordinare tutti gli strumenti finanziari esistenti, da Next Generation Eu a Creative Europe. Dobbiamo collegare gli sforzi».
Ci sono più donne occupate, ma guadagnano meno. Come la mettiamo?
«Ce ne stiamo già occupando. Finanziamo già attraverso programmi come il Fondo sociale europeo iniziative che contro i divari retributivi di genere. Dobbiamo tenerne conto con il nuovo bilancio Ue, la contribuzione deve essere adeguata. È cruciale, se vogliamo giustamente finanziare gli investimenti in Difesa, che non lo si faccia senza pensare anche a queste priorità. È una questione di equità e consapevolezza».
Ursula von der Leyen ha lanciato il Dialogo sulle politiche per i giovani. Lei ne è titolare.
«Tutti i commissari, nei primi cento giorni, si sono impegnati a viaggiare sul territorio e sentire la voce dei cittadini. Lo hanno fatto. Io sono stato ad Atene in gennaio, ho assistito a un incontro di basket su sedia a rotelle. Credo sia assolutamente importante non solo parlare, ma farlo con i giovani e coinvolgerli. Si tratta di una necessità democratica. I giovani sono il nostro futuro e il nostro presente».
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