I papà devono andare al lavoro (anche se hanno il congedo parentale)

Il report dell’Inps e Save the Children in occasione del 19 marzo: richieste triplicate ma pesano le politiche aziendali che ne sfavoriscono l’utilizzo. E questo tabù penalizza anche le donne

Daniela Larocca

La retorica dei papà al lavoro e le mamme a casa è un vecchio stornarello che torna e ritorna anche nel 2025. Sì perché anche se la legge sul congedo parentale è stata modifica, ampliata (ma non troppo), per permettere agli uomini di avere il tempo di stare a casa e occuparsi dei figli, liberando un po’ il carico di lavoro alle donne, secondo i dati Inps e Save the Children questo non basta. Anzi: circa il 35% dei padri che ha diritto non ne usufruisce affatto.

A evidenziarlo è il rapporto diffuso dai due istituti in occasione della festa del papà, che fotografa una realtà in evoluzione, ma ancora distante da una piena parità di genere nella cura dei figli, un tabù che penalizza anche il rientro al lavoro delle donne.

Chi sono i padri che non prendono il congedo?

L'analisi evidenzia forti disuguaglianze nell'accesso al congedo di paternità. I dati mostrano che i padri che ne usufruiscono più spesso hanno un contratto a tempo indeterminato, un reddito medio-alto e lavorano in aziende di grandi dimensioni. Tra i dipendenti con un contratto stabile, il tasso di utilizzo è del 70%, ma scende drasticamente al 40% tra i lavoratori con contratti a tempo determinato e addirittura al 20% tra gli stagionali.

Anche il reddito incide: l'83% dei padri con entrate annue tra i 28.000 e i 50.000 euro utilizza il congedo, mentre tra coloro che guadagnano meno di 28.000 euro la percentuale scende al 66%.

La dimensione aziendale è un altro fattore discriminante. Mentre l'80% dei padri impiegati in aziende con oltre 100 dipendenti usufruisce del congedo, solo il 40% di chi lavora in imprese con meno di 15 dipendenti fa altrettanto.

Un'Italia divisa tra Nord e Sud

Anche la geografia gioca un ruolo chiave. Al Nord, il 76% dei padri aventi diritto prende il congedo, mentre al Sud e nelle Isole la percentuale crolla al 44%. A livello regionale, si va dal 79% del Veneto al 35,1% della Calabria, fanalino di coda. Un divario che riflette differenze culturali, economiche e di accesso ai diritti lavorativi. Molto bene anche il Friuli Venezia Giulia che si piazza secondo in Italia (78%).
 

Le cause del mancato utilizzo

Ma cosa frena ancora molti padri dall'usare il congedo di paternità? Le ragioni sono diverse. La cultura del lavoro in Italia spesso penalizza chi si assenta per motivi familiari, specialmente nelle piccole aziende, dove la copertura delle assenze è più difficile. La precarietà lavorativa gioca un altro ruolo decisivo: chi ha un contratto instabile teme ripercussioni sulla propria carriera.

 

Un ulteriore ostacolo è rappresentato dagli stereotipi di genere ancora radicati, che vedono la cura dei figli come un compito prevalentemente materno. Nonostante i passi avanti, la società italiana fatica a riconoscere il ruolo attivo dei padri nella crescita dei figli.

La necessità di misure più incisive

Per incentivare l'uso del congedo di paternità, servono politiche mirate. Come sottolinea Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children, «investire nel rafforzamento di questa misura per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti, contribuirebbe al bilanciamento delle responsabilità genitoriali e a una visione più paritaria tra uomini e donne».

Un congedo più lungo e un maggiore supporto economico per chi ha redditi bassi potrebbero incentivare più padri a usufruirne. Inoltre, servono campagne di sensibilizzazione per abbattere gli stereotipi e promuovere una cultura della genitorialità condivisa.

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Come funziona il congedo parentale

Introdotto in Italia nel 2012, il congedo di paternità a oggi prevede 10 giorni (fino a qualche anno fa erano 7) obbligatori di astensione dal lavoro per il padre che abbia un incarico da dipendente, sia nel pubblico che nel privato. Possono beneficiare di questi 10 giorni tra i 2 mesi precedenti e i 5 successivi alla nascita del figlio e ne ha diritto anche in caso di adozione o affidamento. Non cambia lo stipendio: infatti, per legge, in questo periodo il lavoratore dipendente riceve il 100% della sua retribuzione.

Lavoratori autonomi

Le cose però si fanno più complesse per chi i lavoratori autonomi, iscritti alla gestione separata e liberi professionisti che non possono usufruire dello stesso diritto. Si può ottenere il congedo di paternità solo se alcune precise condizioni impediscono alla madre del bambino di usufruire del periodo di maternità (ad esempio nel caso in cui la mamma sia gravemente inferma o abbia abbandonato il bambino).

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